venerdì 23 dicembre 2011

Il Vespro di Natale

[303]
1 Esultate in Dio nostro aiuto (Sal 80,2), elevate il vostro canto di giubilo al Signore Dio, vivo e vero con voce di esultanza (Sal 46,2).

2 Poiché eccelso e terribile è il Signore, re grande su tutta la terra (Sal 46,3).

3 Poiché il santissimo Padre celeste, nostro Re dall'eternità (Cfr. Sal 73,12), ha mandato dall'alto il suo Figlio diletto (Cfr. 1Gv 4,9), ed egli è nato dalla beata Vergine santa Maria (Mt 3,17).

4 Egli mi ha invocato: "Il padre mio sei tu"; ed io lo riconoscerò come primogenito, più alto dei re della terra (Sal 88,27-28).

5 In quel giorno il Signore ha mandato la sua misericordia, nella notte si è udito il suo cantico (Cfr. Sal 41,9).

6 Questo è il giorno fatto dal Signore: esultiamo e rallegriamoci in esso (Sal 117,24).

7 Poiché il santissimo bambino diletto ci è stato donato e per noi è nato (Cfr. Is 9,6), lungo la via e deposto in una mangiatoia, perché non c'era posto nell'albergo (Cfr. Lc 2,7).

8 Gloria al Signore Dio nell'alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà (Cfr. Lc 2,14).

9 Si allietino i cieli ed esulti la terra, frema di gioia il mare e quanto contiene; esulteranno i campi e tutte le cose che in essi si trovano (Sal 95,11-12).

10 Cantate a lui un cantico nuovo; canti al Signore tutta la terra (Sal 95,1).

11 Poiché grande è il Signore e degno d'ogni lode, è terribile sopra tutti gli dèi (Sal 95,4).

12 Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore la gloria e l'onore; date al Signore la gloria per il suo nome (Sal 95,7-8).

13 Portate in offerta i vostri corpi e caricatevi sulle spalle la sua santa croce e seguite sino alla fine i suoi comandamenti (Cfr. Sal 95,8; Lc 14,27; 1Pt 2,21).

domenica 18 dicembre 2011

Lo zio di Bonanni

"Questa manovra sembra fatta da mio zio che non capisce nulla di economia".
Bonanni promette che i sindacati incalzeranno Monti: "Non gli daremo tregua. Deve tassare i grandi patrimoni, immobiliari e mobiliari, è lì che farà giustizia e troverà i soldi".

Corriere della Sera, 18 dicembre 2011

giovedì 15 dicembre 2011

La resilienza

In psicologia, la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. È la capacità di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria umanità. Persone resilienti sono coloro che immerse in circostanze avverse riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.
Si può concepire la resilienza come una funzione psichica che si modifica nel tempo in rapporto con l'esperienza, i vissuti e, soprattutto, con il modificarsi dei meccanismi mentali che la sottendono.
Proprio per questo troviamo capacità resilienti di tipo:
  • istintivo: caratteristico dei primi anni di vita quando i meccanismi mentali sono dominati da egocentrismo e onnipotenza;
  • affettivo: che rispecchia la maturazione affettiva, il senso dei valori, il senso di e la socializzazione;
  • cognitivo: quando il soggetto può utilizzare le capacità intellettive simbolico-razionali.
Da queste considerazioni, possiamo dedurre che una resilienza adeguata è il risultato di una integrazione di elementi libidico-istintivi, affettivi, emotivi e cognitivi.
In questo modo la persona "resiliente" può essere considerata quella che ha avuto uno sviluppo psico-affettivo e psico-cognitivo sufficientemente integrati, sostenuti dall'esperienza, da capacità mentali sufficientemente valide, dalla possibilità di poter giudicare sempre non solo i benefici, ma anche le interferenze emotivo-affettive che si realizzano nel rapporto con gli altri.
Andrea Canevaro in “Bambini che sopravvivono alla guerra”[1] definisce la resilienza come “la capacità non tanto di resistere alle deformazioni, quanto di capire come possano essere ripristinate le proprie condizioni di conoscenza ampia, scoprendo uno spazio al di là di quello delle invasioni, scoprendo una dimensione che renda possibile la propria struttura”.
È inoltre una capacità che può essere appresa e che riguarda prima di tutto la qualità degli ambienti di vita, in particolare i contesti educativi, qualora sappiano promuovere l’acquisizione di comportamenti resilienti.
Applicato a un'intera comunità, anziché a un singolo individuo, il concetto di resilienza si sta affermando nell'analisi dei contesti sociali successivi a gravi catastrofi di tipo naturale o dovute all'azione dell'uomo quali, ad esempio, attentati terroristici, rivoluzioni o guerre (Vale e Campanella, 2005) [2]. Vi sono difatti processi economici e sociali che, in conseguenza del trauma costituito da una catastrofe, cessano di svilupparsi restando in una continua instabilità e, alle volte, addirittura collassano, estinguendosi. In altri casi, al contrario, sopravvivono e, anzi, proprio in conseguenza del trauma, trovano la forza e le risorse per una nuova fase di crescita e di affermazione. Un esempio del primo tipo è quello della comunità del Polesine che, a seguito della grande alluvione del Po del 1951, non riuscì a risollevarsi dal danno subito e subì una vera propria diaspora, disperdendosi nell'ambito di un grande processo migratorio che si spinse, tra l'altro, fino all'Australia. La città di Firenze, al contrario, pur avendo subito oltre 60 alluvioni dell'Arno nell'ultimo millennio molte delle quali di intensità assolutamente eccezionale, ha conservato una straordinaria continuità nel tessuto economico, artistico e architettonico. I fattori identitari, la coesione sociale, la comunità di intenti e di valori costituiscono il fondamento essenziale della "comunità resiliente".

fonte: wikipedia

mercoledì 14 dicembre 2011

Non perdere di vista il bene comune

LORETO (ANCONA), 14 DIC - ''Questo tempo di difficolta' deve essere affrontato da tutti con coraggio, con spirito costruttivo e con grande impegno a favore delle situazioni piu' difficili, senza mai perdere di vista il bene comune''. E' quanto afferma una nota dei vescovi delle Marche, che si sono riuniti a Loreto. I vescovi ''hanno espresso preoccupazione per le ripercussioni della crisi sulle realta' produttive della regione e, di conseguenza, sulle famiglie e sulle fasce piu' deboli della societa'''. (ANSA).

State sempre lieti

State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie;
esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono.
Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo.
Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo! 

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 5,16-24. 

I pubblicani e le prostitute


«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna.
Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò.
Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò.
Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L'ultimo». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.
E' venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli. 
 
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 21,28-32

martedì 13 dicembre 2011

Considerazioni su un fatto di cronaca

Il medico salva, non uccide – di Marco Travaglio

Io non voglio parlare di Lucio Magri, che non ho conosciuto e non mi sognerei mai di giudicare: non so come mi comporterei se cadessi nella cupa depressione in cui l’avevano precipitato la vecchiaia, il fallimento politico e la morte della moglie. So soltanto che non organizzerei una festicciola fra i miei amici a casa mia, con tanto di domestica sudamericana che prepara il rinfresco per addolcire l’attesa della telefonata dalla clinica svizzera che annuncia la mia dipartita. Una scena che personalmente trovo più volgare e urtante di quella del pubblico che assiste alle esecuzioni nella camera della morte dei penitenziari. Ma qui mi fermo, perché vorrei spersonalizzare il gesto di Magri, quello che viene chiamato con orrenda ipocrisia “suicidio assistito” e invece va chiamato col suo vero nome: “Omicidio del consenziente”. Ne vorrei parlare perché è diventato un fatto pubblico e tutti ne discutono e ne scrivono. E molti tirano in ballo l’eutanasia, Monicelli o Eluana Englaro, che non c’entrano nulla perché Magri non era un malato terminale, né tantomeno in coma vegetativo irreversibile tenuto artificialmente in vita da una macchina: era fisicamente sano e integro, anche se depresso. Altri addirittura considerano il “suicidio assistito” un “diritto” da importare quanto prima in Italia per non costringere all’ “esilio” chi vuole farsi ammazzare da un medico perché non ha il coraggio di farlo da solo. Sulla vita e sulla morte, da credente, ho le mie convinzioni, ma me le tengo per me perché, da laico, non reputo giusto imporle per legge a chi ha una fede diversa o non ce l’ha. Dunque vorrei parlarne dai soli punti di vista che ci accomunano tutti: quello logico, quello giuridico, quello deontologico e quello pratico.

Dal punto di vista logico, non si scappa: chi sostiene il diritto al “suicidio assistito” afferma che ciascuno di noi è il solo padrone della sua vita. Ammettiamo pure che sia così: ma proprio per questo chi vuole sopprimere la “sua” vita deve farlo da solo; se ne incarica un altro, la vita non è più sua, ma di quell’altro. Dunque, se vuole farla finita, deve pensarci da sé.

Dal punto di vista giuridico c’è una barriera insormontabile: l’articolo 575 del Codice penale, che punisce con la reclusione da 21 anni all’ergastolo “chiunque cagiona la morte di un uomo”. Sono previste attenuanti, ma non eccezioni: nessuno può sopprimere la vita di un altro, punto. Se lo fa volontariamente, commette omicidio volontario. Anche se la vittima era consenziente, o l’ha pregato di farlo, o addirittura l’ha pagato per farlo. Non è che sia “trattato da criminale”: “È” uncriminale. Ed è giusto che sia così. Se si comincia a prevedere qualche eccezione, si sa dove si inizia e non si sa dove si finisce. Se si autorizza un medico a sopprimere la vita di un innocente, come si fa a non autorizzare il boia a giustiziare un folle serial killer che magari è già riuscito ad ammazzare pure qualche compagno di cella?

Dal punto di vista deontologico, altro muro invalicabile: il “giuramento di Ippocrate” che ogni medico, odontoiatra e persino veterinario deve prestare prima di iniziare la professione: “Giuro di… perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale , ogni mio atto professionale; di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno…; di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione”. Non occorre aggiungere altro. Come si può chiedere a un medico di togliere la vita al suo paziente, cioè di ribaltare di 180 gradi il suo dovere professionale di salvarla sempre e comunque? Sarebbe molto meno grave se chi vuole suicidarsi, ma non se la sente di farlo da solo, assoldasse un killer professionista per farsi sparare a distanza quando meno se l’aspetta: almeno il killer, per mestiere, ammazza la gente; il medico, per mestiere, deve salvarla. Se ti aiuta ad ammazzarti è un boia, non un medico.

Dal punto di vista pratico, gli impedimenti alla legalizzazione del “suicidio assistito” sono infiniti. Che si fa? Si va dal medico e gli si chiede un’iniezione letale perché si è stanchi di vivere? O si prevede un elenco di patologie che lo consentono? E quali sarebbero queste patologie? Quasi nessuna patologia, grazie ai progressi della scienza medica, è di per sé irreversibile. Nemmeno la depressione. Ma proprio una patologia passeggera può obnubilare il libero arbitrio della persona che, una volta guarita, non chiederebbe mai di essere “suicidata”. Qui di irreversibile c’è solo il “suicidio assistito”: ti impedisce di curarti e guarire, dunque di decidere consapevolmente, cioè liberamente, della tua vita. E se poi un medico o un infermiere senza scrupoli provvedono all’iniezione letale senza un’esplicita richiesta scritta, ma dicendo che il paziente, prima di cadere in stato momentaneo di incoscienza e dunque impossibilitato a scrivere, aveva espresso la richiesta oralmente? E se un parente ansioso di ereditare comunica al medico che l’infermo, prima di cadere in stato temporaneo di incoscienza, aveva chiesto di farla finita?

Se incontriamo per strada un tizio che sta per buttarsi nel fiume, che facciamo: lo spingiamo o lo tratteniamo cercando di farlo ragionare? Voglio sperare che l’istinto naturale di tutti noi sia quello di salvarlo. Un attimo di debolezza o disperazione può capitare a tutti, ma se in quel frangente c’è qualcuno che ti aiuta a superarlo, magari ti salvi. Del resto, il numero dei suicidi è indice dell’infelicità, non della “libertà” di un Paese. E, quando i suicidi sono troppi, il compito della politica e della cultura è di interrogarsi sulle cause e di trovare i rimedi. Che senso ha allora esaltare il diritto al suicidio ed escogitare norme che lo facilitino? Il suicidio passato dal Servizio Sanitario Nazionale: ma siamo diventati tutti matti?
Fonte: Il fatto quotidiano

martedì 6 dicembre 2011

Il pianto

Il Ministro Fornero alla presentazione della Manovra Monti

Testamento biologico: la situazione di Bologna

Il Comune di Bologna ha da oggi ufficialmente il proprio registro per la raccolta del testamento biologico dei residenti. La prima città italiana, che nel 2009 votò un ordine del giorno per l’apertura di un elenco delle cosiddette Dat (le Dichiarazioni anticipate di trattamento), insieme ai notai ha messo a punto un sistema per cui la tenuta del registro possa subito funzionare ed essere inattaccabile a livello giuridico. Il tutto avrà un costo che potrà variare, per ogni cittadino, da 50 ai 100 euro.

Il sistema escogitato prevede infatti che i testamenti biologici siano materialmente conservati dal notaio stesso (e quindi anche dagli archivi notarili) e da uno o più fiduciari. Dunque, e questa è la novità bolognese, l’anagrafe comunale terrà solo una lista con su scritto quale notaio o fiduciario (o entrambi), conservano quel testamento.

In questo modo l’amministrazione bolognese, secondo l’assessore Matteo Lepore, “è inattaccabile di fronte a qualunque ricorso che arrivi dallo Stato”. L’assessore ha infatti spiegato che “anche spendere 1 euro per la conservazione materiale di ogni plico con dentro il testamento renderebbe l’amministrazione passibile di ricorso alla Corte dei Conti”.

Nella pratica, il cittadino che vorrà lasciare le proprie volontà sul suo fine vita potrà recarsi da uno dei 60 notai (l’elenco è sul sito web) che hanno aderito all’accordo con il Comune. Una volta redatto il testamento biologico secondo le proprie volontà, il cittadino firmerà due documenti: il testamento stesso e una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in cui “darà atto di avere compilato e sottoscritto una Dat presso un notaio”.

Questa seconda dichiarazione finirà all’anagrafe del Comune e, in caso di necessità, un medico potrà rivolgersi a Palazzo d’Accursio per rintracciare velocemente il notaio o il fiduciario che conservano una copia autenticata del testamento in cui sarà fondamentale la questione della data. Il timbro del notaio garantirà infatti che nel giorno in cui è stato redatto, il cittadino era capace di intendere e di volere. Nulla vieta inoltre che il fiduciario sia lo stesso notaio.

I notai hanno già reso noto un modulo di esempio (rintracciabile sul sito web del Comune) di un testamento biologico. I casi pratici in questione riportati sono la “malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante” o “una malattia che mi costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione”. In questo modulo il cittadino potrà, per esempio, richiedere di essere o meno “sottoposto ad alcun trattamento terapeutico né a idratazione e alimentazione forzate e artificiali in caso di impossibilità ad alimentarmi autonomamente”.

Naturalmente l’accordo tra Comune e notai sparirebbe nel momento in cui il vuoto legislativo sul tema venisse colmato. Niente vieta, inoltre, che un giorno un legislatore o lo Stato possano interferire rispetto a quelle volontà. Ad ogni modo, il sistema del capoluogo emiliano permetterà di garantire una veloce tracciabilità del testamento e una garanzia di autenticità del testamento stesso. Al momento, tra le grandi città italiane, solo Udine e Firenze hanno un simile sistema di raccolta delle Dat.

“Un risultato che però non aggiunge granché a ciò che c’era prima: già dal 2006 a Bologna era possibile depositare il proprio biotestamento presso un notaio”, spiega Maurizio Cecconi, portavoce della Rete Laica di Bologna, “In tempi di crisi in tanti rinunceranno a usare notaio, mentre invece il servizio poteva essere gratuito. A Casalecchio di Reno, ad esempio, a due passi da Bologna, l’amministrazione si fa carico di conservare direttamente le volontà testamentarie”.

Il fatto quotidiano.it , 6 dicembre 2011


La peggior forma di governo

  " La democrazia è la peggior forma di governo, fatta eccezione per tutte le altre fino ad ora sperimentate " Winston Churchill a...