domenica 28 settembre 2014

I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio

«In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».


(Matteo, 21) 

Non fate nulla per rivalità o vanagloria

Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù.

Hoc sentite in vobis, quod et in Christo Iesu.

Lettera ai Filippesi, cap.2 

La pentola d'acqua

"Matteo Renzi ha da tempo messo a bollire una pentola d'acqua ma finora non ha mai buttato nulla da cuocere (...)  Il personaggio che ci governa è il frutto dei tempi bui e se i tempi debbono essere cambiati non sarà certo quel frutto a riuscirci".

Eugenio Scalfari, estratto dall'editoriale de La Repubblica del 28 settembre 2014

L'ultima spiaggia

È bastata quella foto per fargli gonfiare la vena sul collo. Lo scatto del premier Matteo Renzi bello tronfio a Detroit, a braccetto con l'ad di Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne, ha fatto esplodere Mr. Tod's, Diego Della Valle. Si è precipitato da Giovanni Floris a Otto e Mezzo per scaricare addosso al premier tutto il suo livore per quel tradimento in mondovisione.

«L'incontro tra due grandissimi “sòla”. E mi dispiace per Matteo, dell'altro ho già parlato in diverse occasioni». Questo è vero, la sola novità è quella che riguarda il presidente del Consiglio del quale si vantava essere grande amico. Le foto di loro due in maglia viola allo stadio Artemio Franchi di Firenze per seguire l'amata Fiorentina si sono d'improvviso sfocate.

Quell'idillio nato sugli spalti fatto di grandi sorrisi e forti abbracci è finito per sempre. Il duro attacco al premier segna la rottura del loro grande amore.

Della Valle è un fiume esondato e la sua faccia si fa sempre più rossa quando incalza le parole col tono della voce, dicendo che «è imbarazzante discutere di Renzi che conosco da tanti anni. Pensavo fino a qualche mese fa che potesse essere una risorsa per il Paese e quando mi ha chiesto consiglio mi sono sempre messo a disposizione, ma i miei consigli erano di sostenere Letta, di farsi esperienza, di farsi un'agenda internazionale e di fare una buona squadra».

Renzi ha fatto tutto il contrario. La squadra che si è fatto è per Della Valle una manica di «gaglioffi» senza arte né parte. I suoi ministri, come Maria Elena Boschi, «non hanno esperienza per fare nulla e non hanno l'autonomia di fare nulla».

Questo affronto non glielo doveva proprio fare. Il bacio al nemico giurato Marchionne è qualcosa che anche uno con le spalle larghe come Della Valle non ha potuto reggere. Quell'inchino alla Fiat-Chrysler ha rappresentato per il patron della Fiorentina un gesto di arroganza «che in democrazia non paga mai». Ne ha avute anche per gli Elkann che in Fiat «sanno commettere solo sbagli».

Insomma, per uno dei proprietari del Corriere della Sera queste scene non sono facili da ingoiare: «Marchionne e Renzi sono due persone che non attendono a quello che dicono».

Definisce il loro incontro «vergognoso. Non si può più tacere, siamo già all'ultima spiaggia con un premier ragazzo che promette e non conclude nulla e ministri con poca esperienza. Non è vero che è l'unico governo possibile. A quell'età non aveva l'esperienza necessaria. Quando ha deciso di fare il premier gli ho detto che era pericoloso e ultimamente gli ho consigliato di occuparsi di salute, sicurezza e scuola ovvero quello che serve al Paese. Renzi non ha mai lavorato quindi non può parlare di lavoro come noi, secondo me ha fatto tilt».

fonte: Il Giornale

sabato 27 settembre 2014

L'addio di Bonanni

ROMA - Raffaele Bonanni ha formalizzato l'intenzione di lasciare la segreteria generale della Cisl nel corso di una riunione della segreteria allargata. "La decisione delle mie dimissioni - ha detto Bonanni ai vertici del sindacato - sono frutto di una meditazione profonda e non perché siano mancati fiducia e consenso di tutto il gruppo dirigente".

Raccogliendo le dimissioni di Bonanni, la segreteria del sindacato di via Po ha indicato l'8 ottobre come data probabile del consiglio generale Cisl che dovrà eleggere il nuovo segretario generale della confederazione. Il consiglio generale dovrà prima ratificare la decisione e poi eleggere anche la nuova segreteria, perché l'attuale è decaduta con le dimissioni del segretario generale. La convocazione del consiglio non è stata ancora formalizzata ed è attesa a breve.

Formalizzando le sue dimissioni, Bonanni si è speso una volta di più in favore di Annamaria Furlan quale guida della Cisl. "Già alcuni mesi fa avevo indicato Annamaria Furlan come mio successore. La sua elezione a segretario generale aggiunto a larghissima maggioranza è stata la dimostrazione della grande unità della Cisl, credo che bisognerà continuare su questa strada consolidando la piena unità".

Come aveva già dichiarato, Bonanni ha motivato il suo passo indietro con "la necessità di avviare una rimodulazione dell'assetto organizzativo della Cisl con una discussione aperta". Servirà, ha aggiunto, "non solo per salvaguardare la Cisl, ma tutto il Paese in un momento in cui sta saltando tutto".

In precedenza, il leader dimissionario della Cisl, a SkyTg24 aveva spiegato: "Non lascio la direzione a causa dell'articolo 18. Ma con Renzi finisce l'autorevolezza del potere politico". E aveva anche replicato in modo piccato alle illazioni sulla sua "pensione d'oro". "Dopo 47 anni di contribuzione non prenderò neanche la pensione che prende il suo caporedattore" la risposta del segretario generale a domanda del giornalista.

Anche con Giovanni Minoli a Mix24 su Radio 24, Bonanni aveva attaccato Renzi: "Ha ragione nel voler imprimere ritmi diversi e nuovi per il Paese - aveva premesso l'ormai ex leader Cisl -, ha torto perché non usa strumenti adeguati per farlo. Lui, in definitiva, rappresenta il modello di un uomo solo che tira, ma un uomo solo che tira si sfianca, cade, stramazza a terra".

Con Minoli, Bonanni ha rilasciato anche un corrosivo quanto sfuggente giudizio sulla Cgil. A domanda sul sindacato guidato da Susanna Camusso, ha risposto "Non voglio ficcarmi in vespai come quelli della Cgil, mi basta la responsabilità della Cisl". A quel punto il giornalista gli ha chiesto se la Cgil sia un vespaio. "Beh, lo vedono tutti", le parole di Bonanni.

Alla segreteria allargata, Bonanni ha sottolineato l'esigenza di "continuare a lavorare nei territori e nelle categorie" perché questa "è la cultura vincente della Cisl". Il suo intervento è stato chiuso - riferiscono alla Cisl - da un lungo applauso e dopo un breve ringraziamento nessuno è intervenuto: "Vuol dire - ha commentato Bonanni - che condividete le mie parole".

Il segretario generale uscente è apparso teso e commosso, pur rimanendo - riferiscono le fonti - sempre pacato. La commozione era visibile nei vari segretari di categoria e territoriali, alcuni usciti dalla sala con gli occhi lucidi.

Appuntamento al 13 gennaio 2015

COME SARA' "LA CROCE"

di Mario Adinolfi
Quando ho cominciato a scrivere Voglio la mamma decisi che i primi passi del libro sarebbero stati pubblici: raccontai della decisione di mettermi a lavorare a quel volume e poi i primi capitoli abbozzati finirono qui sui social. Per carità, si aprirono le cataratte del cielo e venne giù il mondo (cominciò allora la sequela di insulti degli haters del web che da allora mi accompagna incessantemente ad ogni ora del giorno e della notte), ma se il libro ha scosso più di qualcuno lo devo anche a quella decisione di un work in progress messo da subito in comune.
Con "La Croce", il quotidiano con cui dal 13 gennaio saremo in edicola per intraprendere il nostro corpo-a-corpo ogni giorno sui temi essenziali del nascere-amare-morire, faremo insieme lo stesso percorso. Anche perché la notizia dell'uscita di questo giornale incuriosisce tanti per i più svariati motivi, mi scrivete in privato in centinaia e io non ho il tempo fisico di rispondere a tutti anche se ci provo. Stasera peraltro sarò a Pavia nell'aula magna dell'università (che onore) a presentare VLM, domani sarò a Siena e dunque il tempo per il direct messaging è davvero ridotto. Spero che capirete e vi "accontenterete" di queste info pubbliche.
Insomma, come sarà "La Croce"? Intanto, dal punto di vista estetico, avrà il formato che il gergo giornalistico chiama broadsheet: formato 43x58, il più grande che una rotativa possa tollerare. Dal punto di vista sostanziale, punta ad essere un "primo giornale", che sempre nel gergo del mio mestiere significa che offrirà tutte le notizie, anche quelle dell'attualità più stretta, con l'obiettivo di sostituirsi all'acquisto di un quotidiano tradizionale: puntiamo a farvi mollare la lettura di Repubblica, Corriere della Sera o Giornale. Su "La Croce" troverete tutto quello che serve, anche i programmi della tv e le notizie di cronaca. Ma l'attenzione e l'approfondimento saranno dedicati a ciò che è essenziale. Ribalteremo le priorità ma vorremmo essere l'acquisto esclusivo in edicola. Per questo non usciremo la domenica, che è tradizionalmente il giorno di massima vendita di Avvenire, perché vorremmo che quel giorno il ruolo di primo giornale sia del quotidiano ufficiale della Chiesa italiana. Ma avendo allenato un segmento di cittadini all'idea che non serve leggere una stampa che è astiosa e mistificatrice sui temi della dignità della vita e della famiglia. Credo che farà bene anche a quella stampa lì, sarà obbligata a approfondire, a smettere di essere superficiale con le sue tirate a favore di qualsiasi obbrobrio, di qualsiasi falso mito di progresso.
La prima pagina dunque conterrà tutte le principali notizie del giorno e fotografie che spero vi colpiranno e una vignetta che spero vi farà sorridere e speriamo anche un piccolo box di pubblicità, che aiuti "La Croce" tutti i giorni a compiere la fatica del coprire i costi. Pagina due e tre approfondiranno i temi essenziali: racconteremo quel che accade rispetto alle questioni che i lettori di Voglio la mamma ormai conoscono bene. Ci saranno poi tante storie. Il racconto delle storie del bello di chi sceglie sempre la vita e dell'orrore di chi vuole portare l'umanità sul crepaccio della negazione di sé. A pagina quattro ci occuperemo di attualità e politica italiana, a pagina cinque di attualità e cronaca internazionale con particolare attenzione alla persecuzione dei cristiani nel mondo, a quella strage silenziosa che provoca 322 morti mediamente ogni mese uccisi perché amano la croce. La testimoniano fino al martirio e nessuno ne parla. Noi sì. A pagina sei ci occuperemo di economia e lavoro, in particolare condurremo campagne a favore di un fisco favorevole alla famiglia con figli e di sostegno alla donna che vuole essere madre, racconteremo le storture di un mercato disumanizzato, indicheremo tutti i giorni le aziende che assumono e le modalità operative per trovare un'occupazione, pubblicando gratuitamente gli annunci delle imprese che cercano personale. Pagina sette sarà dedicata alla Chiesa: seguiremo tutti i giorni Papa Francesco (il Papa si ama e si rispetta, non ci annovereranno mai tra i suoi detrattori, siamo pecore umili del suo gregge e avremo analogo sguardo d'amore per il pastore Papa Benedetto, di cui ripercorreremo passaggi del suo straordinario Magistero), così come racconteremo le dinamiche vaticane e della Cei, oltre alla Chiesa del quotidiano, Ogni giorno visiteremo una parrocchia cominciando da quelle di Roma e fotograferemo anche la bellezza, perché nelle chiese è contenuto il più colossale patrimonio artistico dell'umanità ed entrare in una chiesa significa entrare anche gratuitamente in uno straordinario museo, solo che in pochi lo sanno. Io stesso entrando nella chiesa che è più prossima a casa mia, quella di Santa Maria sopra Minerva, ho scoperto solo pochi anni fa la presenza di un affresco straordinario di Melozzo da Forlì, di cui esistono pochissime opere visibili. Facendo altri pochi passi a San Luigi dei Francesi porto sempre i miei amici a osservare tre splendidi Caravaggio che farebbero la fortuna di qualsiasi museo. Sono lì, gratis, pochissimi lo sanno. Con "La Croce" scoprirete anche questi tesori, accanto al testo del Vangelo del giorno e alla vita del Santo del giorno. Spesso sono vite incredibili, straordinarie, racconti cinematografici. Noi ve li offriremo. La pagina otto infine sarà la nostra "ricreazione": sport e spettacoli. Vi parleremo quotidianamente di quel grande romanzo popolare che è il calcio, recensiremo trasmissioni televisive e opere cinematografiche, sì ci sarà anche l'elenco dei programmi tv accompagnati dalle nostre valutazioni.
Vi piace il vostro nuovo giornale? A mezzanotte gli abbonati lo riceveranno nella propria casella di posta o potranno leggerlo sul sito attraverso i codici. Avranno così gli strumenti per affrontare la giornata in cui in ufficio o a scuola si discuteranno i temi essenziali essendo stati aiutati ad avere le parole per dirlo: per dirlo che la vita viene prima, la famiglia è una ed è quella, le persone non sono cose, i figli non si pagano. A ogni ennesimo caso di falso mito di progresso narrato come conquista dell'umanità, spiegheremo puntualmente perché non lo è, ma con parole semplici e comprensibili a tutti, con moltissimi dati incontrovertibili e tanti link per chi su internet vorrà procedere con ulteriori approfondimenti. Chi comprerà in edicola il quotidiano cartaceo o chi sarà abbonato avrà uno strumento fisico per il corpo-a-corpo. Con lo sguardo rivolto alla Croce, a questa umanità dolente e sofferente che nella Croce si specchia, alla ricerca di un senso che va semplicemente riscoperto, perché un senso c'è. Il senso c'è.
Tra 109 giorni "La Croce" sarà in edicola. Le cose da fare per arrivarci sono innumerevoli, non immaginate neanche quante e quanto complicate. Ma con il vostro aiuto ce la faremo. Intanto dite: vi piace il vostro nuovo giornale?

mercoledì 24 settembre 2014

Una personalità ipertrofica

Devo essere sincero: Renzi non mi convince. Non tanto per le idee e il coraggio: apprezzabili, specie in materia di lavoro. Quanto per come gestisce il potere. Se vorrà veramente cambiare verso a questo Paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso. Una personalità egocentrica è irrinunciabile per un leader. Quella del presidente del Consiglio è ipertrofica. Ora, avendo un uomo solo al comando del Paese (e del principale partito), senza veri rivali, la cosa non è irrilevante.
Renzi ha energia leonina, tuttavia non può pensare di far tutto da solo. La sua squadra di governo è in qualche caso di una debolezza disarmante. Si faranno, si dice. Il sospetto diffuso è che alcuni ministri siano stati scelti per non far ombra al premier. La competenza appare un criterio secondario. L’esperienza un intralcio, non una necessità. Persino il ruolo del ministro dell’Economia, l’ottimo Padoan, è svilito dai troppi consulenti di Palazzo Chigi. Il dissenso (Delrio?) è guardato con sospetto. L’irruenza può essere una virtù, scuote la palude, ma non sempre è preferibile alla saggezza negoziale. La muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan. Un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un buon decreto. Circondarsi di forze giovanili è un grande merito. Lo è meno se la fedeltà (diversa dalla lealtà) fa premio sulla preparazione, sulla conoscenza dei dossier. E se addirittura a prevalere è la toscanità, il dubbio è fondato.
L’oratoria del premier è straordinaria, nondimeno il fascino che emana stinge facilmente nel fastidio se la comunicazione, pur brillante, è fine a se stessa. Il marketing della politica se è sostanza è utile, se è solo cosmesi è dannoso. In Europa, meno inclini di noi a scambiare la simpatia e la parlantina per strumenti di governo, se ne sono già accorti. Le controfigure renziane abbondano anche nella nuova segreteria del Pd, quasi un partito personale, simile a quello del suo antico rivale, l’ex Cavaliere. E qui sorge l’interrogativo più spinoso. Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria. Auguriamo a Renzi di farcela e di correggere in corsa i propri errori. Non può fallire perché falliremmo anche noi. Un consiglio: quando si specchia al mattino, indossando una camicia bianca, pensi che dietro di lui c’è un Paese che non vuol rischiare di alzare nessuna bandiera straniera (leggi troika). E tantomeno quella bianca. Buon lavoro, di squadra.

Ferruccio De Bortoli

martedì 23 settembre 2014

Incidenza del reddito ai fini ISEE

Quesito
Buongiorno, ho 32 anni, sono una libera professionista a partita Iva, sono residente con i miei genitori. Mia madre deve presentare l’Isee ovviamente tenendo conto del reddito del nucleo familiare del 2013. Vorrei sapere quanto incide il mio reddito sull’Isee. Va a sfavore dei miei genitori il mio contributo nel nucleo familiare? È meglio che cambi residenza per non alzare troppo il reddito o è sufficiente il domicilio? Grazie saluti.
Roberta 

Risposta
L’Isee, come ben noto, è uno speciale strumento di valutazione della situazione economica di chi richiede prestazioni sociali agevolate o l’accesso a condizioni agevolate ai servizi di pubblica utilità. Viene calcolato sulla base dei redditi, dei patrimoni e della composizione del nucleo familiare. Le regole previste dalle norme per individuare il nucleo familiare ai fini Isee sono semplici e molto chiare. In pratica il nucleo familiare da prendere in considerazione ai fini Isee è quello che risulta alla data di presentazione della dichiarazione sostitutiva ed è composto dal richiedente la prestazione agevolata, dai componenti la famiglia anagrafica ai sensi dell’articolo 4 del DPR 30 maggio 1989. n. 223 e dai soggetti, anche non presenti nello stato di famiglia, ma a carico Irpef. Per famiglia anagrafica si intende un insieme di persone coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune, legate da vincoli di matrimonio, di parentela, di affinità, di adozione, di tutela e da vincoli affettivi.
In generale fanno parte del nucleo familiare:
  • il dichiarante;
  • il coniuge anche se non risulta nello stato di famiglia;
  • i figli minori, anche se a carico ai fini Irpef di altre persone, che risiedono con il proprio genitore;
  • i minori in affidamento preadottivo o temporaneo;
  • i figli maggiorenni che sono a carico ai fini Irpef;
  • tutte le persone presenti nello stato di famiglia anagrafico;
  • i figli minori del coniuge non residente con le persone presenti nello stato di famiglia, nonché i maggiorenni a carico Irpef, e i minori a lui affidati dal giudice;
  • le persone a carico ai fini Irpef anche se non presenti nello stato di famiglia del dichiarante;
  • i figli minori che convivono con le persone a carico ai fini Irpef non presenti nello stato di famiglia, se non affidati a terzi;
  • le persone che ricevono assegni alimentari, non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, dalla persona di cui sono a carico.
Inoltre fanno parte del nucleo familiare anche i soggetti, non conviventi, fiscalmente a carico di uno dei componenti del nucleo. In genere si tratta di figli o altri soggetti di cui all’articolo 433 del codice civile con redditi annui inferiori a euro 2.840,00.
Nel suo caso specifico è ovvio che il suo reddito professionale incida negativamente nell’Isee dei suoi genitori. Proprio per non avere un effetto negativo nell’Isee dei suoi cari, sarà fondamentale che Lei si trasferisca, dal punto di vista anagrafico, in una nuova casa. In questo caso Lei dovrà necessariamente cambiare il suo stato di famiglia recandosi presso l’ufficio delle anagrafe del suo Comune e cambiare residenza, dichiarando la sua nuova condizione.
Ricordo altresì che la dichiarazione Isee è un’autocertificazione, pertanto in caso di dichiarazione non veritiera o non corretta si è soggetti sia a sanzioni pecuniarie che penali ai sensi del Dpr 445/2000.

fonte: Tempi.it

Non possiamo restare prigionieri dei conservatorismi

"In Italia dobbiamo rinnovare decisamente le nostre istituzioni, le nostre strutture sociali, i nostri comportamenti collettivi", è il monito del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, all'inaugurazione dell'anno scolastico al Quirinale. "Non possiamo più restare prigionieri di conservatorismi, corporativismi e ingiustizie". Parla della crisi che "attanaglia l'Europa e l'Italia", il presidente Napolitano, chiedendo di stare "al passo con i tempi e con le sfide della competizione mondiale". "Oggi non solo l'Italia, ma tutta l'Europa sono alle prese con una profonda crisi", sottolinea il Capo dello Stato, per cui non "ci si deve chiudere nei vecchi recinti nazionali, e sbraitare contro la Ue, ma stringerci in uno sforzo comune".

lunedì 22 settembre 2014

Il nuovo Berlusconi


1 - FIAT - PASSERA A MIX 24 SU RADIO 24: “MARCHIONNE SPUTTANA L’ITALIA”

“Marchionne sputtana l’Italia per coprire la ritirata, per giustificare gli impegni che non ha rispettato e i cattivi risultati di Fiat auto. Marchionne complessivamente fa male all’Italia. I non risultati della Fiat Auto, gli impegni non mantenuti, la ritirata dall’Italia, tutto sempre giustificato in giro per il mondo sputtanando il nostro Paese, alla fine porta a un risultato pessimo nei confronti dell’Italia e di quello che ha fatto Marchionne.” Lo dice Corrado Passera a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24.”Alla fine di questo percorso non ci sarà più Fiat auto in Italia”.


 “Le elezioni a primavera le do al 50%. Renzi sta facendo di tutto perché questo succeda, e che si vada alle elezioni prima che venga fuori il suo bluff.” Lo dice Corrado Passera, fondatore di Italia Unica, a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24.

2 - “RENZI E’ INCAPACE A METTERE INSIEME UNA SQUADRA ADEGUATA”
“Di Renzi non mi piace il non rispetto per il merito, e l’incapacità di mettere insieme una squadra forte. Oggi non abbiamo schierata una squadra adeguata. Renzi si circonda di persone che non sono all’altezza.” Lo dice Corrado Passera, fondatore di Italia Unica, a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24 e alla domanda di Minoli che voto da, ecco la pagella di Passera: “Padoan? Mh, Boschi? Mmh. Poletti? mmmh. Madia? mmmmmh….”.


3-  “SARO’ IL NUOVO BERLUSCONI MA IN MEGLIO” - “GIA' IN MENTE MIA FUTURA SQUADRA. CON TOSI MOLTI PUNTI IN COMUNE”
“ Saro il nuovo Berlusconi, ma in meglio. C’è un grande mondo da quella parte che non ha trovato soluzione alle cose che si aspettava e alle quali si può rispondere.” Lo dice Corrado Passera, fondatore di Italia Unica, a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24. Sulla sua futura squadra: “In parte ho già in mente la mia squadra. Tosi? Uno dei miei non si può dire, ma sicuramente abbiamo molti punti in comune. Saviano? Non se n’è mai parlato e non lo prevedo. Montezemolo? Non è previsto”.


4 - RIFORME - “ SUBITO 1.000 MLD IN ISTRUZIONE E INFRASTRUTTURE FINANZIATI DA EUROBOND”
“L’Italia è uno dei grandi Paesi in Europa, può spingere nella direzione giusta, per esempio se si facesse quello che io propongo da tanto tempo: adesso 1.000 miliardi di investimenti in istruzione infrastrutture e ricerca finanziati da Eurobond. Sarebbe la dimostrazione che l’Europa sa essere non solo rigore. Gli Eurobond sono il prossimo passo da compiere, quello che dobbiamo ottenere”. Questa è la ricetta sulle riforme di Corrado Passera, fondatore del movimento Italia Unica a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24

5 - MONTI: “DA MONTI MOLTE RESPONSABILITA' MA POCHISSIMO POTERE”

E su Mario Monti e la sua esperienza da Ministro, Passera continua a Mix24: “Da Monti responsabilità tantissima, potere pochissimo. Ma però non è solo un tema di fare il ministro, di cui peraltro sono orgoglioso, è un tema generale perché non colleghiamo responsabilità e potere. Non abbiamo, e le nostre proposte sono forti n questo campo, non diamo al Governo la possibilità di governare e quando una democrazia è bloccata da meccanismi di governante, per cui non si riesce a decidere e tutto viene rimandato, ne va di mezzo la democrazia”


6 - MARO’ - “TERZI DICE IL FALSO, VOTO’ PER IL RIENTRO IN INDIA”
“Quello che dice Terzi è assolutamente falso, la decisione è stata unanime, lui stesso ha votato a favore di questa decisione ed era una decisione giusta. Quando un paese dà la sua parola e lo mette per iscritto non può rinunciare facendo perdere al proprio Paese per sempre ogni credibilità.”


Lo afferma Corrado Passera a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24, sulla vicenda dei Maro’ e sulle accuse del ministro Giulio Terzi che sostiene che Passera e Monti hanno rimandato loro in India i Maro’ per paura di ritorsioni economiche. “Gli americani al Cermis non hanno fatto così. – continua Passera a Mix24 - Gli americani non hanno riconsegnato i loro piloti e noi non avremmo dovuto riconsegnare i nostri marò. Il primo degli errori è stato proprio  di fare tornare la nave in porto e di far scendere dalla nave i nostri marò.” E chi l’ha fatto Terzi? Domanda Minoli. “Diciamo che Esteri e Difesa non hanno dato le indicazioni giuste.” conclude a Mix24.



Non posso fare delle mie cose quello che voglio?

Dal Vangelo secondo Matteo 20, 1-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Gesù ci svela quanto la sua logica sia diversa dalla nostra e la superi.
Nella sua vigna c’è spazio per tutti e ogni ora può essere quella giusta. Così come ogni nostra situazione di vita deve essere la vigna che ci è affidata per curarla e metterla in grado di portare molto frutto e questo non per rinchiuderci egoisticamente in un ambito ristretto ma per riconoscerci, a partire dal concreto dell’esistenza, “lanciati sulle frontiere della storia”, per essere cioè veri evangelizzatori e missionari.
Siamo tutti pronti a riconoscerci tra gli operai che hanno accettato l’invito della prima ora, ma quale potrà essere la chiamata che il Signore ci riserva per l’ultima ora, per la sera della nostra vita?
Riconoscersi tra i chiamati alla salvezza deve significare renderci disponibili ad accogliere ogni chiamata, anche la meno gratificante, la più difficile e dolorosa.







Cercate il Signore, mentre si fa trovare

Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

Isaia 55, 6 - 9

sabato 20 settembre 2014

Il discusso art. 18

Art. 18.
Reintegrazione nel posto di lavoro. (1)
Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ai sensi dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi dell'articolo 35 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento di cui all'articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo 1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai dirigenti. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale. (2)
Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. (2)
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione. (2)
Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente all'attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma. (2)
Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo. (2)
Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, della procedura di cui all'articolo 7 della presente legge, o della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, si applica il regime di cui al quinto comma, ma con attribuzione al lavoratore di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo. (3)
Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo nell'ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo oggettivo consistente nell'inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il licenziamento è stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell'indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo. (4)
Le disposizioni dei commi dal quarto al settimo si applicano al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti. (29) (4)
Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui all'ottavo comma si tiene conto dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di cui all'ottavo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie. (4)
Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo. (4)
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza di cui all'undicesimo comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore. (5)
(1) Rubrica così sostituita dall'art. 1, comma 42, lett. a), L. 28 giugno 2012, n. 92.
(2) Comma così sostituito dall’ art. 1, comma 42, lett. b), L. 28 giugno 2012, n. 92, che ha sostituito gli originari commi dal primo al sesto con gli attuali commi dal primo al decimo. In precedenza il presente comma era stato sostituito dall’ art. 1, L. 11 maggio 1990, n. 108.
(3) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 42, lett. b), L. 28 giugno 2012, n. 92, che ha sostituito i commi dal primo al sesto con gli attuali commi dal primo al decimo.
(4) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 42, lett. b), L. 28 giugno 2012, n. 92, che ha sostituito gli originari commi dal primo al sesto con gli attuali commi dal primo al decimo.
(5) Comma così modificato dall'art. 1, comma 42, lett. c), L. 28 giugno 2012, n. 92.

L'intervento dell'Antitrust sulla proposta Senaldi


L'Autorità Antitrust ha bocciato con un'apposita segnalazione la proposta di legge Senaldi, elaborata nella commissione Attività Produttive di Montecitorio, per ri-regolamentare l'apertura festiva dei negozi affidando maggiori poteri agli enti locali. 
Secondo il garante «la proposta viola la concorrenza» perché pone limiti all'esercizio di attività economiche «in evidente contrasto con le esigenze di liberalizzazione di cui è espressione l'articolo 31 del decreto Salva Italia» emanato a suo tempo dal governo Monti. 
Per di più il parere elaborato dall'Antitrust sottolinea il contrasto della proposta Senaldi con la normativa della Ue in quanto reintroduce significativi limiti concorrenziali «aboliti dal legislatore nazionale» proprio in attuazione del diritto comunitario.

Corriere della Sera, 17 settembre 2014 



Nel momento peggiore della crisi, dicembre 2011, il governo Monti decide una liberalizzazione drastica degli orari degli esercizi commerciali per arginare il calo dei consumi. Ora che c’è un refolo di ripresa, si torna indietro: il senatore Angelo Senaldi (Pd) è relatore di un progetto di legge dal consenso trasversale che introduce 12 chiusure obbligatorie per altrettante festività laiche o religiose (sostituibili con una domenica nell’anno, decidono i Comuni).
 
Chi sogna liberalizzazioni e concorrenza in Italia, incluso l’Antitrust, deve rassegnarsi. La politica resta più fedele alla Bibbia (“ricordati di santificare le feste”) che al libero mercato. Anche Papa Francesco si è speso contro le aperture domenicali per ragioni, in questo caso sì, di concorrenza diretta tra shopping e Messa. Singolare il ragionamento dell’onorevole Senaldi: dal 2011 i consumi degli italiani sono crollati di 50 miliardi di euro (è la crisi, bellezza), ma “è difficile dire se la contrazione riguardi la domenica o gli altri giorni, di certo, comunque, le aperture festive non hanno fatto aumentare le vendite”, ha detto ad Avvenire.
Prendendo per buono questo ragionamento approssimativo, si conclude che: i consumi sono in calo per la recessione, le aperture domenicali non sono bastate a contrastare la crisi globale (sarebbe strano il contrario), quindi riduciamo le aperture. Nella speranza di cosa? Mistero.
 
Più onesto l’approccio della Confcommercio. Il suo ufficio studi guidato da Mariano Bella è arrivato alla conclusione che è difficile stimare l’impatto esatto delle aperture domenicali (come sarebbero andati i consumi con una regolamentazione più stringente? Chissà) ma che dai dati a disposizione risulta che gli acquisti tendono a spalmarsi sugli orari allungati. Chi si scapicollava per rifornire il frigo il sabato pomeriggio si è abituato ad avere anche la domenica a disposizione. Il punto è che i benefici sembrano andare quasi soltanto alla grande distribuzione. E quindi la politica, con il progetto di legge presentato da Senaldi, non sta tutelando la qualità della vita degli italiani (che nei sondaggi – commissionati dai supermercati – sono felici di avere orari più flessibili) ma dei piccoli commercianti.
 
Il ragionamento economico è che se i consumi si spostano verso la grande distribuzione, i negozi chiudono e impoveriscono i centri delle città, con danni che compensano ampiamente i benefici dello shopping domenicale. Morale di questa storia: quando non avevamo scelta, abbiamo provato a scommettere sul libero mercato, nel 2011. Appena ce lo possiamo permettere torniamo a essere corporativi e conservatori. Meglio tutelare il sicuro interesse di pochi che correre il rischio di migliorare la qualità della vita di molti.
 
Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano, 11 Giugno 2014

martedì 16 settembre 2014

Aste cimiteriali


Una cappella monumentale, con il rivestimento in travertino, in stile Liberty. All'interno un sarcofago, un altare in marmo e una statua a tutto tondo. La sua capienza potenziale è di 100 posti, ma attualmente può accogliere 10 persone. Ora sarà messa all'asta, con un prezzo di partenza che si aggira attorno ai 650mila euro. Quella cappella al Verano è solo uno dei 56 manufatti sepolcrali, di particolare pregio e di vario tipo (cappelle, edicole, tombe monumentali e tombe a terra) che Ama e Comune di Roma hanno deciso di mettere all'asta: 31 sono al cimitero del Verano, 20 al Flaminio, quattro al Laurentino e una a Castel di Guido.


Per un valore complessivo di base d’asta di oltre 3,7 milioni, ma il guadagno potrebbe essere di gran lunga superiore a quella cifra, considerato che nell'ultima vendita di quel tipo - riguardante manufatti e realizzata nel 2010 - furono incassati 5,6 milioni di euro, oltre il 100% del prezzo di partenza.

Tutti i manufatti più pregiati e quindi più costosi sono al Verano: oltre a quello che si aggira attorno ai 650mila euro (l'unico per cui l'asta è aperta anche alle associazioni e a enti morali), ce n'è uno il cui valore di base d'asta è di quasi 207mila euro, altri quattro costeranno ognuno oltre i 100mila euro. Il bando prevede l'assegnazione di concessioni della durata di 75 anni. Le domande di partecipazione dovranno essere presentate entro le 13 del prossimo 15 ottobre, al protocollo gare di Ama.


L'azienda provvederà a valutare l'idoneità delle documentazioni e stilerà un elenco dei concorrenti ammessi all'asta (gestita on line da Ama in collaborazione con Bravosolution spa) che verranno contatti con lettera di invito. Tutte le informazioni sono consultabili sul sito www.aste.cimitericapitolini.it. «C'è bisogno di aumentare la sicurezza, perché ancora avvengono dei furti, e la manutenzione del verde», spiega l'assessore all'Ambiente, Estella Marino che sottolinea anche le criticità presenti nei cimiteri. Il presidente Ama, Daniele Fortini, auspica che «i proventi possano essere indirizzati ai cimiteri, per interventi strutturali».


Tuttavia, non è così scontato, come emerge dalle parole dell'assessore: «I soldi passano per il bilancio di Roma Capitale che poi decide come assegnarli. I cimiteri sono un pezzetto delle priorità. Ci era pervenuta la richiesta dal dipartimento Mobilità per la manutenzione delle strade, è possibile che alcuni proventi siano ripartiti su altri settori». Entro ottobre partirà la raccolta differenziata nei cimiteri di Roma. Ama inoltre sta lavorando anche a un progetto per recuperare i fiori che accompagnano il feretro verso la cremazione. «Solitamente vanno subito dopo al macero e invece possono essere reimpiegati», spiega Daniele Fortini, il presidente dell'azienda.

Il Messaggero, 16 settembre 2014

domenica 7 settembre 2014

Tutto si ricapitola in questa parola

Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge.
Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso».
La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.


Romani, 13,8-10

mercoledì 3 settembre 2014

La tempesta in arrivo

Mario Sechi per “Il Foglio”, 3 settembre 2014


Vedi quelli della “Costituzione più bella del mondo”. E dici: meglio Renzi. Vedi quelli del “golpe e della svolta autoritaria”. Meglio Renzi. Vedi l’ancien régime del para-Stato manovrare nell’ombra. Meglio Renzi. Vedi il piccolo establishment rivendicare il diritto inalienabile di spolpare l’osso. Meglio Renzi. Leggi Scalfari, senza mai un’autocritica. Meglio Renzi. Leggi Travaglio, a caccia del nemico a prescindere. Meglio Renzi.

Vedi i renzisti in tweet e moschetto. Meglio Renzi. Il problema è che poi vedi Renzi. E allora tutto il “meglio” del premier fiorentino finisce in un mare di bischerate che si stanno accumulando e cominciano a essere una cosa grave ma non seria, un pasticciaccio brutto, un gaddiano gnommero da sberreta’ che emerge continuamente nei miei pensieri, il dilemma del renzismo, del suo (sempre Gadda fu) “rammollimento” iperveloce, un groviglio, un gomitolo di rovi, un intrico di tutto e il contrario di tutto alimentato dallo stesso presidente del Consiglio. Lo gnommero.

Non mi sfugge la necessità del governo Renzi – lo sostengo e non oso immaginare una sua caduta – ma il suo destino dipende da “causali” (ancora lui, l’ingegnere) che si stanno gonfiando come un gigantesco soufflé dimenticato nella cucina di Palazzo Chigi. Prima o poi, scoppia. E lo chef? Sembra sempre da un’altra parte, impegnato in un reality sui cuochi, davanti alla telecamera, come un Cracco qualsiasi, a illustrare i futuri estrosi piatti da impadellare, mentre il semplice pranzo del Paese sta bruciando. Meglio Renzi, ma se la cucina va a fuoco, che facciamo?


Meglio scrivere subito, a futura memoria. Raccontare la genesi dello gnommero renziano, il suo avvolgimento pazzo e lo svolgimento possibile, non prometeico e senza banalità faunistiche, gufismi che non hanno la nobiltà letteraria della categoria del gattopardismo. Il renzismo allora, quando comincia?

Non quello della rottamazione (altra storia, altro ritmo) ma quello di governo, lo gnommero da sberreta’ che ho/abbiamo davanti. Entra in scena il 24 febbraio di quest’anno al Senato. Dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio. Matteo Renzi fa il suo ingresso a Palazzo Madama, sede della rottamanda istituzione e svolge un discorso lunghissimo, verboso, lontano dall’asciuttezza di stile e contenuto che avrebbe dovuto dare un primo decisivo senso alla rivoluzione renziana.


Niente, Matteo finisce il suo intervento. Drin, squilla il telefono: “Vedi? E’ un bluff”. Drin, di nuovo: “Te l’avevo detto che non è capace”. Aridrin: “Sei ancora convinto che meglio lui degli altri?”. Drin. Drin. Drin. Destra, sinistra centro, agnostici, tipi da bar, milionari, poveri, borghesi, popolani, rentier, nerd e panettieri, sono amici e conoscenti che hanno l’hashtag fisso #iononcredoinrenzi e io ribatto come voglio e posso un “basta, siete degli inguaribili peggioristi, non vi va bene mai niente”, ma ho la sensazione che qualcosa non giri per il verso giusto nel “cambiare verso”.

E mi ritrovo in pieno nelle parole dette da Giuliano Ferrara a Sky Tg24: “Il discorso mi ha fatto venire il latte alle ginocchia”. Vabbè, la sera ascolto Francesco De Gregori e provo a convincermi che “il ragazzo si farà, ha le spalle strette e giocherà con la maglia numero sette”. Sì, dài, meglio Renzi.

E poi ha le palle e prima o poi le tira fuori, d’acciaio eh, mi raccomando. E poi il 18 gennaio ha incontrato Berlusconi e stretto il Patto del Nazareno, e si chiude (forse) la stagione della caccia all’uomo e dell’odio elevato a standard politico, ha una squadra di governo giovane, sì commetteranno degli errori, ma vivaddio basta con il regimetto che ha le ragnatele addosso.

Ci sta tutto, anche l’inizio da spaccone che non spacca, su che dormo tranquillo. Meglio Renzi. Passa un mesetto, c’è Renzi in tv a tutte le ore, ti dà il buongiorno con Twitter e la buonanotte con i tg della Rai già renzizzati senza gentile richiesta del premier, scrivo con divertimento quel che succede durante la settimana per Il Foglio, il segretario fiorentino semina il panico nel sottobosco ministeriale e delle partecipate dello Stato, quello del “Franza o Spagna basta che se magna”.

Sì, ho la strana sensazione che stia elevando il gufismo a paradigma politico, il suo lessico comincia ad essere monocorde, ma in fondo tout va. Meglio Renzi. Drin! Rispondo. “Guarda che il tuo caro leader vuole mettere il capo dei vigili urbani di Firenze a Palazzo Chigi”. “Dài, è una cazzata”. Ma la fonte è quella che io definisco “tripla A”. Mai una sòla in vent’anni di cronaca politica. Verifico. Tutto vero.

Di cosa deve occuparsi la signora Manzione? Capo del dipartimento affari giuridici e legislativi. E cosa fa quell’ufficio? Coordina l’attività del governo, tiene i rapporti con la Corte Costituzionale, Avvocatura dello Stato, Corti Internazionali, è il fondamentale consulente giuridico dell’esecutivo. Il capo dei vigili urbani di Firenze… ma che cazzo sta pensando il nostro caro leader? Sento arrivare la tempesta. E’ la classica scelta di un leader che non si fida dell’alta burocrazia, dà l’impressione di cercare fedeltà prima che competenza. La fedeltà… Mi viene in mente Gordon Gekko: “Se vuoi un amico, prendi un cane”. Massì, comunque meglio Renzi.


Tuoni e lampi si manifestano il 10 aprile quando esce la notizia che la Corte dei Conti non digerisce la nomina della Manzione e sputa l’osso. Non avrebbe i requisiti. La verità è che perfino l’atto di nomina è un pasticcio. Ne serve un altro. A Palazzo Chigi riscrivono tutto. E la Corte dei Conti dà il via libera alla nomina all’inizio di maggio. Osso ingoiato. Si ricomincia, ma quel nocciolino resta indigeribile per l’alta burocrazia. E si vedrà. Tivù tivù per dare agli italiani del tu e spiegare e forse piegare. Renzi la sera del 9 maggio compare su Rai2, a “Virus”, e confessa: “Me l’hanno fatto penare, ma ora la Manzione è qui”.

Canta vittoria. Lo osservo mentre lo dice e penso, maddeché, d’ora in poi ogni atto che esce dalle stanze del governo e finisce nelle mani dell’alta burocrazia sarà oggetto di speciale attenzione. Vedrai, caro Matteo, che traffico di timbri e pareri tra un ufficio e l’altro. Altro che vigilessa. Pazienza, andiamo avanti, cambiamo verso, ‘che resta sempre meglio Renzi. E poi c’è l’onda lunga, il 25 maggio si vota per le Europee, il premier va in giro per l’Italia e fa il pienone ovunque. E’ il suo momento, spinge sulla comunicazione, deve riempire il forziere di voti, chissenefrega della macchinina brum brum del governo.


Il 9 maggio Renzi twitta le foto dei cedolini con gli 80 euro che il ministro Padoan gli ha appena consegnato. Ah, la propaganda. Strike. L’11 maggio è a Monfalcone per il business navale di Fincantieri, poi al raduno degli alpini (foto retrò del capo, in studiato bianco e nero), sempre lo stesso giorno comunica di non essere interista, ma Zanetti è fico, il 12 maggio informa le masse che si discute la riforma del terzo settore (please, cambiate nome a questa cosa), il 13 maggio scoppia il casino dell’Expo che poi risolverà con la nomina del magistrato Raffaele Cantone. In toga we trust.

La sera Renzi va a “Ballarò” e litiga con Giovanni Floris, lui spiega che “niente paura. Il futuro arriverà anche alla Rai. Senza ordini dei partiti”, l’altro si sposterà in zona Urbano Cairo, a La7. Il 14 maggio il premier va a Napoli, Palermo e Reggio Calabria. Fa sempre il pieno. Il 15 maggio mette una pezza per Electrolux, mentre il Pd ordina l’arresto del suo deputato, Genovese. Sempre in toga we trust.

E’ al rush finale, Renzi vola a Cesena, Pesaro, Modena, Reggio, Napoli, Bergamo, Bari, Olbia e Roma “dove tutto è cominciato”, viaggia in Vespa e va a “Porta a Porta”. Spietato, chiude la campagna elettorale con una conferenza stampa a Palazzo Chigi sugli 80 euro. Una macchina da guerra elettorale. E infatti il 25 maggio Renzi raccoglie la sua – e non del Pd - grande vittoria alle Europee. Lui twitta: “Un risultato storico”. Clap. Clap. Clap. Perfetto.

E il governo? Perbacco, con la vigilessa, ma fermissimo al semaforo. Servono manovre diversive, un’arma di distrazione di massa. Eccola. Da questo momento Renzi comincia un’escalation fatta di liberazioni di ostaggi, foto opportunity in similpelle obamiano, e retorica gufista.

Un’autocelebrazione da Instagram che non promette nulla di buono. Sì, perbacco, meglio Renzi, ma qualcosa si sta incartando di brutto nella liturgia renziana, nel suo cerchietto poco magico che parla solo toscano e aspira tutto come un bidone. C’è lontano come un rumore di ferraglia, il Novecento che, in fondo, è ancora là, ruggisce, dice che la fabbrica, il lavoro, l’occupazione, la produzione, le tasse, il duro mestiere del governo con i suoi grattacapi burocratici, la scrittura delle leggi, non sono cose che si risolvono con le slide e i tweet geneticamente modificati da un paio di startuppari che l’impresa ce la raccontano, ma guai a farla loro.

La fase liberiamo tutti e facciamoci un selfie comincia il 26 maggio, quando Renzi annuncia online: “Ho appena dato il via libera: un aereo della Repubblica italiana parte per il Congo per riportare i bambini adottati bloccati da mesi #acasa”.

Linguaggio da Commander in chief. Il resto viene direttamente dal manuale del perfetto pierre: photo-book volante di Maria Elena Boschi con le sublimi treccine e gli splendidi bambini. Una volta, dài, ci sta. No, si replica. Poche ore dopo, altro blitz: “Ho appena comunicato a Giovanna Motka che suo figlio Federico, sequestrato da oltre un anno, sta rientrando e sarà in Italia domani #acasa”. Gimme five, subcomandante Renzi.

Il primo giugno l’action movie è ancora in tutte le sale: “Don Giampaolo e Don Gianantonio saranno #acasa stanotte. Bentornati e un abbraccio alle loro comunità e ai loro amici”. Tweet e retweet della Mogherini, sacerdoti a casa. Amen. No, tutti fermi sui banchi ‘che la messa liberatoria non è finita. Il 24 luglio Matteo gioisce: “Una ragazza che ha partorito in catene per le propria fede, oggi è libera. L'Italia è anche questo.

La politica è anche questo #meriam”. Tutti in pista per l’atterraggio. Flash. Clic. Tweet. Nel bel mezzo della fase da commando speciale, compare un Renzi a pedali: “Mamma mia, Nibali #chapeau” (Tour de France, 24 luglio); un Renzi africano (video sul jet di Stato, 4 minuti e 5 secondi su YouTube incorporato nel profilo Twitter, 23 luglio); un Renzi autobiografico con la foto della sua caotica scrivania di Palazzo Chigi (8 luglio); un Renzi da Grande Slam che retwitta il cinguettìo del profilo ufficiale di Wimbledon sulla vittoria di Sara Errani e Roberta Vinci (5 luglio).

E i gufi? Nidificano, cribbio, il 28 luglio e…toh! Svolazzano quando si citano i conti pubblici, l’economia, la materia incandescente di qualsiasi governo. Renzi, nuovo stratega del Mediterraneo: “I gufi, le riforme, i conti non mi preoccupano. La Libia sì invece. Ma sembra impossibile parlare seriamente di politica estera #piccinerie”. E ora al lavoro, pancia a terra altrimenti niente vacanze, fannulloni, c’è il Senato da demolire.


Agosto affonda così, come il sommergibile del Capitano Nemo, il Nautilus. Talmente potente da essere scambiato per un mostro marino, una creatura degli abissi. Dopo molte avventure, diventerà la bara di Nemo. Ma ora è tempo di navigare, perché “Noi andiamo avanti, con metodo e decisione #sbloccaitalia #lavoltabuona” twitta il Capitano Renzi il 1° agosto. Metodo? Il punto interrogativo mi resta in testa come un rumore di piatti rotti durante una cena a lume di candela, ma basta con le stoviglie e meglio Renzi.

L’8 agosto il Senato vota il suo ridimensionamento e penso che, in fondo – sempre più in fondo – Renzi questo l’ha fatto e “nessuno potrà più fermare il cambiamento iniziato oggi”. Quattro letture, nel frattempo io leggo i dati dell’economia e il governo mi sembra in alto mare. Mario Draghi il giorno prima ha lanciato un messaggio in bottiglia a quelli che le riforme le annunciano ma non le fanno, parla di cessioni di sovranità, ma Renzi invece di cogliere la palla al balzo fa un pasticcio e gioca all’autoscontro con l’unico che può dargli una mano. Esibisce i muscoli al posto del cervello. Rimedia il testacoda in curva con un incontro privato il 12 agosto in Umbria, a casa di Draghi.


C’è scritto “RISERVATO” grande così sulla porta, ma la cosa spiffera qua e là, il Corriere dell’Umbria ci fa un titolo e lui, il premier, invece di stare quatto e silente ‘che è pieno di volpi nordiche in giro, conferma come un pivello. A Berlino cominciano a fumare gli ingranaggi. Il Nautilus imbarca acqua.

E Nomfup alias Filippo Sensi, il suo portavoce, l’11 agosto manda in rete una cosa che mi sembra una premonizione: “O capitano, mio capitano”. Se n’è andato Robin Williams e l’attimo sarà pur fuggente, ma io ricordo bene una splendida professoressa - talmente bella da essere il più grande incentivo a frequentare la biblioteca - che mi raccontò di quei versi scritti da Walt Whitman nel 1865 per l’assassinio di Abramo Lincoln: “O stillanti gocce rosse / Dove sul ponte giace il mio Capitano. / Caduto freddo e morto”. Renzi retwitta, senza scaramanzie, forse non ha mai letto Whitman e poi chissà com’era la sua prof.

Vede Napoli, neanche a dirlo, visita una start-up, saluta il Papa (foto), Gela, Termini Imerese e “buon ferragosto”. Ecco, immagino, ora tira un profondo respiro, parla con la moglie e, diamine, ci pensa, sì che ci pensa. Tutti i dati economici fanno schifo, serve una reazione vera, perché non parli? Manco fossi Michelangelo di fronte alla Pietà. Niente da fare. Gli annunci continuano, il 19 agosto è la volta delle “linee guida della scuola” che poi spariranno insieme al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Poi vola in Iraq e anche là, purtroppo, diventa tutto un selfie, un tweet, un bagno di folla e bambini con una serie di spericolate analisi geopolitiche.


Pazienza, meglio Renzi, in fondo lui in Kurdistan c’è. Però ora basta, dài, fermati un po’ a pensare. Guerra. Pace. E ammore. Il 20 agosto esce un servizio su Diva e Donna, tutte le vacanze di Renzi in posa con la sua signora, un ritratto innaturale, così goffo da risultare un sublime, incartato, nonsense tipografico del ridicolo. Drin! “Lo vedi? E’ peggio di Berlusconi!”. Macché, quella era una narrazione poprock di un tipo italiano, il self-made man di Daniel Defoe adattato al ritmo latino, questo è un fenomeno che comincia ad apparirmi diverso, nuovo sì, ma di caratura e durata ancora da definire. Renzismo uguale berlusconismo? No, ragazzi, Berlusconi è l’originale e non c’è matrice, nonostante l’era della tecnica, non è riproducibile. Meglio Renzi? Calma e gesso, agosto non è finito e infatti eccolo qui, il 22 agosto, lo statista che si fa la doccia gelata.

Ok, per me è una buona notizia, siamo al fondo, da questo momento comincia la risalita, ne sono sicuro, daje, mejo Renzi. Incontro al mare uno dei più grandi imprenditori italiani, globalizzato, pieno di iniziativa e buon senso, è innamorato del nostro Paese, è un patriota. Gli dico: Renzi ha attaccato i capitalisti dei salotti, i soliti noti. Forse pure lei c’è in mezzo. Lui risponde: i capitalisti non si scelgono a tavolino, sono quelli che hanno i capitali e li usano per fare impresa. Se sa l’indirizzo di un salotto, me lo dia, io non ne conosco ed è finita pure Mediobanca. Touch down.


Mentre Renzi si fa la doccia gelata, Mario Draghi – l’unico che nella copertina del ‘Conomist tira via l’acqua dalla barca europea che affonda – al meeting dei banchieri centrali di Jackson Hole fa un discorso che apre a una stagione diversa, meno austera e più riformista. L’unico che lo capisce è Napolitano che lo cita in un comunicato prima del consiglio dei ministri del 29 agosto.

E lo capisce anche Angela Merkel che secondo indiscrezioni ha telefonato a Draghi in pieno assetto da combattimento. E lei, ovviamente, a differenza di Renzi, non conferma un colloquio privato. E’ la diplomazia, bellezza. Non la nostra. E questo accade dopo il ritorno in ufficio di Renzi, il 25 agosto, intwittato pure quello alle 6 e 20 del mattino con una fota di Palazzo Chigi ancora in penombra: #ciaovacanze.

Che dire? C’è molto Alberto Sordi in tutto questo, è il carattere italiano, un cabarettismo che emerge sempre, soprattutto quando la situazione appare tragica. Vabbè dài, l’importante è che lavori. Meglio Renzi. C’è un consiglio dei ministri il 29 agosto, Napolitano è tutta l’estate che riceve, vede, consiglia. Sarà tutto a posto, uno immagina così per professione di ottimismo e mejorismo renziano. Rien va plus, il consiglio dei ministri è un mezzo disastro.


Lo Sblocca Italia un pasticcio senza coperture, riscritto all’ultimo minuto. La Scuola delle centomila assunzioni a piè di lista finisce in archivio e si vedrà che farne, la riforma della Giustizia è una supercazzola a cui mancano le cose serie e vent’anni di guerra nucleare tra politica e procure della Repubblica oggi in dissesto ideologico. Renzi è costretto a rimangiarsi i tweet con le anticipazioni mirabolanti, mentre piovono dall’Istat dati economici da Armageddon e lui, il premier, dice chissenefrega delle virgole tanto io so’ er più e c’è un carretto di gelati a Palazzo Chigi per rispondere ai gufi di Londra. Buone notizie? Sono un patriota, viva la Mogherini Lady Pesc e bravo Renzi a tenere duro e basta francesi, tedeschi e inglesi, siamo italiani.

Dio, manca la canzone di Toto Cutugno “lasciatemi cantare/sono un italiano” e un cavallo bianco con in sella Roberto Benigni all’Ariston di Sanremo. Alla fine della fiera della vanità, la realtà è che questi sono stati i sei mesi più surreali che ricordi dall’esordio di un governo e la mia fiducia è diventata un punto interrogativo, non sulla pochezza degli oppositori del presidente del Consiglio, sulle camarille, sui biscazzieri d’alto bordo, i consiglieri di basso stampo, i cervelloni che sono cervelli spenti.

No, il problema è un altro, quello che abbiamo noi italiani che ancora ci crediamo e pensiamo che il Paese possa davvero cambiare. E’ la realtà che fa toc toc alla porta. E’ lunedì, piove, ho pagato l’affitto e il gas e mi viene in mente D’Annunzio: “Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare”. Meglio Renzi

La peggior forma di governo

  " La democrazia è la peggior forma di governo, fatta eccezione per tutte le altre fino ad ora sperimentate " Winston Churchill a...