lunedì 24 dicembre 2012

L'incubo

"Questa notte ho avuto un incubo, mi sono svegliato gridando. Ho sognato un governo con ancora Monti  presidente del Consiglio e c'era: Ingroia alla Giustizia; Di Pietro alla Cultura; Fini aveva le fogne. Poi c'era quello del Sel, come si chiama? alla famiglia. E non le dico cosa faceva la Bindi" (Silvio Berlusconi, dichiarazioni del 23 dicembre 2012)

domenica 23 dicembre 2012

Cattolicesimo liberale

Il “cattolico liberale” è una razza rara. Ancora di più oggi che uno dei suoi più grandi interpreti, Francesco Cossiga, se ne è andato.
I cattolici liberali nacquero in Italia sotto la fine del regno pontificio. Pensavano, pochi e soli, fosse positivo per la chiesa perdere il potere temporale perché essa sarebbe stata più libera di andare al nocciolo della sua vocazione spirituale. Pensavano di dovere obbedienza al Papa, ai precetti della chiesa insieme (in questo senso non erano per nulla “liberal”), ma ritenevano anche fosse lecito, anzi doveroso, far lavorare la propria coscienza e mai piegare la testa aprioristicamente davanti a vescovi e cardinali. Il loro principali autori di riferimento erano senz’altro Antonio Rosmini, Alessandro Manzoni e John Henry Newman.
“Cossiga mi ha detto”, l’ultimo libro di Renato Farina (Marsilio, 18 euro) raccoglie una serie di confidenze fatte da Cossiga a Farina pochi mesi prima di morire, il 19 agosto 2010 e, assieme a tante chicche gustosissime, offre un quadro stupendo di cosa significhi essere cattolico e insieme liberale.
Dice Cossiga: “Io sono un democristiano del tipo cattolico liberale, che ha provato, e tuttora prova, a fare sua la lezione di Antonio Rosmini e di Alessandro Manzoni. Un cattolico infante che obbedisce alla chiesa laddove essa si esprima sulle questioni di etica pubblica. Incapace – come invece riesce con naturalezza del popolano romano, al segretario di stato permanente della Santa Sede, e cioè Andreotti – di essere strumento soffice della politica vaticana. Non perché io non voglia. Non ne sono capace per temperamento, per formazione, perché Newman mi dice di seguire la coscienza, e la coscienza vuol dire obbedire alla chiesa e al papa: non alla linea politica affatto mondana e dunque opinabile della curia o della conferenza episcopale italiana, la quale non ha statuto teologico sulla base del quale invocare obbedienza. Per questo mi permetto di discutere e, ahimè, talvolta di insolentire segretari di stato e presidenti di conferenza episcopale. Altra cosa è il Papa e il mio vescovo, che poi essendo romano è ancora il Papa”.

Pubblicato su palazzoapostolico.it lunedì 5 settembre 2011

Una speranza per l'Italia

"Una speranza per l'Italia nel guado della crisi economica ed etica, dopo vent'anni di malgoverno". E' quanto scrive Famiglia Cristiana nell'editoriale di apertura dell'ultimo numero parlando della fondazione 'Italia Futura' di Luca Cordero di Montezemolo e del movimento 'Verso la Terza Repubblica'. 
L'iniziativa dell'ex presidente di Confindustria piace al giornale cattolico per il suo "tentativo serio di dare una impronta popolare all'esperienza di governo", grazie alla scesa in campo dell'Italia "laica e cattolica insieme, come nelle migliori tradizioni del Paese", per dare "continuità a un Governo che, pur imponendo sacrifici, ha ridato credibilità e dignità all'Italia" e per "contrastare la sfiducia dei cittadini verso le istituzioni".
"La gravità del momento - scrive Famiglia Cristiana - impone ai credenti un'assunzione di responsabilità diretta nella costruzione della 'casa comune'". Non si tratta, però, si legge nell'editoriale, "di rifare una nuova Dc. La storia non torna indietro. Ma di mettere assieme le migliori intelligenze e risorse del Paese su un programma di riforme condivise. Per un'Italia più coesa e solidale". "L'onda lunga dell'antipolitica - conclude il settimanale - si combatte con la 'buona politica'. La strada del conflitto perenne porta solo allo sfascio. Nella Seconda Repubblica ci si è divisi su tutto. Ora, è tempo di coesione e ricostruzione. Soprattutto etica".

giovedì 13 dicembre 2012

Agenda digitale

Oggi la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge sullo sviluppo, che aveva già avuto l’approvazione del Senato. Il governo Monti aveva presentato all’inizio di ottobre il proprio piano per l’innovazione, dalla digitalizzazione della pubblica amministrazione alle startup, come seconda parte delle cosiddette “misure urgenti” per la crescita volute soprattutto dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera. Il provvedimento, che da oggi è legge a tutti gli effetti, introduce nel nostro ordinamento i principi dell’Agenda digitale europea, iniziativa dell’Unione che mira a incentivare l’innovazione tecnologica come strumento per rilanciare la crescita e lo sviluppo. Contiene diversi principi generici e che non sarà semplice mettere in pratica, ma è comunque un importante punto di partenza atteso da tempo in Italia da chi si occupa di Internet e nuove tecnologie.
Agenda digitale
Benché se ne parli da anni, l’Agenda digitale italiana (ADI) è stata istituita solamente il primo marzo di quest’anno, con un decreto del ministro dello Sviluppo insieme con quelli della Pubblica amministrazione e semplificazione, Filippo Patroni Griffi, dell’Istruzione, Francesco Profumo, e dell’Economia, che a inizio anno era ancora Mario Monti. Le misure per l’applicazione dell’ADI sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale in autunno con il Decreto legge del 18 ottobre (n. 179), cioè il “Decreto crescita 2.0″ convertito in legge in questi giorni dal Parlamento.
L’ADI è stata realizzata in seguito alla sottoscrizione da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea dell’Agenda Digitale, presentata dalla Commissione Europea nel 2010. Ogni Stato si è impegnato a recepirla nel proprio ordinamento, introducendo diversi principi tra i quali quello di un “mercato digitale unico” che sia basato su Internet e su software interoperabili, cioè in grado di dialogare fra loro e di utilizzare dati senza problemi di compatibilità. L’Agenda Digitale europea è basata su “sette pilastri” ed elenca più di cento azioni da mettere in pratica per essere attuata. Ha anche un commissario europeo, Neelie Kroes, che ha il compito di verificare che i principi dell’Agenda siano recepiti e attuati da tutti gli stati membri.
Italia in ritardo
Analisti e rapporti economici dicono da tempo che in Italia sono investite poche risorse nelle telecomunicazioni (TLC) e nello sviluppo delle nuove tecnologie in genere. Secondo l’ultimo dossier della Banca Mondiale, l’Italia investe meno del 2 per cento del proprio prodotto interno lordo nelle TLC contro il 3,5 per cento degli Stati Uniti, per esempio. L’Agenda digitale ha come obiettivo il recupero del tempo perduto e il ministero dello Sviluppo parla di iniziative per circa 2,5 miliardi di euro per il primo anno di investimenti nel progetto. A pieno regime, il governo parla della produzione di circa 4,3 miliardi di euro e di 54mila nuovi occupati permanenti e 19mila occupati durante la fase della spesa. Non sono però ancora del tutto chiari i tempi per la realizzazione dei primi progetti, anche alla luce dell’imminente fine del governo Monti e dell’incertezza politica che seguirà nei prossimi mesi. Le prime iniziative saranno gestite da una “cabina di regia”, che sarà poi sostituita con l’Agenzia per l’Italia Digitale.
Agenzia per l’Italia Digitale
È stata istituita con il cosiddetto “decreto sviluppo” del 15 giugno 2012 e avrà un compito simile a quello del Commissario europeo, cioè quello di verificare che siano attuati i piani e le linee guida indicate nell’ADI. Avrà il compito di identificare le migliori soluzioni per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e per i servizi rivolti ai cittadini, compresa la possibilità di gestire stessi dati con programmi diversi e compatibili tra loro (cosa non banale).
Come spiegano sul Corriere delle Comunicazioni, in questi ultimi giorni ci sono state però diverse preoccupazioni sul futuro dell’Agenzia. Il decreto con cui è stata istituita prevede che lo statuto dell’Agenzia sia approvato con decreto del presidente del Consiglio. Dopo la caduta del governo Monti, che si dovrebbe verificare poco dopo l’approvazione delle legge di stabilità, potrebbe essere difficile procedere con l’approvazione dello statuto. I funzionari che si stanno occupando della cosa spiegano che in realtà non dovrebbero esserci problemi, perché il decreto di approvazione va considerato come ordinaria amministrazione, e potrà quindi essere emanato dal governo in fase dimissionaria. I tempi per l’Agenzia potrebbero comunque essere ancora lunghi, perché la Corte dei Conti deve ratificare il contratto di Agostino Ragosa a direttore generale dell’istituzione.
Che cosa c’è nell’Agenda
Fare un elenco completo ed esaustivo dei progetti e dei piani contenuti nell’Agenda digitale è praticamente impossibile: da un lato perché si tratta di una grande quantità di proposte e linee guida che interessano ambiti variegati e anche estremamente diversi da loro, dall’altro perché al momento l’intero progetto è ancora in una fase embrionale, priva di misure chiare e definitive di attuazione. Riassumendo e semplificando molto, possiamo comunque dire che l’Agenza ricalca i sette pilastri indicati dalla Commissione europea, adattandoli e orientandoli verso le necessità italiane.
1. Identità digitale e servizi innovativi per i cittadini: carta di identità e tessera sanitaria elettronica; anagrafe unificata, archivio delle strade, domicilio digitale e posta elettronica certificata obbligatoria per le imprese.
2. Amministrazione digitale: dati e informazioni in formato aperto e accessibile compresi quelli della pubblica amministrazione, biglietti di viaggio elettronici, sistemi digitali per l’acquisto di beni e servizi, trasmissione obbligatoria dei documenti via Internet.
3. Servizi e innovazioni per favorire l’istruzione digitale: certificati e fascicoli elettronici nelle università, testi scolastici digitali.
4. Misure per la sanità digitale: fascicoli sanitari elettronici, prescrizioni mediche digitali.
5. Forte impulso per la banda larga e ultralarga.
6. Moneta e fatturazione elettronica: pagamenti elettronici anche per le pubbliche amministrazioni, utilizzo della moneta elettronica.
7. Giustizia digitale: notifiche e biglietti di cancelleria dei tribunali per via elettronica, modifiche alla legge fallimentare per procedere in via telematica, ricerca e incentivi per società attive nelle nuove tecnologie.
Risorse
I progetti dell’Agenda digitale sono molto ambiziosi, ma in molti si chiedono – vista l’aria che tira e le scarse risorse economiche a disposizione – se potrà mai essere pienamente realizzata. Mercoledì Corrado Passera non ha nascosto qualche preoccupazione per il destino del suo progetto. Ha ammesso che il governo ha potuto mettere a disposizione risorse, ma in un “contesto difficile” in cui non si può prescindere dalla necessità di tenere in equilibrio i conti pubblici. È bene comunque ricordare che l’Agenda costituisce un piano per il medio-lungo periodo e che porterà effettivi benefici non immediati. Prima non c’era nulla, ora qualcosa c’è.

fonte:il post 13 dicembre 2012

Piroetta


La peggior forma di governo

  " La democrazia è la peggior forma di governo, fatta eccezione per tutte le altre fino ad ora sperimentate " Winston Churchill a...