martedì 31 marzo 2015

Orari di apertura esercizi commerciali

L´Assemblea della Camera, ha approvato, il 25 settembre 2014, l´AC 750-AR in materia di orari di apertura degli esercizi commerciali. La proposta di legge passa ora all´esame del Senato. In particolare la proposta di legge approvata dalla Camera apporta alcune limitazioni alla liberalizzazione - prevista dalla disciplina vigente - degli orari degli esercizi commerciali, introducendo l´obbligo di chiusura per almeno sei, tra i giorni festivi dell´anno. In particolare, il progetto di legge prevede che in dodici giorni festivi dell´anno, specificamente indicati nel testo, le attività commerciali debbano essere svolte nel rispetto degli orari di apertura e di chiusura domenicale e festiva. Viene però contestualmente consentito a ciascun esercente l´attività di vendita al dettaglio, di derogare all´obbligo di chiusura, fino ad un massimo di sei giorni, individuati liberamente tra i dodici indicati dal testo. L´esercente che vuole avvalersi della potestà di deroga deve darne comunicazione al comune competente per territorio secondo modalità la cui individuazione è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo da emanarsi, previo parere dell´ANCI, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. I dodici giorni in riferimento sono: 1) il 1° gennaio, primo giorno dell´anno; 2) il 6 gennaio, festa dell´Epifania; 3) il 25 aprile, anniversario della Liberazione; 4) la domenica di Pasqua; 5) il giorno di lunedì dopo Pasqua; 6) il 1° maggio, festa del lavoro; 7) il 2 giugno, festa della Repubblica; 8) il 15 agosto, festa dell´Assunzione della beata Vergine Maria; 9) il 1° novembre, festa di Ognissanti; 10) l´8 dicembre, festa dell´Immacolata Concezione; 11) il 25 dicembre, festa di Natale; 12) il 26 dicembre, festa di santo Stefano". Sono escluse dal campo di applicazione di tali limiti alcune tipologie di attività, tra le quali le attività di somministrazione di alimenti e bevande. Le disposizioni relative all´obbligo di chiusura nei giorni festivi si applicano a partire dal 1° gennaio dell´anno successivo a quello dell´entrata in vigore della proposta di legge in esame. Ciascun comune, anche in coordinamento con altri comuni contigui, può predisporre accordi territoriali non vincolanti per la definizione degli orari e delle chiusure degli esercizi commerciali, ferme restando le citate limitazioni, con la finalità di assicurare la fruibilità dei servizi commerciali, promuovere l´offerta commerciale e valorizzare zone a più marcata vocazione commerciale. Al fine di favorire l´adesione a tali accordi territoriali da parte delle micro, piccole e medie imprese del commercio, le regioni e i comuni possono stabilire incentivi, anche sotto forma di agevolazioni fiscali relative ai tributi di propria competenza. La definizione dei criteri per l´individuazione di aree ove gli accordi territoriali in materia di orari degli esercizi commerciali possono essere adottati in forma coordinata tra i comuni è demandata alle regioni , previa consultazione delle organizzazioni regionali rappresentative delle categorie. Il testo specifica ulteriormente i poteri che il Testo unico delle leggi sugli enti locali attribuisce al sindaco in materia di esercizi commerciali, precisando che, qualora - per esigenze di sostenibilità ambientale o sociale, di tutela dei beni culturali, di viabilità o di tutela del diritto dei residenti alla sicurezza o al riposo- sia necessario limitare l´afflusso di pubblico in determinate zone del territorio comunale interessate da fenomeni di aggegazione notturna, è rimessa allo stesso sindaco la definizione, per un periodo non superiore a tre mesi, degli orari di apertura dei pubblici esercizi e delle attività commerciali e artigianali. La mancata applicazione delle disposizioni in merito all´obbligo di chiusura degli esercizi commerciali determina l´applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2000 a 12000 e, in caso di particolare gravità o di recidiva (violazione per due volte in un anno), con la sanzione accessoria della chiusura dell´esercizio da uno a dieci giorni.

Senato.it - DDL S. 1629 - XVII Legislatura
Principali eventi dell'iter
Assegnazione in sede consultiva
venerdì 3 ottobre 2014 01:00
Pareri delle Commissioni 1ª (Aff. costituzionali), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 11ª (Lavoro), 14ª (Unione europea)
Assegnazione in sede referente
venerdì 3 ottobre 2014 01:00
10ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) in sede referente
Trasmissione
venerdì 26 settembre 2014 01:00
"Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali"
Trasmesso dalla Camera
Iniziativa Parlamentare
On. Michele Dell'Orco (M5S)
On. Ferdinando Alberti (M5S) (cofirmatario), On. Marco Baldassarre (M5S) (cofirmatario), On. Sergio Battelli (M5S) (cofirmatario), On. Silvia Benedetti (M5S) (cofirmatario), On. Massimiliano Bernini (M5S) (cofirmatario), On. Nicola Bianchi (M5S) (cofirmatario), On. Giuseppe Brescia (M5S) (cofirmatario), On. Marco Brugnerotto (M5S) (cofirmatario), On. Azzurra Pia Maria Cancelleri (M5S) (cofirmatario), On. Laura Castelli (M5S) (cofirmatario), On. Ivan Catalano (M5S) (cofirmatario), On. Vega Colonnese (M5S) (cofirmatario), On. Claudio Cominardi (M5S) (cofirmatario), On. Emanuele Cozzolino (M5S) (cofirmatario), On. Davide Crippa (M5S) (cofirmatario), On. Marco Da Villa (M5S) (cofirmatario), On. Diego De Lorenzis (M5S) (cofirmatario), On. Ivan Della Valle (M5S) (cofirmatario), On. Alessandro Di Battista (M5S) (cofirmatario), On. Chiara Di Benedetto (M5S) (cofirmatario), On. Manlio Di Stefano (M5S) (cofirmatario), On. Federica Dieni (M5S) (cofirmatario), On. Federico D'Inca' (M5S) (cofirmatario), On. Francesco D'Uva (M5S) (cofirmatario), On. Mattia Fantinati (M5S) (cofirmatario), On. Vittorio Ferraresi (M5S) (cofirmatario), On. Riccardo Fraccaro (M5S) (cofirmatario), On. Chiara Gagnarli (M5S) (cofirmatario), On. Filippo Gallinella (M5S) (cofirmatario), On. Manuela Ghizzoni (PD) (cofirmatario), On. Silvia Giordano (M5S) (cofirmatario), On. Cristian Iannuzzi (M5S) (cofirmatario), On. Giuseppe L'Abbate (M5S) (cofirmatario), On. Vincenza Labriola (M5S) (cofirmatario), On. Mirella Liuzzi (M5S) (cofirmatario), On. Roberta Lombardi (M5S) (cofirmatario), On. Marialucia Lorefice (M5S) (cofirmatario), On. Matteo Mantero (M5S) (cofirmatario), On. Salvatore Micillo (M5S) (cofirmatario), On. Mara Mucci (M5S) (cofirmatario), On. Dalila Nesci (M5S) (cofirmatario), On. Riccardo Nuti (M5S) (cofirmatario), On. Paolo Parentela (M5S) (cofirmatario), On. Cosimo Petraroli (M5S) (cofirmatario), On. Walter Rizzetto (M5S) (cofirmatario), On. Paolo Nicolo' Romano (M5S) (cofirmatario), On. Giulia Sarti (M5S) (cofirmatario), On. Carlo Sibilia (M5S) (cofirmatario), On. Maria Edera Spadoni (M5S) (cofirmatario), On. Arianna Spessotto (M5S) (cofirmatario), On. Danilo Toninelli (M5S) (cofirmatario), On. Simone Valente (M5S) (cofirmatario), On. Stefano Vignaroli (M5S) (cofirmatario), On. Adriano Zaccagnini (M5S) (cofirmatario)C.1042 - On. Gianluca Benamati (PD) e altri

C.1240 - On. Davide Baruffi (PD)

C.1279 - On. Ignazio Abrignani (PdL) e altri

C.1627 - On. Stefano Allasia e altri

C.1809 - On. Antonino Minardo (PdL)
Popolare
Fase iter
giovedì 25 settembre 2014 01:00
C.750
approvato in testo unificato



Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali

Iter

3 ottobre 2014:  assegnato (non ancora iniziato l'esame)
Successione delle letture parlamentari
C.750 T. U. con C.947, C.1042, C.1240, C.1279, C.1627, C.1809
approvato in testo unificato
25 settembre 2014
S.1629 assegnato (non ancora iniziato l'esame) 3 ottobre 2014

venerdì 27 marzo 2015

Aboliti per legge?

"I ‘Promessi sposi’ a scuola andrebbero aboliti per legge" . A molti può risultare strano che questa frase sia stata pronunciata, non da uno studente alle prese con un crisi di nervi, ma proprio dal premier, Matteo Renzi. E come segnala Skuola.net, la provocazione lanciata durante un suo discorso alla Luiss School of government, non è un attacco alla celebre opera manzoniana, quanto più una dichiarazione d'amore nei suoi confronti. Infatti, per il presidente del Consiglio, obbligare gli studenti a studiare le vicende di Renzo e Lucia non farebbe altro che alimentare il loro odio nei confronti dell'opera. E in effetti, dando un'occhiata ai dati di una ricerca di Skuola.net, sembrerebbe proprio così.
 
I ‘MATTONI’ PIÙ RICERCATI – Troppi studenti, almeno una volta, si sono intristiti al solo pensiero di vedere le proprie vacanze appesantite da quei tomi comunemente conosciuti come "mattoni", libri di una pesantezza infinita - per numero delle pagine e contenuto stesso - assegnati dal sadico insegnante di turno. E ancora tanti ragazzi, almeno una volta, hanno ceduto alla tentazione di non leggerli per niente ricorrendo all'aiuto delle recensioni. E passare così delle vacanze più allegre. E proprio sulle recensioni più cercate da voi si è basata la ricerca di Skuola.net che ha scovato i 5 mattoni più pesanti della storia degli studenti.
 
MEDAGLIA D'ORO PER ALESSANDRO MANZONI - E indovinate un po'? Al primo posto ci sono proprio loro, i cari "Promessi Sposi". Insomma, di "Quel ramo del lago di Como che volge al mezzogiorno..." i ragazzi non ne vogliono proprio sentir parlare. I professori gli hanno così riempito la testa di lezioni sul contesto storico nel quale è ambientata l'opera di Alessandro Manzoni, dell'intreccio della storia e della biografia di ogni singolo personaggio, che hanno perso ogni possibilità di innamorarsi di uno dei più grandi capolavori della letteratura italiana. E magari a dare il colpo di grazia arriva proprio l'imposizione di doverlo leggere a tutti i costi, pena un 2 a macchiare per sempre la loro media.
 
NON CI SI INNAMORA CON LA FORZA - Peccato che così, come ha detto anche il premier Renzi, gli studenti si perdano la bellezza di una storia d'amore, quella tra Renzo e Lucia, che vuole e riesce a superare tutto e tutti: la peste, le prepotenze dei potenti e il destino stesso. Non senza approfondire i drammi personali dei singoli personaggi, ognuno con una storia che lascia con il fiato sospeso. E certo, vista la complessità dell'opera, un piccolo aiuto con una recensione di Skuola.net può tronare utile ai ragazzi per capire i temi affrontati dall'autore e il focus sul quale è incentrato tutto i "Promessi Sposi", ma se non lo leggono, magari per conto loro, non potranno mai apprezzarlo veramente.
 
I MATTONI PIÙ ODIATI TRA I BANCHI DI SCUOLA – Ma quali sono gli altri mattoni che mettono in pericolo la tranquillità dei ragazzi, oltre che il loro amore per la lettura? In seconda posizione, subito dopo i “Promessi sposi”, troviamo Ugo Foscolo e le sue "Ultime lettere a Jacopo Ortis". Per gli studenti, le poche pagine del libro non sono niente paragonate alla pesantezza e alla tristezza infinita del suo contenuto. Al terzo posto c'è Elsa Morante che con la sua "La Storia" ha quasi attirato le loro simpatie, prima di dare il colpo di grazia sul finale. Il quarto posto vede trionfare Giovanni Verga e ai suoi "I Malavoglia", il cui nome dell'opera è già tutto un programma per i ragazzi. L'ultima posizione è riservata alla letteratura russa che, in realtà, per pesantezza vince su tutti: il quinto posto spetta a "Delitto e castigo" di Dostoevskij.

fonte: La Stampa

lunedì 23 marzo 2015

Prendere posizione

   ''La vigliaccheria chiede: è sicuro? L'opportunità chiede: è conveniente? La vanagloria chiede: è populista? Ma la coscienza chiede: è giusto? Prima o poi arriva l'ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare; ma bisogna prenderla, perché è giusta".
M.L.King

lunedì 16 marzo 2015

Sulla Severino

Paola Zanca per "il Fatto Quotidiano"

   L’Angelus, questa domenica, per Vincenzo De Luca anzichè da piazza San Pietro arriva dall’hotel Vanvitelli di Caserta. Il suo papa Francesco, in piena sintonia con la misericordia e l’indulgenza del nuovo Giubileo, è Raffaele Cantone. Che da lì, in un video messaggio alla riunione degli amministratori di Sel, dispensa la sua benedizione al “tagliando” alla legge Severino.

Mette in chiaro, il commissario nazionale anticorruzione, che non ha nessuna intenzione di riscrivere da capo una norma che in questi due anni è stata “utilissima” nè tantomeno di “preoccuparsi” di quegli aspetti della legge riferiti a “fatti specifici” e a vicende che hanno “una loro notorietà”. Però, come si ostinano a ripetere i suoi difensori, a Vincenzo De Luca, basta una “dose minima” di cambiamento.

   Basta che la condanna in primo grado per abuso d’ufficio sparisca dalle cause che possono determinare la sospensione dall’incarico. Proprio quello che sostiene Cantone, seppure con un discreto scoppio ritardato. Dopo la condanna (sempre per abuso d’ufficio, ma per fatti relativi alla sua attività di magistrato) di Luigi de Magistris, infatti, aveva chiesto al suo ex collega di smetterla di “danneggiare” Napoli perché la legge era “iper garantista” e andava rispettata.

Poi Cantone evidentemente ha riflettuto - il primo ravvedimento è di novembre, l’ultimo di ieri - che “c’è spazio per una valutazione su alcuni reati che forse con la sentenza di primo grado non è opportuno intervenire con la sospensione”. È lì che il telefono del sindaco di Salerno, vincitore delle primarie democratiche, ora in corsa per la presidenza della regione Campania, ha cominciato a squillare. Nè da lui nè dal suo entourage, ieri, sono arrivate dichiarazioni che potessero dare l’impressione di “tirare per la giacchetta” mister Anticorruzione.


Ma, certo, hanno apprezzato. E iscritto Cantone nella lunga lista dei novelli sostenitori di un restyling della Severino. Un tempo considerata intoccabile - in quanto legge che ha portato alla decadenza di Silvio Berlusconi - oggi sempre più giudicata perfettibile, anche alla luce del ricorso in attesa della Corte Costituzionale.

   Matteo Renzi avrebbe volentieri fatto in modo che della questione si occupassero solo i giudici della Consulta. Tant’è che non è escluso che l’election day del 31 maggio sia capitato alla vigilia dell’estate anche nella speranza che, nel frattempo, il collegio presieduto da Alessandro Criscuolo fosse arrivato a sentenza (proprio nei giorni scorsi, Criscuolo, ha promesso un’accelerazione, anche se il verdetto pare non si vedrà prima di luglio). Eppure, per quanto fastidiosa sia la materia, a Matteo Renzi toccherà occuparsene, visto che riguarda il candidato ufficiale del suo partito in Campania.

   Per il momento la faccenda è stata affidata nelle mani del vicesegretario Lorenzo Guerini che intrattiene “colloqui frequenti” con i fedelissimi del sindaco.


   D’altronde è difficile immaginare che l’uscita domenicale di Cantone - a cui il premier pensò un tempo di affidare anche l’incarico delicatissimo della candidatura campana - sia esclusivamente a titolo personale. Nel Pd, infatti, a cominciare dalla minoranza fino al renziano capogruppo della commissione Affari Costituzionali Emanuele Fiano, è ormai diffusa la convinzione che alla Severino si debba mettere mano. Solo che non si può fare adesso.

La modifica prima delle regionali è considerata troppo rischiosa e smaccatamente ad delucam. E perfino il sindaco, va detto, si è messo l’anima in pace e ha preferito smetterla di ricordare ogni giorno il suo problemuccio con la legge. Sa che, se dovesse vincere le elezioni, sarebbe immediatamente accolto il ricorso contro la sua sospensione. Non c’è fretta, quindi, ma “il tagliando” serve. In commissione alla Camera, come vi abbiamo raccontato, la salva De Luca è già pronta. L’ha scritta l’avvocato Fulvio Bonavitacola, deputato Pd vicinissmo al candidato governatore.


Prevede che l’abuso d’ufficio - reato considerato assai diffuso tra gli amministratori - venga escluso dalle cause che determinano la sospensione da una carica elettiva. Praticamente lo stesso principio che ha sostenuto ieri Cantone. Come l’abuso d’ufficio fosse un reato bagatellare, e non invece uno dei più gravi comportamenti che può tenere un pubblico amministratore, sfavorendo un avversario o favorendo patrimonialmente un amico approfittando della propria posizione.


Per ora il calendario della commissione è affollato da una serie di provvedimenti, tra cui quello sullo ius soli che, certamente, non verrà esaurito con una rapida discussione. Ma, dicevamo, non c’è fretta. Basta che la schiera degli sponsor del “tagliando” alla Severino resti folta. Da ieri, ce n’è uno in più.

domenica 15 marzo 2015

L'ostetrico

Michele Ainis per il "Corriere della Sera"


La madre dei cretini è sempre incinta, diceva Longanesi. In Italia, anche la madre delle leggi. Perché ne abbiamo troppe in circolo, e per lo più sconclusionate. Solo che da un po’ di tempo in qua il parto dura più della stessa gravidanza.

Ciclicamente il governo annunzia il lieto evento, appende un fiocco rosa sull’uscio di Palazzo Chigi, convoca parenti e conoscenti. Tu corri, tendendo l’orecchio per ascoltare i primi vagiti dell’infante. Invece risuona un’evocazione, un presagio, un desiderio. La legge non c’è, non c’è ancora un testo. C’è soltanto un pretesto.


Le prove? Sono conservate nei verbali del Consiglio dei ministri. Scuola: annunci al quadrato e al cubo durante i geli dell’inverno, finché il 3 marzo sbuca la notizia: il governo ha approvato le slide , evidentemente una nuova fonte del diritto. In compenso 9 giorni dopo approva pure un testo, che però è più misterioso del segreto di Fatima. O della spending review : difatti i report di Cottarelli non sono mai stati resi pubblici.


Riforma della Rai: batti e ribatti, poi il 12 marzo via libera alle linee guida, altra nuova fonte del diritto. Falso in bilancio: sul Parlamento incombe da settimane l’emendamento del ministro Orlando. Nessuno l’ha letto, forse perché lui non lo ha mai scritto. Jobs act: il 20 febbraio il Consiglio dei ministri timbra due schemi di decreto, le commissioni parlamentari competenti non li hanno ancora ricevuti .

E via via, dal Fisco (il 24 dicembre venne approvato un comunicato, non un testo) alla legge di Stabilità (che si materializzò una settimana dopo la sua deliberazione, peraltro senza la bollinatura della Ragioneria generale).



A leggere la Costituzione (documento non ancora secretato), due sono gli strumenti con cui il governo ci governa. Con i disegni di legge, che però sono diventati più imperscrutabili dei disegni divini. Con i decreti legge, sempre che ne ricorra l’urgenza. Tuttavia quest’ultima viene a sua volta contraddetta dalle doglie interminabili con cui nasce ogni provvedimento. Per esempio i due decreti (quello sulla giustizia e lo sblocca Italia) decisi lo scorso 29 agosto, ma ricevuti dal Quirinale il 12 settembre.


O il decreto Madia sulla Pubblica amministrazione, deliberato il 13 giugno e poi tenuto per altri 11 giorni in naftalina. Nel frattempo accade che i ministri radunati nel Consiglio votino non su un testo bensì su un titolo, approvato «salvo intese» (fra chi?). Che altri ministri annuncino modifiche a norme inesistenti, perché non ancora emanate dal capo dello Stato (Orlando il 6 settembre, a proposito del decreto sulla giustizia). Che gli studenti scendano in piazza contro la Buona scuola, pur essendo una riforma ancora senza forma.


Insomma troppe grida, da una parte e dall’altra. Nel 1979 il Rapporto Giannini denunziò le «grida in forma di legge», ossia il pessimo costume di confezionare norme inapplicabili. Oggi denunzierebbe le grida in forma di prelegge. Però un rimedio c’è, basta volerlo. Come prossimo ministro, Renzi ha bisogno di un ostetrico.



Per grazia siete salvati mediante la fede

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni 2,4-10

Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

Il discorso a Nicodemo

Dal Vangelo secondo Giovanni 3,14-21

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

domenica 8 marzo 2015

Una abbondante ricompensa

Nulla, nemmeno la più piccola fatica, nemmeno la più piccola sofferenza, abbracciata per la gloria di Dio, sfuggirà ad una abbondante ricompensa, e questo per l’eternità intera... San Massimiliano Kolbe

venerdì 6 marzo 2015

Il vocabolario al femminile

BOLDRINI VUOLE IL VOCABOLARIO AL FEMMINILE
Alessandra Longo per “la Repubblica”

Mai più «signor presidente» ma «signora presidente; mai più «signor ministro» ma «signora ministro»; mai più «signor capogruppo» ma «signora capogruppo». La presidente della Camera Laura Boldrini scrive una lettera ai deputati, al «caro collega» e «alla cara collega», in cui invita, ancora una volta, ma in maniera più perentoria, ad usare la declinazione al femminile.

Per Boldrini è un tema sensibile, non un capriccio: «Tra i tanti diritti, a cominciare dal lavoro che manca, a un welfare degno di questo nome, le donne hanno anche il diritto ad essere definite rispetto al genere di appartenenza, di non essere espropriate della loro identità quando ricoprono dei ruoli che storicamente sono stati riservati agli uomini e dunque declinati al maschile».

L’appello a voltare pagina è «rappresentato anche alla segretaria generale della Camera», responsabile della pubblicazione dei resoconti parlamentari. Resoconti che sovente violano il principio della parità di gender. Alla vigilia dell’8 marzo, approfittando di un convegno sul linguaggio di genere, la battaglia della presidente si riaccende, con la massima approvazione da parte della signora vicepresidente del Senato Valeria Fedeli che annuncia intenzioni analoghe a Palazzo Madama.

Ereditato il posto di Gianfranco Fini, Laura Boldrini fece cambiare subito la carta intestata (era scritto: il presidente). Questione vecchia, obiettivo alto: «Adeguare il linguaggio parlamentare al ruolo istituzionale, sociale e professionale assunto dalle donne». Dal web arrivano ora proteste e insulti: «Certo che hai un sacco di lavoro da fare per pensare a queste s.».

E ancora: «Brava e intelligenta!». Lei tira avanti, abituata alla «misoginia» dei social di cui è stata più volte bersaglio. Il termine al femminile sarebbe cacofonico? «Affermazione da smontare — dice Boldrini — la lingua evolve con la società. E’ brutto dire la sindaca, l’assessora ma va benissimo dire la maestra, la contadina... smontiamola questa cosa!».

Una parte del mondo femminile è prudente forse perché ministro evoca più attributi metaforici di ministra, forse perché secoli di estromissione dai ruoli di vertice hanno reso le donne «conservatrici nella lingua». Andando a spulciare i resoconti parlamentari, ci imbattiamo negli interventi di Giorgia Meloni, Michaela Biancofiore, Nunzia De Girolamo. Si rivolgono tutte a Boldrini con un tuonante «signor presidente!».

Mara Carfagna è in linea: «Non mi sono mai offesa quando mi chiamavano ministro. Il linguaggio è importante ma le priorità sono altre». «A quelli che mi dicono che “i problemi sono altri”, che “non è questo è il momento” — ribatte ferma la presidente — rispondo che tutto si tiene: l’immagine, la parola, il riconoscimento delle donne e il loro ruolo nella società. Se rimandiamo sempre, il momento non viene mai».

Quindi tutti/tutte in riga. L’Accademia della Crusca sembra appoggiare la “necessaria” rivoluzione. Leggete l’analisi di Cecilia Robustelli sull’«androcentrismo» linguistico. L’ostilità al nuovo? Nasce anche da una valutazione estetica: ministra è considerato meno bello di ministro; ingegnera fa davvero i brividi. Tuttavia dietro queste ritrosie, secondo la professoressa Robustelli, si celano «ragioni di tipo culturale».

A farla breve, il mondo è ancora maschio. Altro che «impuntatura tardofemminista». Boldrini invidia la Francia dove la signora presidente dell’Assemblea nazionale francese, Sandrine Mazetier, ha inflitto una multa da 1378 euro a un deputato che continuava ostinatamente a chiamarla «il presidente».

2 - DAI MONITI SUL JOBS ACT AL CONFLITTO COL PREMIER: IL PROTAGONISMO DELLA PRESIDENTE LAURA
LAURA BOLDRINI 3
Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”

Fare il presidente della Camera non è per niente facile, in Italia, perché non si capisce se si tratta ancora di una repubblica parlamentare, o se già divenuta presidenziale, o se magari nel frattempo si è insediato un caotico miscuglio di forme istituzionali, comunque aperto alle meraviglie e alle nequizie del possibile.

In quest’ultimo caso, che poi appare forse come il più plausibile, ampio spazio si conquistano le risorse spettacolari e dell’immaginario. Così se ieri il presidente del Consiglio Renzi ha detto all’ Espresso che Laura Boldrini a suo parere «è uscita dal suo perimetro di intervento istituzionale», e lei non gli ha (ancora) risposto, magari è bene sapere che dopodomani, domenica 8 marzo, festa della donna, nella sala della Regina e nel quadro dell’iniziativa «Montecitorio a porte aperte», insieme alla presidente della Camera dei deputati interverrà l’attrice Gabriella Germani, che della Boldrini è la più nota imitatrice (radiofonica, nel programma di Fiorello).

La performance ha come titolo: «Gabriella e le sue donne». Germani simulerà dinanzi al pubblico altre figure della vita pubblica italiana, Meloni, Santanché, Finocchiaro, Mussolini e così via. Rispetto al severo richiamo del premier può sembrare una questioncina di colore o d’intrattenimento.

Sennonché, come Renzi sa meglio di chiunque altro, al giorno d’oggi la conquista dell’attenzione vale quanto la sostanza politica, anzi a volte fa parte della medesima e non di rado vi si identifica secondo le logiche di una personalizzazione portata alle estreme conseguenze.

In questo senso si può aggiungere che quando l’iniziativa è stata discussa al vertice degli organi di autogoverno della Camera, il vicepresidente Simone Baldelli, di Forza Italia, che a suo tempo più e più volte, anche vestito da donna, pure in pubblico e perfino su YouTube, ha prodotto una discreta imitazione di Boldrini, ecco, si è un po’ dispiaciuto, o ingelosito, e comunque non ha escluso di farsi vedere anche lui nella Sala della Regina.
Quasi infinite sono dunque le vie del protagonismo e ben tre Boldrini, sommate all’avvertimento renziano, qualcosa senza dubbio segnalano.

Con scrupolo forse degno di migliori analisi, gli osservatori della politica si stanno ormai abituando a tenere e a vedere insieme l’alto e il basso, le questioni pesanti e le scorrerie nella leggerezza. I rilievi, per dire, sul Jobs act e l’altolà sulla decretazione d’urgenza in campo Rai e la fotografatissima partecipazione della presidente della Camera alla benedizione degli animali, fra i quali il gatto di casa, a nome Gigibillo (deciso in un referendum su Facebook).


Ora, a parte i felini domestici, è abbastanza chiaro che il governo ha fretta e gli secca parecchio che il Parlamento rivendichi il diritto di legiferare e in vari modi si metta di traverso - sia pure in modo non risolutivo come dimostrano ghigliottine, tagliole e canguri.
Ma l’impressione è che Boldrini, da qualche tempo, non solo sta cambiando suo profilo personale, per così dire. Più loquace, meno ingessata, meno spaventata.

Ma in questo processo ha capito che a lei, più che ad altri, spetta il compito di ricordare a chi di dovere che l’Italia, per ora, resta appunto una Repubblica parlamentare; e che tale forma, al di là della necessità di far presto, si rispecchia pur sempre in una quantità di corpi intermedi. I quali ritarderanno pure le grandi riformissime renziane, però, diamine, non è che sia obbligatorio abbandonarsi all’«uomo solo al comando».

Lei l’ha detto e lui, che è fumantino e non prova alcuna simpatia personale (la notte dell’ostruzionismo, mentre presiedeva, non ha esagerato in saluti) la ha inserita nella lunga lista dei personaggi di cui diffidare e in futuro da sistemare a puntino.

Cosa sia intervenuto, oltre al contesto e alle circostanze, in questo cambiamento è già più difficile da analizzare. Forse il cambio della Segreteria Generale di Montecitorio l’ha resa più sicura; forse l’elezione di Sergio Mattarella, professore di diritto parlamentare, sul Colle le consente di guardare al suo ruolo con maggiore energia e a svolgerlo secondo una logica che in senso lato non può che risultare più politica.

Forse ha capito che è arrivato il momento di essere più se stessa. Forse sente di dovere di esserlo. Forse altro. Certo i precedenti consigliano la massima prudenza. Pivetti, Violante, Casini, Bertinotti e Fini non sono un prezioso esempio, o magari sì. Fare il presidente, nel frattempo, è difficile. Ma non farlo può essere peggio.


La peggior forma di governo

  " La democrazia è la peggior forma di governo, fatta eccezione per tutte le altre fino ad ora sperimentate " Winston Churchill a...