sabato 26 gennaio 2013

L'attualità di Dossetti

C’è stato un tempo in cui in politica non si entrava o si continuava a stare con convention e proclami sui giornali. La vicenda di Dossetti, in questo senso, è esemplare, anche se ovviamente nessuno pretende che si viva con la testa rivolta all’indietro, ma dimostra il perché di tanta ammirazione o quantomeno aspirazione per la sobrietà. Sembrerà strano, ma Dossetti divenne vicesegretario della Democrazia cristiana senza nemmeno conoscere personalmente De Gasperi.
Come raccontò lui stesso. A Dossetti questo essere nella politica per “casualità“ accadrà sovente sulla base di una idea di partito alternativa e puntuale. E su cui vale la pena di riflettere anche per la valenza sull’oggi della politica e il Pd.
Un’idea parecchio diversa da quella di De Gasperi e che per forza di cose diverrà l’unica e l’ultima idea di un partito della Democrazia cristiana differente da quello che si è visto, poi, in tutto il resto della vicenda politica nazionale. Come ha illustrato bene in vari saggi Pombeni, Dossetti segue la sua idea che il partito debba essere il fulcro di una ristrutturazione della società. Meglio, di quella che Leopoldo Elia avrebbe descritto anni dopo come una reformatio della società italiana. A lui, che, a differenza di De Gasperi, non ha partecipato alla vicenda del Ppi, l’esperienza del partito politico appare più simile a quella dei laburisti inglesi. La sua idea è quella di un partito motore nella società civile, dell’azione ma anche di una cultura politica e sociale diversa, che deve trasmettere all’esecutivo la spinta e le richieste da soddisfare. Diversamente, De Gasperi mutua dalla sua esperienza una idea di partito che partecipa con gli altri a sostenere in parlamento con i gruppi parlamentari un esecutivo che ripristina la democrazia.
L’esecutivo è il perno, il motore centrale e media tra tutti i partiti, compresa la Dc. Di fatto questa è la storia futura, e oggi ormai passata, della Democrazia cristiana. E per certi versi anche l’“imprinting” della politica italiana successiva, aumentato di peso dall’avvento dell’era maggioritaria su quella proporzionale che ha dato maggiore ruolo alla conquista dell’esecutivo che alla conquista della società. Facendo un salto negli anni, con le eccezioni a parte di Moro (mai segretario) e delle segreterie di Zaccagnini e De Mita, fino al deserto dell’avvio della cosiddetta Seconda repubblica (ovvero per me di un secondo tempo della repubblica), con la fine della Dc e successivamente anche del cambio per tutti i partiti della prima fase della repubblica, con il sistema maggioritario il rapporto tra partiti ed esecutivo cambia in favore di quest’ultimo ma i partiti potrebbero avere una chance di tornare alle origini, dell’articolo 49. Di fatto questo avviene solo, a mio avviso, con l’Ulivo e Romano Prodi. E solo in parte. Il contributo dei cattolici democratici nell’Ulivo porta alla riunificazione dei due piani, della politica e della formazione, che Dossetti lascia come testamento politico del suo addio alla vita politica nazionale nel 1951 a Rossena.
È con questo background e un dilemma da risolvere sul reale ruolo del partito e il rapporto con l’esecutivo, che tutta una generazione di cattolici democratici di oggi vive da protagonista dentro la pelle di un Partito democratico sempre alle prese con la sua identità e con la “tenuta” nella società civile italiana.
Per loro (per me) il partito è una comunità, dove ci si divide, si fanno i congressi, che si vincono o si perdono ma senza una idea di “armageddon”, di giudizio universale (e finale) che accompagna altri compagni di strada. Il partito è uno strumento. La società civile è la base dell’impegno politico. Il partito deve essere aperto e sostenere anche chi è critico con i vertici o con le scelte; il dibattito è sempre aperto e non può contenere limitazioni se non quelle dell’utilità alla comunità-partito stessa.
È una idea di partito e di impegno che contiene dunque il collegamento alla società civile, vista come pre-esistente e non “occupabile” dal partito e dunque non catalogabile ideologicamente. E in più aggiunge un “supplemento d’anima”, rivolto all’attenzione verso una società in cui la democrazia formale non basta più e anzi può essere un recinto che si autoalimenta e non risolve i problemi, soprattutto se non si pone l’obiettivo della riforma sociale. Paradossalmente proprio il governo dei “tecnici”, promosso e difeso per rimuovere il macigno berlusconiano dal corso della democrazia italiana, ha dimostrato con la limitatezza delle sue misure legate ad una lettura economica classica, il confine oltre il quale i cattolici democratici guardano per realizzare la Costituzione sostanziale immaginata dai costituenti dossettiani. La seconda parte dell’articolo 3, quello in cui la repubblica si impegna a rimuovere gli ostacoli all’eguaglianza costituisce il logico contrappeso alla Costituzione della libertà ma aggiunge una visione legata al terzo termine, spesso negletto e dimenticato della triade rivoluzionaria cioè la Fraternità. Che è ben più, come ideale, di un welfare che pure va aggiornato in welfare community dal welfare state nato laburista e divenuto un pezzo dell’identità europea.
La politica ha l’ambizione di essere non meno della forma più alta, più esigente di carità di cui parlò Paolo VI ma può divenire anche la possibilità di uscire dal binomio “socialdemocrazia-conservatorismo illuminato e compassionevole” per puntare a una politica che renda davvero eguali e fratelli ovvero senza chi deve chiedere, o dire grazie. Cittadini alla pari, con pari diritti e pari doveri.
È il dovere della politica, che tiene conto del limite della politica, che non può cambiare la società senza far nascere quel cambiamento nella società civile stessa. E per i cattolici democratici è il compimento di un cammino di eguaglianza nella nazione. Al servizio dei cittadini tutti e non solo di quelli della propria parte, ricomponendo i due piani dossettiani di Rossena 1951 e praticando un partito che sia al centro della società e per ciò stesso può proporsi nell’esecutivo. Altrimenti basterebbero solo “tecnici”.
Sempre. Con o senza partito alle spalle.
 
Europa, 26 gennaio 2013 

mercoledì 9 gennaio 2013

40 per cento

Non mi sento affatto sconfitto. Siamo tutti ottimisti, dopo 13 mesi di distanza e di silenzio in cui non ho dato nemmeno un’intervista, sono ritornato a comunicare e i sondaggi ci confermano che in poco più di 15 giorni siamo saliti di 10 punti: lo ha detto  Silvio Berlusconi alle telecamere del Tg5.

Contiamo di recuperare il 40% degli italiani che ci aveva votato nel 2008”, ha poi aggiunto l’ex premier che ha poi sferrato l’ennesimo attacco a Monti. “E’ solo una comparsa politica, gli italiani imparino a votare: i piccoli leader vanno evitati perché alimentano soltanto le loro ambizioni personali”, ha avvertito.

Il Cavaliere ha poi rivolto un appello ai centristi; “Solo concentrando il loro voto dei moderati in un solo partito questo potrà avere la maggioranza assoluta in Parlamento e potrà, come primo intervento, cambiare la Costituzione e la parte che riguarda i poteri di decisione del presidente del Consiglio, del governo e del Parlamento. Se non si realizzerà una di queste tre condizioni – ha avvertito – l’Italia resterà quel che è dal 1946 in poi: un Paese non pienamente governabile”.

6 gennaio 2013

Le dimissioni di Bondi

Mario Canzio, Ragioniere generale dello Stato, è stato nominato Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa pubblica per l'acquisto di beni e servizi. Filippo Palumbo, attuale Capo Dipartimento della programmazione e dell'ordinamento del Servizio sanitario nazionale presso il Ministero della Salute, è il nuovo Commissario ad acta per l'attuazione del piano.

 Le due nomine sono state decise nel Consiglio dei ministri di stasera convocato in via straordinaria per ratificare le dimissioni di Enrico Bondi da commissario straordinario per la spending review e da commissario per la sanità del Lazio. Con l'abbandono dei due incarichi il super-manager potrà dedicarsi a tempo pieno all'ultima "mission" affidatagli, in ordine di tempo, da Mario Monti: scremare l'elenco delle candidature per la lista civica che si richiama al premier («scelta civica con Monti per l'Italia» alla Camera e soltanto «con Monti per l'Italia» al Senato insieme a Udc e Fli).
A sollevare il problema di un possibile conflitto d'interesse tra i nuovi compiti affidati a Bondi e quelli più istituzionali ricoperti già da alcuni mesi, era stato nei giorni scorsi in primis il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani.

Dalla scorsa primavera il super-manager era stato incaricato da Monti di supervisionare e dare impulso a tutto il processo di revisione della spesa pubblica con cui sono stati individuati dal Governo risparmi per 12 miliardi per il prossimo triennio, ai quali si aggiungo altri 3,7 miliardi di interventi di tipo maggiormente "lineare" previsti dall'ultima legge di stabilità. In autunno poi Bondi era stato chiamato anche a dirimere l'intricata matassa della sanità del Lazio andando di fatto a sostituire la governatrice della regione,
Renata Polverini.

Il Sole 24 ore, 8 gennaio 2013

La peggior forma di governo

  " La democrazia è la peggior forma di governo, fatta eccezione per tutte le altre fino ad ora sperimentate " Winston Churchill a...