lunedì 28 novembre 2011

L'autentica follia e le barricate

ROMA - «Mi auguro che in Parlamento si possa affrontare anche la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri. Negarla è un' autentica follia, un' assurdità. I bambini hanno questa aspirazione». Il capo dello Stato Giorgio Napolitano lancia il sasso nello stagno durante un incontro al Quirinale con la Federazione delle Chiese Evangeliche. Lo stagno è il Parlamento, nel quale i progetti di legge di diverse parti politiche si sono impantanati finora.
La proposta trova il plauso di tutto il centrosinistra compatto e del Terzo polo, mentre il Pdl (salvo eccezioni) si smarca, alludendo addirittura a «rischi per il governo» nel caso si affrontasse il tema. Durissima la Lega, che si prepara alle «barricate». Contro «la follia» dello «ius sanguinis» - il diritto di sangue, in base al quale solo il figlio nato da padre o madre italiana è italiano - giacciono in Parlamento diverse proposte di legge: da quella del duo Andrea Sarubbi (Pd)-Fabio Granata (Fli) a quella di Ignazio Marino (Pd). Ma non mancano proposte analoghe (con qualche limite in più) da parte del Pdl, come quella di Souad Sbai. Tutte proposte rimaste ferme e che ora il capo dello Stato invita a riprendere: «Credo si possano creare le condizioni per una maggiore obiettività e costruttività del confronto fra gli schieramenti politici, naturalmente conservando ciascuno la propria identità».
La pensa così anche il Partito democratico. Già Pier Luigi Bersani, nel discorso conclusivo sulla fiducia al governo Monti, aveva richiamato il problema degli immigrati di seconda generazione con toni accorati parlando di «vergogna». E ora i capigruppo Dario Franceschini e Anna Finocchiaro chiedono che si «legiferi con urgenza», «entro la fine dell' anno». Anche Pier Ferdinando Casini aderisce all' invito: «Condivido pienamente l' appello di Napolitano». Gianfranco Fini ricorda quando sollevò il tema: «Mi bollarono come "compagno". Ma è ora di dire basta con la demagogia». Fini dice sì allo ius soli , «ma temperato»: «È giusto dire che è cittadino italiano chi nasce in Italia, parla la lingua e ha concluso un ciclo di studi». Tesi non dissimile da quella proposta da Mara Carfagna che riprende il progetto di legge di Souad Sbai: «Un bambino o una bambina che nasce in Italia deve vedersi riconosciuto il diritto di diventare cittadino italiano. Piuttosto che introdurre lo "ius soli" si preveda la concessione della cittadinanza al termine di un ciclo scolastico». Ma sono aperture che non trovano d' accordo i maggiorenti del Pdl. Come Ignazio La Russa: «Se c' è qualcuno che fa finta di sostenere appassionatamente Monti ma in realtà vuole già creare le condizioni perché cada subito, ha trovato la strada giusta: proporre che questo governo affronti il tema della legge sulla cittadinanza. Così si va dritti alle urne». D' accordo Maurizio Gasparri: «Non si possono affrontare le leggi sulla cittadinanza a spallate e con semplificazioni che rischiano di complicare la vicenda». Per Fabrizio Cicchitto, «la priorità riguarda i temi economici, il tema ostacolerebbe la vita del governo». Voce fuori dal coro, come spesso capita, quella di Beppe Pisanu: «Sono assolutamente d' accordo con il capo dello Stato. È un tema che avremmo dovuto risolvere da tempo: ora serve una legge e serve in fretta». Contro il capo dello Stato, invece, si schiera apertamente la Lega. Roberto Calderoli spiega che la Lega «è pronta a fare le barricate in Parlamento e nelle piazze. Non vorrei che questo fosse il cavallo di Troia per arrivare a dare il voto agli immigrati». Per Roberto Castelli, le parole del Presidente della Repubblica sono «al limite della costituzionalità». Più moderato Roberto Maroni: «Nessuna critica al capo dello Stato, anche se non concordo con queste proposte sulla cittadinanza».

Corriere della Sera, 23 novembre 2011

Governo e massoneria


"Fratello Mario, fatti valere". Opportuno come una gara di rutti in chiesa, arriva l’endorsement della massoneria a Mario Monti. Arriva mediante lettera aperta a firma del Venerabile Maestro  Gioele Magaldi, leader del Grande oriente democratico - corrente eterodossa del Grande oriente d’Italia - e personaggio già noto alle cronache per analoghe operazioni (celebre la lettera dell’anno scorso al «fratello Silvio»).

Nella missiva, la parola «fratello» ricorre diciassette volte: undici riferita a Monti, che stacca Obama con tre e Draghi con due (Berlusconi resta fermo al palo con un solo «fratello»). Il senso dell’appello del Magaldi è il seguente: fratello Monti, per uscire dalla crisi il rigore e le tasse non bastano, ci vogliono eurobond e riforma del debito sovrano. Altrimenti tutta l’Europa sarà «aggredita dalla speculazione che intende approfittare (con profitti quotidiani di portata colossale) dell’attuale (e pianificata, tu sai anche bene da quali gruppi e oligarchie) e strutturale debolezza dell’eurozona». Di positivo c’è che si può contare «sul robusto e ufficiale viatico di un altro illustre Fratello Massone come il presidente Obama» e sul fatto che «persino il Fratello Mario Draghi sia ormai intenzionato ad abbracciare nuove strategie». In conclusione, «caro Fratello Monti, durante il tour europeo fatti valere e rigenera il potenziale prestigio dell’Italia». Firmato (non prima del «consueto Triplice Fraterno Abbraccio»), «i fratelli di Grande oriente democratico».

Si accennava alla scarsa opportunità del tutto, e il perché è presto detto. Intorno a Monti, boatos e maldicenze a base di squadra & compasso fioriscono come funghi d’autunno. Oddio, non che il curriculum dell’uomo faccia granché per fugarli. Trilaterale, club Bilderberg (ossia il direttorio ristretto dei paperoni planetari: per i complottisti, la culla del Nuovo ordine mondiale), Bruegel, Goldman Sachs: ce n’è da saziare un esercito di complottisti. Al punto che persino il posato e progressista quotidiano francese Le Monde, non esattamente un foglio scandalistico, qualche giorno fa ha pubblicato un servizio di irrituale durezza circa il ruolo di Goldman Sachs nei recenti sviluppi della politica europea. Da noi l’argomento è anche stato oggetto di talk show televisivi. Per capire di quanta diffusione goda la suggestione, basta dire che in Rete va fortissimo il video col finto servizio di Voyager che svela gli altarini di Monti: «È un caso che lo spread dei btp italiani contro i bund tedeschi richiami i monti Osterbek, che in questa immagine scattata nel ’72 offrono riparo all’hotel Bilderberg?».

Questo il quadro, si può intuire che l’ultima cosa di cui Monti ha bisogno è di essere ulteriormente associato a logge, poteri forti e via incappucciando. E c’è da scommettere che la sortita del Magaldi otterrà l’effetto opposto. E, in un momento in cui lo stato di salute della democrazia rappresentativa italiana è quello che è, si corre il rischio di regalare argomenti anche a chi a pane e cospirazioni non campa. Ma per quale motivo la massoneria avrebbe interesse ad inguaiare un confratello? La faccenda non torna, deve esserci qualcosa sotto.

di Marco Gorra
 
Libero, 24 novembre 

sabato 19 novembre 2011

VENI CREATOR SPIRITUS

Nulla sarà come prima

«E` un ottimo inizio e, da oggi, nulla sarà come prima». E` un Pier Ferdinando Casini raggiante, sereno e amichevole con tutti (al punto da lanciarsi in un bacio affettuoso con Rosy Bindi) quello che partecipa all`inaugurazione della mostra "La Dc per l`Italia unita", mostra nata nell`ambito dei festeggiamenti per i 150 anni dell`Unità d`Italia e che si è aperta ieri a Roma al Tempio di Adriano con un timing perfetto quanto casuale: coincide con il giorno dell`insediamento del governo Monti. Governo dentro il quale i cattolici doc e benedetti dalla Chiesa sono tanti e ben assortiti (Riccardi, Ornaghi, Severino, Balduzzi, solo per dire dei maggiori) mentre il Terzo Polo non ha bisogno di ,rivendicare o ascrivere a sé alcun ministro per il semplice fatto che è l`area politica che più crede e ha lavorato, in questi giorni, affinché il tentativo Monti riuscisse. Da Francesco Rutelli (Api), soddisfatto dalla mattina, dagli schermi di Sky, pur se accusa «l`atteggiamento preoccupante del Pd e l`appoggio obliquo di Di Pietro», al presidente della Camera Gianfranco Fini, che nel pomeriggio riceverà proprio Monti cui esprime «vivo apprezzamento per scelte di grande competenza e valore» per la scelta della squadra dei ministri e per come «ha superato questa prima impegnativa prova».
Casini, più tardi, dopo i festeggiamenti per la storia della Dc, terrà il coordinamento nazionale Udc negli uffici della Camera, ma si tratta poco più di una formalità: «Sosterremo il governo con lealtà e impegno - recita il comunicato finale - senza riserve, in maniera convinta e responsabile». Per quanto riguarda la mostra, invece, che è il vero evento clou della giornata atteso da parecchio da ogni ex-dc che si rispetti, è stata organizzata dall`Istituto Luigi Sturzo e da un comitato presieduto dall`ultimo segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti (oggi Pd), all`indirizzo del quale sempre Casini fa partire il caloroso applauso di una sala più che gremita poco prima che scorrano in video le immagini del filmato sulla storia della Dc curato da Giovanni Minoli e delle prolusioni, affidate agli ultimi segretari della Dc, Forlani e De Mita, e a Giuseppe De Rita.
E così, nelle stesse ore in cui il governo Monti nasce e giura, il ruolo dei cattolici in politica torna di prepotente attualità.
Fa una certa impressione, in effetti, vedere seduti uno accanto all`altro o mischiati tra di loro senza soluzione di continuità volti che hanno fatto la storia. De Mita e Forlani, all`epoca acerrimi avversari e che anche ieri non si sono risparmiati battute, Guido Bodrato a Gerardo Bianco, Emilio Colombo a Nicola Mancino.
Mancava solo Andreotti.
Ma c`erano, e tutti, anche gli ex-Dc che, nel forzoso bipolarismo all`italiana della prima Repubblica, si sono divisi. E se è vero che oggi Cesa, Cirino Pomicino, Buttiglione, Carra, Lusetti stanno nell`Udc, Beppe Pisanu sta nel Pdl, mentre Franco Marini e Beppe Fioroni, per non dire di Follini. Bindi e Franceschini che stanno nel Pd, «da domani - sottolinea proprio Casini - nulla sarà comee prima. Abbiano un governo di larga convergenza ed è finita anche la diaspora della Dc».

Benedicat tibi Dominus

venerdì 18 novembre 2011

Le nuove Linee Guida della Legge 40

ROMA - Sembra lo sport preferito dai governi in dismissione quello di tirare fuori dal cassetto le linee guida di accompagnamento alla legge sulla procreazione medicalmente assistita, la numero 40 del 2004. Lo ha fatto nel 2008 Livia Turco, ministro della Sanità con Prodi. Ed ecco l' iniziativa di Eugenia Roccella, sottosegretario alla Salute con Berlusconi. In ambedue i casi, fiumi di polemiche. Quattro anni fa si gridò allo scandalo perché l' esponente democratica aveva riaperto alla diagnosi preimpianto sull' embrione. Oggi le critiche si rinnovano in senso opposto di fronte al nuovo documento che richiamerebbe il divieto di effettuare ogni forma di selezione sul frutto del concepimento e circoscriverebbe l' accesso alle tecniche di fecondazione artificiale a coppie sterili, escludendo quelle con malattie genetiche per le quali i test sugli embrioni costituiscono l' unica speranza di concepire figli sani. La Roccella viene contestata per aver sdoganato le linee guida inviandole ieri al Consiglio superiore di sanità. Iniziativa interpretata come un colpo di mano dall' opposizione. Non terrebbero conto delle varie sentenze di tribunali amministrativi che in questi anni hanno dato ragione alle coppie riconoscendo il diritto alla diagnosi preimpianto. Parliamo dell' indagine sul Dna che permette di ricercare eventuali anomalie genetiche degli embrioni prima di impiantarli nell' utero e dunque di scartare quelli malati. In realtà la legge 40 non ha mai vietato esplicitamente questa pratica (si limita a stabilire il divieto di selezione eugenetica) però la rendeva inapplicabile in quanto vietava il congelamento degli embrioni. Nel 2009 una sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto di congelare. Dunque da allora l' indagine viene effettuata dai centri grazie alla possibilità di tenere gli embrioni scartati. Le linee guida per loro natura non possono modificare una legge. Le prime sono quelle del 2004 (ministro Girolamo Sirchia) dove era specificato che non si poteva effettuare altra diagnosi se non «osservazionale» (cioè l' embrione viene osservato e basta), di fatto un limite esplicito ai test del Dna. Nel 2008, in scadenza di legislatura, la Turco corregge e «riapre» ai test preimpianto. Ed ecco la versione Roccella che rinverdisce il divieto richiamando il testo della legge, inclusi gli articoli sull' accesso alle tecniche consentito a coppie «con sterilità e infertilità inspiegate e documentate». Il documento recepisce tra l' altro una direttiva europea sulla tracciabilità di cellule e gameti. «Nessun colpo di mano - respinge le accuse il sottosegretario -. Le linee guida sono state approvate due settimane fa dalle Regioni, risultato di un lungo lavoro con associazioni e società. In quanto alla diagnosi preimpianto nella legge 40 è vietata e i tribunali Tar non contano». Filomena Gallo, segretario dell' Associazione Luca Coscioni, attacca: «Sono infranti i diritti delle coppie, ammesse alle tecniche solo se sterili e non i genitori fertili ma con patologie genetiche. Una discriminazione. Inoltre non viene recepita la consolidata giurisprudenza a favore della diagnosi sull' embrione». Per la Turco le linee guida sono «un arretramento culturale, usate in modo improprio». Mina Welby, copresidente dell' Associazione Coscioni invita i cittadini a una mobilitazione di massa per bloccare le nuove linee guida.


fonte: Corriere della Sera, 16 novembre 2011

Le ultime risalivano all’aprile 2008, quando ancora era ministro della Salute, Livia Turco. Dopo di che, nonostante diverse sentenze, tra cui quella della Corte Costituzionale che aveva fatto saltare vari divieti imposti dalla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (pma) e un generico annuncio di revisione previsto per questo autunno, non si era più parlato delle linee guida sulla fecondazione assistita. Fino a un paio di giorni fa, quando si è scoperto che il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, le ha revisionate confermando alcuni divieti, come quello sulla diagnosi genetica preimpianto sugli embrioni, che erano stati cancellati dai tribunali. Un atto che arriva in sordina proprio negli ultimi giorni del governo Berlusconi, giudicato da medici e associazioni “un colpo di mano”.

A denunciare il tutto è stata Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’associazione Luca Coscioni, ma il sottosegretario Roccella si difende definendo la polemica “strumentale, poichè la legge 40 già vieta la diagnosi preimpianto”. Da quando la normativa è stata approvata nel 2004, si è sempre detto che la diagnosi preimpianto (che identifica la presenza di malattie genetiche o alterazioni cromosomiche in embrioni generati in provetta da coppie a rischio prima dell’impianto in utero), fatta fino a quel momento in Italia, era vietata. Ma in questi anni tribunali e Corte Costituzionale hanno scalfito, sentenza dopo sentenza, alcuni dei divieti più contestati, come quello di crioconservare gli embrioni, di produrne al massimo tre, di impiantarli contemporaneamete, e quello della diagnosi appunto.

Il primo a farlo è stato il tribunale di Cagliari nel 2007, ordinando all’istituto ospedaliero interessato di eseguirla, mentre l’ultimo è stato nel 2010 il tribunale di Salerno, autorizzando per la prima volta la diagnosi preimpianto ad una coppia fertile portatrice di Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1, in deroga alla legge 40 che consente le pratiche di pma solo nei casi di infertilità. Inoltre per ovviare a questo divieto vari ricercatori italiani in questi anni hanno sviluppato la diagnosi pre-concepimento, fatta cioè sull’ovocita (e non sull’embrione) per evitare problemi etici, anche se la fanno solo i centri privati.

Di fatto in questi anni le strutture di procreazione assistita si sono regolate ognuna a modo loro. “Nei centri privati e attrezzati – denuncia Gallo – la diagnosi preimpianto viene effettuata correntemente, mentre quelli pubblici non la fanno adducendo la mancanza di attrezzature adeguate”. Secondo l’avvocato le nuove linee guida che Roccella invierà questi giorni al Consiglio Superiore di Sanità (Css) “sono illegittime sia scientificamente che giuridicamente, poichè vieterebbero le indagini cliniche sull’embrione restringendo l’applicazione di tecniche ormai consolidate”. Critici anche i medici: “Nella legge 40 non c’è un impedimento netto alla possibilità di effettuare la diagnosi pre-impianto sugli embrioni”, rileva il ginecologo dell’Università di Palermo e membro del Css, Ettore Cittadini: “nel mio centro effettuiamo la diagnosi preimpianto – afferma – per le coppie con talassemia”. Dello stesso avviso Carlo Flamigni, pioniere della fecondazione assistita, secondo cui la legge ”non pone un divieto esplicito a tale diagnosi”.

In realtà come precisa Filomena Gallo, ”la diagnosi preimpianto è consentita dagli articoli 13 comma 2 e 14 comma 5 della legge 40, che prevedono che la coppia possa chiedere di conoscere lo stato di salute dell’embrione e che il medico, se richiesto dalla stessa, deve effettuare indagini cliniche diagnostiche sull’embrione stesso. Roccella insiste nel ribadire un divieto che non esiste nella legge. Inoltre ci sono oltre 10 sentenze di diversi tribunali che confermano questa interpretazione”. Ma su questo punto il sottosegretario dissente e ribatte: ”Non c’è stato alcun colpo di mano. La diagnosi preimpianto sugli embrioni è già vietata dalla legge e le linee guida non possono scavalcare la legge stessa”. Adesso la palla spetta al Consiglio superiore di sanità, organo consultivo del ministero della Salute, che dovrà esprimere il proprio parere, e alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo chiamata a decidere sul ricorso di varie associazioni a sostegno di una coppia italiana portatrice di fibrosi cistica, cui è precluso l’accesso alla fecondazione assistita, richiesta per effettuare diagnosi clinica sull’embrione.

fonte: il fatto quotidiano, 15 novembre 2011

mercoledì 16 novembre 2011

La compagine del Governo Monti

I 12 ministeri con portafoglio sono:

Economia, Mario Monti (interim)
Esteri, Giulio Terzi di Sant'Agata
Interno, Anna Maria Cancellieri
Giustizia, Paola Severino
Difesa, Giampaolo Di Paola
Sviluppo-Infrastrutture, Corrado Passera
Agricoltura, Mario Catania
Ambiente, Corrado Clini
Lavoro-Pari Opportunita', Elsa Fornero
Salute, Renato Balduzzi
Istruzione, Francesco Profumo
Beni Culturali, Lorenzo Ornaghi

I cinque ministeri senza portafoglio sono invece:

Affari Europei, Enzo Moavero Milanesi
Turismo-Sport, Piero Gnudi
Coesione Territoriale, Fabrizio Barca
Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda
Cooperazione Interna e Internazionale, Andrea Riccardi

Sottosegretario alla presidenza del consiglio Antonio Catricala'

martedì 15 novembre 2011

Il calice

"Per essere veramente umano, tu devi bere il tuo calice fino alla feccia. Se una volta sei fortunato, e un'altra volta codardo, il calice ti viene presentato una terza".

 (G. Greene, Il nocciolo della questione)

sabato 5 novembre 2011

La proroga

Lettera di Giulio Andreotti a Dagospia
"In questi giorni mi giungono voci insistenti su un mio ricovero per aggravamento di salute. Capisco che molti attendono un mio passaggio a "miglior vita", ma io non ho...fretta e ringrazio tutti coloro ai quali sta a cuore la mia salute e in particolare il Signore per l'ulteriore ...proroga"...

mercoledì 2 novembre 2011

Il segreto

Per la paura della morte non vi sono rimedi facili, non basta per esempio imporre a se stessi di non pensarvi. Io non conosco metodo migliore che quello di concentrarsi nel presente. Si può così attualizzare anche il modo con cui Cristo ha sconfitto la morte, offrendosi tutto a Dio Padre. Pur morendo di una morte ingiusta e crudele, disse: «Nelle tue mani, Padre, affido il mio Spirito». Questo è il segreto! Se non ci affidiamo a Dio come bambini, lasciando a Lui di provvedere al nostro avvenire, non arriveremo mai a fare quel gesto di totale abbandono di sé, che costituisce la sostanza della fede“.

Card. Carlo Maria Martini

martedì 1 novembre 2011

La speranza

"La Fede è quella che tiene duro nei secoli dei secoli. La Carità è quella che dà se stessa nei secoli. Ma è la piccola Speranza che si leva tutte le mattine" La Fede è una cattedrale radicata nel suolo di un paese. La Carità è un ospedale che raccoglie tutte le miserie del mondo. Ma senza Speranza, tutto questo non sarebbe che un cimitero. Parliamo di speranza e lo facciamo attraverso alcuni versi di un famoso poemetto dedicato a questa virtù teologale da Charles Péguy e intitolato Il portico del mistero della seconda virtù (1911). Le immagini sono vivaci e un po' paradossali. 

 

Ci sono, però, due aspetti di questa virtù - che il poeta francese raffigura spesso come «una bimba piccina», la sorella minore delle altre due - che meritano di essere sottolineati. Anzitutto la sua quotidianità. Fede e carità hanno i colori del trascendente, dell'eterno e dell'infinito. 


 

L'apostolo Paolo dichiara, ad esempio, che la carità è la più alta e la più grande delle virtù. La speranza, invece, è colei che ti dà la carica per camminare ogni giorno, «semplicemente e a testa bassa», come ancora diceva Péguy, rimanendo fedeli anche nel tempo della prova o quando il lavoro è pesante e senza apparente ricompensa. 


 

Ad Aristotele si attribuiva questa frase suggestiva: «La speranza è un sogno fatto da svegli». C'è, poi, una seconda nota che la riguarda: senza speranza ogni nostra azione od opera sarebbe forse grandiosa ma ferma e morta come un monumento solenne. 


 


La speranza impedisce al mondo di essere un cimitero perché continuamente ti spinge ad andare oltre, ad attendere, ad avere fiducia, a credere in un' alba diversa, in una meta, in un significato. 


 


Ravasi, Avvenire 4 novembre 2005

Codice appalti - art. 42 / Codice Amministrazione Digitale


Art. 42 D.Lgs. 163

1. Negli appalti di servizi e forniture la dimostrazione delle capacità tecniche dei concorrenti può essere fornita in uno o più dei seguenti modi, a seconda della natura, della quantità o dell'importanza e dell'uso delle forniture o dei servizi:
a) presentazione dell'elenco dei principali servizi o delle principali forniture prestati negli ultimi tre anni con l'indicazione degli importi, delle date e dei destinatari, pubblici o privati, dei servizi o forniture stessi; se trattasi di servizi e forniture prestati a favore di amministrazioni o enti pubblici, esse sono provate da certificati rilasciati e vistati dalle amministrazioni o dagli enti medesimi; se trattasi di servizi e forniture prestati a privati, l'effettuazione effettiva della prestazione è dichiarata da questi o, in mancanza, dallo stesso concorrente;
b) indicazione dei tecnici e degli organi tecnici, facenti direttamente capo, o meno, al concorrente e, in particolare, di quelli incaricati dei controlli di qualità;
c) descrizione delle attrezzature tecniche tale da consentire una loro precisa individuazione e rintracciabilità, delle misure adottate dal fornitore o dal prestatore del servizio per garantire la qualità, nonché degli strumenti di studio o di ricerca di cui dispone;
d) controllo, effettuato dalla stazione appaltante o, nel caso di concorrente non stabilito in Italia, per incarico della stazione appaltante, da un organismo ufficiale competente del Paese in cui è stabilito il concorrente, purché tale organismo acconsenta, allorché i prodotti da fornire o il servizio da prestare siano complessi o debbano rispondere, eccezionalmente, a uno scopo determinato; il controllo verte sulla capacità di produzione e, se necessario, di studio e di ricerca del concorrente e sulle misure utilizzate da quest'ultimo per il controllo della qualità;
e) indicazione dei titoli di studio e professionali dei prestatori di servizi o dei dirigenti dell'impresa concorrente e, in particolare, dei soggetti concretamente responsabili della prestazione di servizi;
f) indicazione, per gli appalti di servizi e unicamente nei casi appropriati, stabiliti dal regolamento, delle misure di gestione ambientale che l'operatore potrà applicare durante la realizzazione dell'appalto;
g) per gli appalti di servizi, indicazione del numero medio annuo di dipendenti del concorrente e il numero di dirigenti impiegati negli ultimi tre anni;
h) per gli appalti di servizi, dichiarazione indicante l'attrezzatura, il materiale e l'equipaggiamento tecnico di cui il prestatore di servizi disporrà per eseguire l'appalto;
i) indicazione della quota di appalto che il concorrente intenda, eventualmente, subappaltare;
l) nel caso di forniture, produzione di campioni, descrizioni o fotografie dei beni da fornire, la cui autenticità sia certificata a richiesta della stazione appaltante;
m) nel caso di forniture, produzione di certificato rilasciato dagli istituti o servizi ufficiali incaricati del controllo qualità, di riconosciuta competenza, i quali attestino la conformità dei beni con riferimento a determinati requisiti o norme.
2. La stazione appaltante precisa nel bando di gara o nella lettera d'invito, quali dei suindicati documenti e requisiti devono essere presentati o dimostrati.
3. Le informazioni richieste non possono eccedere l'oggetto dell'appalto; l'amministrazione deve, comunque, tener conto dell'esigenza di protezione dei segreti tecnici e commerciali.


 
3-bis. Le stazioni appaltanti provvedono a inserire nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all'articolo 62-bis del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, secondo il modello predisposto e pubblicato dall'Autorità sul sito informatico presso l'Osservatorio, previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la certificazione attestante le prestazioni di cui al comma 1, lettera a), del presente articolo rese dai fornitori e dai prestatori di servizi, entro trenta giorni dall'avvenuto rilascio; in caso di inadempimento si applica quanto previsto dall'articolo 6, comma 11.
(comma introdotto dall'art. 4, comma 2, lettera c-bis), legge n. 106 del 2011)

4. I requisiti previsti nel comma 1 del presente articolo possono essere provati in sede di gara mediante dichiarazione sottoscritta in conformità alle disposizione del d.P.R. del 28 dicembre 2000 n. 445; al concorrente aggiudicatario è richiesta la documentazione probatoria, a conferma di quanto dichiarato in sede di gara.
4-bis. Al fine di assicurare la massima estensione dei principi comunitari e delle regole di concorrenza negli appalti di servizi o di servizi pubblici locali, la stazione appaltante considera, in ogni caso, rispettati i requisiti tecnici prescritti anche ove la disponibilità dei mezzi tecnici necessari ed idonei all'espletamento del servizio sia assicurata mediante contratti di locazione finanziaria con soggetti terzi.
(comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, lettera m), d.lgs. n. 113 del 2007)

Art. 6. Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
(art. 81.2, dir. 2004/18; art. 72.2, dir. 2004/17; art. 4, legge n. 109/1994; art. 25, co. 1, lettera c), legge n. 62/2005)
1. L'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, con sede in Roma, istituita dall'articolo 4 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, assume la denominazione di Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
2. L'Autorità è organo collegiale costituito da sette membri nominati con determinazione adottata d'intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. I membri dell'Autorità, al fine di garantire la pluralità delle esperienze e delle conoscenze, sono scelti tra personalità che operano in settori tecnici, economici e giuridici con riconosciuta professionalità. L'Autorità sceglie il presidente tra i propri componenti e stabilisce le norme sul proprio funzionamento.
(comma così modificato dall'art. 2, comma 1, lettera c), d.lgs. n. 113 del 2007)
3. I membri dell'Autorità durano in carica sette anni fino all’approvazione della legge di riordino delle autorità indipendenti e non possono essere confermati. Essi non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività professionale o di consulenza, non possono essere amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura o rivestire cariche pubbliche elettive o cariche nei partiti politici. I dipendenti pubblici, secondo gli ordinamenti di appartenenza, sono collocati fuori ruolo o in aspettativa per l'intera durata del mandato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico spettante ai membri dell'Autorità.
(comma così modificato dall'art. 2, comma 1, lettera c), d.lgs. n. 152 del 2008)
4. L'Autorità è connotata da indipendenza funzionale, di giudizio e di valutazione e da autonomia organizzativa.
5. L'Autorità vigila sui contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali, nonché, nei limiti stabiliti dal presente codice, sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture esclusi dall'ambito di applicazione del presente codice, al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'articolo 2 e, segnatamente, il rispetto dei principi di correttezza e trasparenza delle procedure di scelta del contraente, e di economica ed efficiente esecuzione dei contratti, nonché il rispetto delle regole della concorrenza nelle singole procedure di gara.
6. Sono fatte salve le competenze delle altre Autorità amministrative indipendenti.
7. Oltre a svolgere i compiti espressamente previsti da altre norme, l'Autorità:
a) vigila sull'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare vigente, verificando, anche con indagini campionarie, la regolarità delle procedure di affidamento;
b) vigila sui contratti di lavori, servizi, forniture, esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione del presente codice, verificando, con riferimento alle concrete fattispecie contrattuali, la legittimità della sottrazione al presente codice e il rispetto dei principi relativi ai contratti esclusi; non sono soggetti a obblighi di comunicazione all'Osservatorio né a vigilanza dell'Autorità i contratti di cui agli articoli 16, 17, 18;
c) vigila affinché sia assicurata l'economicità di esecuzione dei contratti pubblici;
d) accerta che dall'esecuzione dei contratti non sia derivato pregiudizio per il pubblico erario;
e) segnala al Governo e al Parlamento, con apposita comunicazione, fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa sui contratti pubblici;
f) formula al Governo proposte in ordine alle modifiche occorrenti in relazione alla legislazione che disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi, forniture;
g) formula al Ministro delle infrastrutture proposte per la revisione del regolamento;
h) predispone e invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale nella quale si evidenziano le disfunzioni riscontrate nel settore dei contratti pubblici con particolare riferimento:

h.1) alla frequenza del ricorso a procedure non concorsuali;
h.2) alla inadeguatezza della pubblicità degli atti;
h.3) allo scostamento dai costi standardizzati di cui all'articolo 7;
h.4) alla frequenza del ricorso a sospensioni dell'esecuzione o a varianti in corso di esecuzione;
h.5) al mancato o tardivo adempimento degli obblighi nei confronti dei concessionari e degli appaltatori;
h.6) allo sviluppo anomalo del contenzioso;

i) sovrintende all'attività dell'Osservatorio di cui all'articolo 7;
l) esercita i poteri sanzionatori ad essa attribuiti;
m) vigila sul sistema di qualificazione, con le modalità stabilite dal regolamento di cui all'articolo 5; nell'esercizio di tale vigilanza l'Autorità può annullare, in caso di constatata inerzia degli organismi di attestazione, le attestazioni rilasciate in difetto dei presupposti stabiliti dalle norme vigenti, nonché sospendere, in via cautelare, dette attestazioni;
n) su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di soluzione; si applica l'articolo 1, comma 67, terzo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
o) svolge i compiti previsti dall'articolo 1, comma 67, legge 23 dicembre 2005, n. 266.

8. Quando all'Autorità è attribuita la competenza ad irrogare sanzioni pecuniarie, le stesse, nei limiti edittali, sono commisurate al valore del contratto pubblico cui le violazioni si riferiscono. Sono fatte salve le diverse sanzioni previste dalle norme vigenti. I provvedimenti dell'Autorità devono prevedere il termine di pagamento della sanzione. La riscossione della sanzione avviene mediante iscrizione a ruolo.
9. Nell'ambito della propria attività l'Autorità può:
a) richiedere alle stazioni appaltanti, agli operatori economici esecutori dei contratti, alle SOA, nonché ad ogni altra pubblica amministrazione e ad ogni ente, anche regionale, operatore economico o persona fisica che ne sia in possesso, documenti, informazioni e chiarimenti relativamente ai lavori, servizi e forniture pubblici, in corso o da iniziare, al conferimento di incarichi di progettazione, agli affidamenti;
(lettera così modificata dall'art. 2, comma 1, lettera c), d.lgs. n. 152 del 2008)
b) disporre ispezioni, anche su richiesta motivata di chiunque ne abbia interesse, avvalendosi anche della collaborazione di altri organi dello Stato;
c) disporre perizie e analisi economiche e statistiche nonché la consultazione di esperti in ordine a qualsiasi elemento rilevante ai fini dell'istruttoria;
d) avvalersi del Corpo della Guardia di Finanza, che esegue le verifiche e gli accertamenti richiesti agendo con i poteri di indagine ad esso attribuiti ai fini degli accertamenti relativi all'imposta sul valore aggiunto e alle imposte sui redditi. Tutte le notizie, le informazioni e i dati acquisiti dalla Guardia di Finanza nello svolgimento di tali attività sono comunicati all'Autorità.

10. Tutte le notizie, le informazioni o i dati riguardanti gli operatori economici oggetto di istruttoria da parte dell'Autorità sono tutelati, sino alla conclusione dell'istruttoria medesima, dal segreto di ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni. I funzionari dell'Autorità, nell'esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali. Essi sono vincolati dal segreto d'ufficio.
11. Con provvedimento dell'Autorità, i soggetti ai quali è richiesto di fornire gli elementi di cui al comma 9 sono sottoposti alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 25.822 se rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti, ovvero alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 51.545 se forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri. Le stesse sanzioni si applicano agli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell'ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, nonché agli operatori economici che forniscono dati o documenti non veritieri, circa il possesso dei requisiti di qualificazione, alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudicatori o agli organismi di attestazione.

12. Qualora i soggetti ai quali è richiesto di fornire gli elementi di cui al comma 9 appartengano alle pubbliche amministrazioni, si applicano le sanzioni disciplinari previste dai rispettivi ordinamenti. Il procedimento disciplinare è instaurato dall'amministrazione competente su segnalazione dell'Autorità e il relativo esito va comunicato all'Autorità medesima.
13. Qualora accerti l'esistenza di irregolarità, l'Autorità trasmette gli atti e i propri rilievi agli organi di controllo e, se le irregolarità hanno rilevanza penale, agli organi giurisdizionali competenti. Qualora l'Autorità accerti che dalla esecuzione dei contratti pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario, gli atti e i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti interessati e alla procura generale della Corte dei conti. 

CODICE AMMINISTRAZIONE DIGITALE

Articolo 62-bis. 
Banca dati nazionale dei contratti pubblici.
1. Per favorire la riduzione degli oneri amministrativi derivanti dagli obblighi informativi ed assicurare l'efficacia, la trasparenza e il controllo in tempo reale dell'azione amministrativa per l'allocazione della spesa pubblica in lavori, servizi e forniture, anche al fine del rispetto della legalità e del corretto agire della pubblica amministrazione e prevenire fenomeni di corruzione, si utilizza la «Banca dati nazionale dei contratti pubblici» (BDNCP) istituita, presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, della quale fanno parte i dati previsti dall'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 , e disciplinata, ai sensi del medesimo decreto legislativo, dal relativo regolamento attuativo.

Un Governo di salute pubblica

Da maggioranza e opposizione non arrivano risposte adeguate. Il governo è paralizzato da conflitti interni. L'opposizione ha una linea di politica economica confusa e non è in grado di garantire quanto richiesto dall'Europa. Le elezioni non rappresenterebbero dunque una soluzione e paralizzerebbero il paese.
La lettera all'Unione europea è manifestamente insufficiente rispetto alla gravità della situazione. Le tensioni che percorrono l'Italia non consentono di affrontare i problemi con soluzioni parziali, che diano l'impressione di riservare i sacrifici solo a una parte dei cittadini, magari proprio quelli che non votano i partiti di governo. Con questo metodo l'Italia rischierebbe di esplodere. Esiste oggi una ampia condivisione, da parte di cittadini e di esponenti politici moderati e riformisti, sulle misure prioritarie da adottare.
 
1. Prima di chiedere ulteriori sacrifici ai cittadini, la politica e le istituzioni devono mettere mano ai loro stessi costi, partendo dal numero dei parlamentari, dall'abolizione delle province e degli altri enti inutili. Non ci vuole una legge costituzionale per abolire il novanta per cento delle provincie. E poi varando una "patrimoniale sullo Stato", una vendita massiccia di cespiti pubblici che vada ben oltre quanto attualmente prospettato dal governo.

2. Lavoro. Non possiamo chiedere più flessibilità in uscita senza affrontare il problema del precariato permanente e la riforma degli ammortizzatorisociali. La proposta Ichino è del tutto condivisibile e attuabile, ma va presa nella sua interezza. Bisogna abolire i contratti a termine (mantenendo solo quelli fisiologici e stagionali), sostituendoli con un contratto unico, che consenta il licenziamento per motivi economici o organizzativi, ma che protegga il lavoratore dalle discriminazioni, gli eviti di dover rincorrere rinnovi periodici e lo supporti in caso di perdita del lavoro. I lavoratori che attualmente godono di un contratto a tempo indeterminato, protetto dall'art.18, continuerebbero a beneficiare di una protezione più ampia rispetto ai giovani lavoratori, ma in cambio dovrebbero andare in pensione più tardi, contribuendo così a finanziare i nuovi ammortizzatori sociali.

3. Dobbiamo tornare ad essere il paese del lavoro e della produzione. Non possiamo più permetterci di avere un fisco che premia rendite e patrimoni. Non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche di efficienza dell'economia. Se la crescita scompare anche il valore dei patrimoni diminuisce. Occorre reperire risorse da destinare all'abbattimento delle aliquote su lavoratori e imprese. Con l'introduzione di una imposta permanente sulle grandi fortune e l'abolizione degli incentivi alle imprese si potrebbe tagliare in maniera radicale l'Irap. Mentre, vincolando per legge i proventi della lotta all'evasione alla diminuzione dell'Irpef, ad iniziare dai redditi medi e bassi, si creerebbero le condizioni per un positivo conflitto di interessi tra chi paga e chi evade. Un ulteriore ritocco all'Iva può essere valutato, ma solo a patto che vada automaticamente a diminuire la pressione fiscale sulle persone. Tutta la manovra sul fisco deve essere sottoposta al vincolo di destinazione. La sfiducia dei contribuenti, che non sanno più dove vanno a finire i loro soldi, si combatte evitando discrezionalità nell'uso delle risorse che provengono dalle loro tasche.

4. Bisogna intervenire subito sulle pensioni, abolendo quelle di anzianità e passando ad un sistema interamente contributivo. Una parte consistente dei proventi generati andranno utilizzati per investire in un welfare dedicato ai giovani e alle donne.

5. Per esperienza diretta so quanto rapidamente la liberalizzazione di un settore può dare impulso a investimenti e occupazione e quanto però siano forti le resistenze della politica per mantenerne il controllo. La lista dei settori da liberalizzare è lunghissima. E' fondamentale che insieme ai provvedimenti di apertura alla concorrenza si rafforzino i poteri dell'Antitrust per dare agli investitori la garanzia del rispetto delle regole.

Questi cinque provvedimenti, se attuati simultaneamente e accompagnati da un grande piano di rilancio dell'immagine internazionale dell'Italia, rappresenterebbero un valido argine alla speculazione, ridarebbero una prospettiva di crescita al paese e opererebbero nella direzione di una maggiore equità sociale.

Sappiamo però che nessuno dei due schieramenti porterà avanti questa agenda. Al contrario di quanto avviene nelle democrazie avanzate, dove l'obiettivo è la conquista dell'elettorato moderato, in Italia la preoccupazione dei partiti è quella di compattare la parte più populista dell'elettorato, appellandosi ad un "serrate i ranghi" permanente. Oggi, per fortuna, molte persone non si riconoscono più in questa logica. Dentro la destra e la sinistra stanno emergendo forze che spingono per un rinnovamento vero del proprio schieramento. Compito di tutta la classe dirigente è quello di mettere da parte ogni ambizione personale per dare un contributo affinché queste forze vengano valorizzate e trovino un terreno di incontro.

Questo è quello che dobbiamo fare oggi in vista di un prossimo futuro. Ma l'urgenza della situazione richiede soluzioni immediate. Non abbiamo tempo di attendere la naturale evoluzione del quadro politico. Il Presidente del Consiglio deve rendersi conto che l'unica strada per salvare il paese passa oggi attraverso un governo di salute pubblica. In passato, in situazioni non più gravi di questa e con un'opposizione ideologicamente più radicale, i leader del partito di maggioranza relativa trovarono il coraggio per aprire una stagione di ampia collaborazione, nella consapevolezza che ci sono momenti in cui ridare coesione al paese viene prima di ogni altra considerazione. Se Berlusconi continuerà ad anteporre le proprie ambizioni al bene dell'Italia, e se la sua maggioranza lo asseconderà in questa pericolosa scelta, si concluderà nel peggiore dei modi un percorso politico che ha ombre e luci, ma che non merita di affondare nello spirito del "dopo di me il diluvio".

Luca Cordero di Montezemolo  ( Repubblica 31 ottobre 2011)

Codice appalti - art. 122 comma 7

7. I lavori di importo complessivo inferiore a un milione di euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, e secondo la procedura prevista dall'articolo 57, comma 6; l'invito è rivolto, per lavori di importo pari o superiore a 500.000 euro, ad almeno dieci soggetti e, per lavori di importo inferiore a 500.000 euro, ad almeno cinque soggetti se sussistono aspiranti idonei in tali numeri. I lavori affidati ai sensi del presente comma, relativi alla categoria prevalente, sono affidabili a terzi mediante subappalto o subcontratto nel limite del 20 per cento dell'importo della medesima categoria; per le categorie specialistiche di cui all'articolo 37, comma 11, restano ferme le disposizioni ivi previste. L'avviso sui risultati della procedura di affidamento, conforme all'allegato IX A, punto quinto (avviso relativo agli appalti aggiudicati), contiene l'indicazione dei soggetti invitati ed è trasmesso per la pubblicazione, secondo le modalità di cui all'articolo 122, commi 3 e 5, entro dieci giorni dalla data dell'aggiudicazione definitiva; non si applica l'articolo 65, comma 1.
(comma così sostituito dall'art. 4, comma 2, lettera l), legge n. 106 del 2011)
7-bis. (comma abrogato dall'art. 4, comma 2, lettera l), legge n. 106 del 2011)

La peggior forma di governo

  " La democrazia è la peggior forma di governo, fatta eccezione per tutte le altre fino ad ora sperimentate " Winston Churchill a...