venerdì 10 novembre 2017

È una tragedia

IERI mattina alle 12, quando Romano Prodi è sceso dal Frecciargento che lo portava da Bologna a Roma, ad accoglierlo al binario 3 ha trovato un operaio in tuta arancione che lo ha inseguito speranzoso: "Professo', così nun potemo annà avanti...". Il lavoratore è in buona compagnia, è solo l'ultimo a strattonare l'ex premier, il fondatore dell'Ulivo, a chiedergli un impegno diretto per evitare che il Pd e il centrosinistra si infrangano alle elezioni del 2018 sulla catastrofe della divisione annunciata.

Prodi è a Roma, ieri un giro intorno alla Camera, una tappa dal barbiere, qualche incontro riservato. Oggi parteciperà a un dibattito sull'Europa con il ministro Carlo Calenda e il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, aperto da Paolo Gentiloni. Convegni, seminari, presentazioni di libri. Niente politica, però. Il Professore resiste, è sfuggito al pressing della minoranza Pd di Andrea Orlando che gli chiedeva una presa di posizione dopo il
risultato delle elezioni siciliane: "Se dicessi anche una sola sillaba verrebbe interpretato come un mio desiderio di tornare in campo". In privato, confida la sua preoccupazione. "È una tragedia", dice agli amici più stretti. Parla dell'Italia, non del Pd, ma chissà che le due cose non coincidano. "Quale progetto ha l'Italia in Europa, nel Mediterraneo? Ne parlerà qualcuno nella prossima campagna elettorale? Qualche giorno fa un investitore di un importante fondo di Singapore mi domandava notizie su quello che succederà, ma tutto questo nel dibattito non entra, non esiste".

La tenda prodiana resta piantata lontana dalle vicende interne del centrosinistra. Almeno in apparenza. In realtà, c'è stato un momento prima dell'estate che sembrava potesse realizzarsi l'operazione nuovo Ulivo: un listone con il Pd di Matteo Renzi, la formazione di Giuliano Pisapia e gli scissionisti di Mdp (escluso D'Alema) per puntare al premio di maggioranza che sarebbe scattato superando la soglia del 40 per cento, prevista nella legge elettorale in vigore in quel momento, il Consultellum. Del nuovo Ulivo Prodi avrebbe fatto il padre nobile. Di questo avevano parlato il Professore e Arturo Parisi con Renzi il 16 giugno, l'ultimo faccia a faccia tra l'ex premier e il segretario del Pd. Renzi si era impegnato a tentare, poi è calato il gelo. La tenda di Prodi si è allontanata. E il Professore ha cominciato ad assistere con pari disincanto agli altri tentativi di cui pure qualcuno gli attribuisce la paternità: Pisapia e la sua lunga assenza dalla scena, Bersani e la sua voglia di rivalsa su Renzi, un'ipotetica lista europeista di Emma Bonino. L'approvazione del Rosatellum ha fatto il resto: "Non ci saranno coalizioni, ma al massimo apparentamenti ", osserva deluso Parisi. "Ci riproveranno a chiedere l'appoggio di Romano. Ma non c'è più tempo. E non c'è fiducia. Renzi non si fida troppo di noi e noi non ci fidiamo di lui", dice un prodiano di rango. Per ora, dunque, Prodi resta fuori. Al pari degli altri nomi che contano del ristretto club dei fondatori del Pd: Walter Veltroni, Enrico Letta.


fonte: Repubblica.it, 9 novembre 2017

mercoledì 8 novembre 2017

Maria Maddalena nella Legenda Aurea


Il 22 luglio si celebra una delle sante più popolari in assoluto. Si è fatto un gran parlare di lei fin dai primi secoli della cristianità. Già da IV secolo, presso i greci, come testimoniano le omelie di san Giovanni Crisostomo e di Gregorio di Nissa, era ricordata con le sante donne che al mattino di Pasqua, quand'era ancora buio, corsero al sepolcro con gli aromi per completare la sepoltura del Signore Gesù. La seconda domenica dopo Pasqua era detta, appunto, «domenica delle mirrofore». In Palestina, a Betania, si ritrovano tracce del culto a Maria sorella di Lazzaro, che san Leone Magno fu tra i primi ad identificare con Maria Maddalena. Due santuari dedicati particolarmente a questa santa si trovano ad Efeso e Costantinopoli. Efeso vantava di essere in possesso della tomba della Maddalena, deposta in una caverna. Così ne parla il Sinassario Costantinopolitano ponendo la grotta della sua sepoltura a Efeso e associandola alla grotta dove trovarono rifugio i sette dormienti: Massimiano, Malco, Marciano, Dionisio, Giovanni, Serapione e Costantino. Questi, come narra la leggenda, si addormentarono per 159 anni sfuggendo alla persecuzione di Decio. Fonte di questa leggenda, e di quella legata a santa Maria Maddalena, è il celebre testo di Jacopo a Varagine (o da Varazze), vescovo di Genova del XIII secolo dal titolo Legenda Aurea, in cui sono narrate vita e gesta di innumerevoli santi. 

Alla vita della Maddalena così come la racconta Jacopo da Varazze è dedicata una vetrata della cattedrale di Charter, mentre un affresco di Giotto sintetizza mirabilmente tutta la vicenda. 

Nel bel mezzo del mare minaccioso una piccola barca senza remi sembra abbandonata al capriccio delle onde. Se nonché, seguendo la direzione dello sguardo della Maddalena e di un altro dei sei personaggi a bordo, ci si accorge che una misteriosa provvidenza vigila sulla rotta di quella imbarcazione precaria. Due angeli sembrano trainare, con la forza della loro presenza, la barca verso il porto, del quale si distinguono bene il faro e l‘attracco.
Secondo la Legenda Aurea, dopo che i discepoli furono partiti per evangelizzare il mondo, la Maddalena, per ordine di Pietro, fu affidata alle cure di san Massimino, uno dei settanta discepoli del Signore. Avvenne però che, tanto san Massimino, che la Maddalena, il fratello Lazzaro, la sorella Marta, Marcella serva di Marta e Sardonio il cieco nato guarito da Gesù, furono catturati insieme ad altri cristiani e condannati a morte. I miscredenti caricarono la Maddalena e i suoi cinque compagni sopra una barchetta senza né remi né timone e li abbandonarono ai marosi affinché affogassero. Dio però, vegliava su di loro e per mano di angeli li condusse a Marsiglia. Qui la Maddalena conobbe il Principe del luogo il quale, per propiziarsi gli dei, stava sacrificando agli idoli chiedendo di guarire la moglie dalla sterilità. Maria Maddalena lo supplicò di non farlo e parlò al Principe e alla consorte di Cristo, il Signore dei signori e del Padre suo, Dio degli dei. Il Principe e la moglie si lasciarono convincere affascinati com‘erano dal parlare infuocato di quella straniera. Poco dopo la Principessa restò in cinta e decisero così di salpare da Marsiglia alla volta di Roma per incontrare l'apostolo Pietro del quale tanto aveva raccontato la Maddalena. Lungo il tragitto però il Bambino morì e con lui anche la Madre. Il Principe, per non abbandonare la moglie in pasto ai pesci del mare, lasciò il suo corpo inerte su una spiaggia e continuò il viaggio verso Roma. Qui narrò a Pietro dell‘accaduto, l‘incontro con Maria di Magdala e la sorte toccata alla giovane moglie e al figlioletto che portava in grembo. Pietro lo confortò e lo portò con sé a Gerusalemme facendogli conoscere tutti i luoghi dove era passato il Signore Gesù. Dopo due anni il Principe fece ritorno, ma giunto nei pressi della spiaggia dove aveva abbandonato il corpo della moglie, vide un bimbetto correre lungo il mare e gettare sassi verso la nave. Il Principe attraccò e, con grande stupore si accorse che era proprio suo figlio, il quale si nutriva al seno della madre, nonostante questa giacesse senza vita. Allora il Principe capì che quel miracolo glielo aveva ottenuto Maria Maddalena e come la invocò, attribuendole in segno di gratitudine la maternità di quel figlio, la moglie incominciò a respirare e a riprendere vita.
L'affresco di Giotto sintetizza tutta la vicenda immortalando il momento in cui il Principe attracca all‘isolotto e scorge il corpo incorrotto della moglie nel quale si scorge il viso di un Bimbo rifugiato nel manto materno.

Questi tratti, del tutto leggendari, si mescolano con una seconda leggenda legata alla dinastia dei merovingi, secondo la quale il capostipite, di nome Mervee, nacque da un atto di violenza del mostro marino Quintotauro nei confronti della madre di Mervee, appunto. L‘assonanza del nome Mervee con quello di Maria Magdala fece il resto: Mervee divenne figlio della donna di Palestina nato dalla sua relazione con Gesù. Il fortunoso viaggio fino a Marsiglia fece sì che proprio in Francia avesse origine la vera stirpe di Sangue reale (Sang Real da cui SanGraal...)

Il tema della relazione di Cristo con Maria di Magdala lo si deve a una lettura del tutto distorta dell‘apocrifo vangelo di Filippo. Questo Vangelo, nato circa duecento anni dopo i Vangeli canonici, è sorto in un contesto di sette gnostiche che vietavano il matrimonio, nutrendo grande disprezzo nei confronti della corporeità. Il testo completo è stato rinvenuto nel 1945 a Nag Hammadi, ma alcuni frammenti erano noti fin dall‘antichità. 
Il Vangelo di Filippo così parla della Maddalena: “Tre donne camminavano sempre con il Signore: Maria sua madre, Maria la sorella di lei e la Maddalena, la quale è detta sua compagna. Maria, in realtà, è sorella, madre e coniuge di lui” (versetto 32).E ancora al versetto 55: “La Sofia detta sterile è la madre degli angeli; la compagna di Cristo è la Maddalena. Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli e la baciò più volte sulla bocca. Le altre donne, vedendo il suo amore per Maria, gli dissero: Perché ami lei più di noi tutte? Il Salvatore rispose loro: Come mai io non amo voi come lei?”
L‘antica Sofia, madre del mondo materiale (negli angeli si devono vedere i corpi celesti: pianeti costellazioni ecc.) è ormai sterile, al suo posto sta la vera Sofia, quella che esce dalla bocca del creatore ed è sposa dell‘anima di Cristo. Questa Sofia viene identificata con la Maddalena, la cui corporeità, come del resto quella di Cristo, è pura apparenza. Dalla corporeità - secondo il Vangelo di Filippo - è necessario, dunque, liberarsi ed entrare in un rapporto con Cristo del tutto spirituale, proprio come quello della Maddalena.
Da una lettura distorta di questo testo, ignara (o volutamente incurante) di certe teorie gnostiche, è nata la leggenda della relazione tra Cristo e la Maddalena che avrebbe generato la vera stirpe cristiana. Tracce del culto gnostico della Maddalena si possono ritrovare nelle basiliche paleocristiane di Cimitile (Napoli).

Se la Legenda Aurea, come altri testi spirituali quali quello del IX secolo di Rabano Mauro, arcivescovo di Magonza, hanno influenzato l'iconografia di Maria di Magdala, la lettura distorta del Vangelo di Filippo (e la sovrapposizione a questo di altri testi leggendari) ha avuto molta fortuna producendo una ricca letteratura, compreso il purtroppo celebre romanzo su un presunto codice da Vinci.

fonte:Suor Maria Gloria Riva,  www.culturacattolica.it

mercoledì 18 ottobre 2017

La povertà

L’attualità del pensiero francescano sulla povertà

Chi si occupa di storia francescana può avere serie difficoltà nell’interpretare oggi l’ideale di vita povera. In verità, tenendo conto del passato, uno storico dovrebbe saper dare risposte obiettive, illustrare cosa la fraternità del XXI secolo intenda ora per profitto derivato dal lavoro e dalle offerte, spiegare quale sia l’identità che differenzia la vita povera subita da quella che si propone come scelta etica e in che senso l’opzione per una società francescanamente “povera” può portare un guadagno alla stessa. 

Chi si occupa di storia non dovrebbe esitare nel fornire definizioni, per così dire, scientifiche o perlomeno oggettive facendo riferimento ai molti studi che si sono susseguiti fin dal tardo Medioevo sulle concezioni economiche dei teologi francescani. Dopo la morte del santo, infatti, iniziarono complessi dibattiti nell’ambito della comunità francescana sull’uso povero del denaro. Questioni che si protrassero per secoli portando i ricercatori ad ipotizzare che le moderne idee di libero mercato, di capitalismo, nacquero addirittura con i primi discepoli di Francesco. 

Ma lo storico di oggi ha ben altra responsabilità morale e non solo di fronte alla sua piccola comunità di lettori ma rispetto all’intero genere umano che subisce la povertà di una civiltà depredata dei suoi valori. Per il livello di progresso a cui siamo arrivati è intollerabile assistere a ciò che la quotidianità, a causa degli infimi sistemi finanziari, del “valore” di scambio e ricatto della moneta, mostra con crudezza ai nostri occhi: assenza di lavoro, terrorismo, paura, morte, corpi di bambini dilaniati da bombe e accatastati come in un mercato infernale, rigidi, con l’ultimo sguardo rivolto a chiedere perché l’umanità sia divenuta povera come non mai. Un’umanità che è continuamente impoverita di sogni. 

Ma allora la povertà è positiva o negativa? Chi si occupa di storia non può accettare, oggi, giustificazioni retoriche del tipo «L’uomo cerca il male ciclicamente, non c’è da meravigliarsi se la povertà si subisce e non si sceglie. Perché è solo il male che modella le geografie economiche dell’umanità». Questo è falso: la povertà francescana può rivoluzionare il sistema di un mondo in cancrena. Sì, scegliendo la “ricca” povertà che è sposa del santo di Assisi e dei suoi frati. La Bellezza di Francesco e dei suoi compagni è di aver puntato ad un ideale morale di povertà, al di là di una questione economica.

Sono i pauperes di Francesco, saranno i bambini siriani colpiti dai recenti attacchi chimici a diventare paladini e nuovi cavalieri cortesi della civiltà. Chi si occupa di storia sa che nel condurre questo esercito di pace verso la strada giusta c’è anche un trovatore, un poeta, un giullare armato di saio e carico di rivoluzioni nel cuore. Qualche giorno fa, a Roma, in Piazza del Popolo, sono rimasto meravigliato da alcuni bimbi che giocavano a farsi colpire da bolle di sapone. I colpevoli dei recenti bombardamenti nella provincia siriana di Idlib forse non sapevano che solo alle bolle di sapone è concesso il diritto di colpire un bambino. 

Francesco d’Assisi, oggi, ci rassicurerebbe col dirci che torneranno i prati, anche per i bimbi di Idlib, che esiste un modo d’essere ricchi di ciò che è bene per tutti, che c’è una via per essere finalmente poveri dell’inutile. La giusta povertà è francescana.

MARCO IUFFRIDA , San Francesco Patrono d'Italia




La lebbra

LA CHIAVE DI TUTTO, IL TESTAMENTO DI FRANCESCO

E’ davvero straordinario come, in confronto ad esempio del Cantico delle Creature – senza dubbio una delle poesie più belle che siano mai state scritte al mondo -, si legga ancora poco, e meno si mediti, quello straordinario documento che è il Testamento di Francesco. 

Si continua a discutere a proposito della conversione di Francesco e delle relative circostanze: eppure è molto difficile riuscire a comprendere sino in fondo, a cogliere il nucleo e la chiave di tutto contenuti in queste semplici parole, pure e cristalline come l’acqua di fonte: “Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore mi condusse tra loro e usai con essi misericordia”

Dicono che in una sola goccia v’è un universo, milioni di mondi, miriadi di sistemi solari. Così in queste poche parole. Anzitutto lo sconfinato amore e la straordinaria predilezione di Dio; e il dono della penitenza, lo strumento che apre ogni porta, che prosciuga i mari e spiana le montagne.

La penitenza è come la rete gettata dalla sponda della barca dei pescatori del lago di Genezareth: l’anima, povero pesciolino ignaro, non sa niente, ma il groviglio delle forti fibre la ghermisce ed essa si ritrova là dove pensava ci fosse la morte, rovesciata con i suoi compagni sulle ruvide assi del ponte. Solo che, là dov’era convinta di trovare la morte, s’imbatte invece nella Vita più vera. Quella Vita è la misericordia. Doveva esser baldo e coraggioso, il giovane Francesco di Bernardone. Certo non temeva la morte: lo aveva dimostrato, là sulla piana tra Perugia e Assisi, quando lo avevano preso prigioniero. Dicono che restasse fiero e allegro, che facesse coraggio agli altri. Forse pensava a Rolando ferito che impugna Durendal di chiaro e puro ferro, che suona il suo corno da caccia sino a farsi scoppiare le vene delle tempie. E’ dolce la morte del cavaliere, quando gli angeli scendono a raccogliere il guanto ch’egli offre loro in segno di fedeltà a Dio e lontano, nelle quiete stanza di un’alta rocca, c’è una ragazza che piange e che prega che lui torni… …ma non così, non così! Oh Signore Dio degli Eserciti, dammi la bella morte attorniato dai tuoi nemici, dai cani saraceni, dai barbari mostruosi, dammi la morte che sa di sudore e di sangue, che odora dell’erba dei prati calpestati dagli zoccoli dei destrieri e dell’afrore del cuoio delle selle! 

Ma allontana da me quella morte, l’orrore del corpo che si liquefa in pus e croste orribili, la cancrena degli arti che cadono, la carne livida di marciume e tanto sofferente da non avvertire più nemmeno il morso del ferro tagliente, lo schiaffo del fuoco atroce! Ed ecco che invece è tutto diverso. Il Signore ti ha preso per mano, Francesco di Bernardone, e ti ha condotto in mezzo ai fratelli lebbrosi. E quel che ti pareva amaro ti è apparso dolce, e quel che ti faceva ribrezzo e orrore si è trasformato in una coltre di rose, in un profumato mare di spezie preziose. La misericordia che hai provato una volta per tutte e che poi hai continuato a provare per sempre, frate Francesco, è la formula magica che domina il mondo, che schiude i fiori e matura i frutti, che attrae verso le gemme chiuse nel ventre della terra la potenza virtuosa degli astri e che dall’amore di un uomo e di una donna sa generare nuova vita. “L’Amor, che mòve il sole e l’altre stelle”.

Franco Cardini per San Francesco Patrono d'Italia

lunedì 2 ottobre 2017

Il Papa ai Sindaci

Accogliere, integrare e dialogare. Papa Francesco torna a indicare alcune strade maestre da percorrere nell'accoglienza dei migranti, fenomeno che in questi ultimi anni scuote soprattutto l'opinione pubblica europea. Lo ha fatto nel discorso che ha rivolto alla delegazione dell'Associazione nazionale comuni italiani (Anci) ricevuta questa mattina nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Un intervento breve, ma intenso, su un tema che a papa Francesco sta molto a cuore. "La città di cui vorrei parlarvi riassume in una sola le tante che sono affidate alla vostra responsabilità - ha esordito il Papa -. È una città che non ammette i sensi unici di un individualismo esasperato, che dissocia l’interesse privato da quello pubblico. Non sopporta nemmeno i vicoli ciechi della corruzione, dove si annidano le piaghe della disgregazione. Non conosce i muri della privatizzazione degli spazi pubblici, dove il “noi” si riduce a slogan, ad artificio retorico che maschera l’interesse di pochi".
"Un sindaco - ha detto ancora Francesco - deve avere la virtù della prudenza per governare, ma anche la virtù del coraggio per

andare avanti e la virtù della tenerezza per avvicinarsi ai più deboli". "Vi auguro di potervi sentire sostenuti dalla gente per la quale spendete il vostro tempo, le vostre competenze, quella familiarità del sindaco con il suo popolo, quella vicinanza, se il sindaco è vicino la cosa va avanti, sempre".

Custodire la passione del bene comune

Per costruire e servire una città "serve un cuore buono e grande, nel quale custodire la passione del bene comune". Ecco allora che "non bisogna alzare ulteriormente la torre, ma di allargare la piazza, di fare spazio, di dare a ciascuno la possibilità di realizzare sé stesso e la propria famiglia e di aprirsi alla comunione con gli altri". Anzi, il Papa consiglia i sindaci di "frequentare le periferie, quelle urbane, quelle sociali e quelle esistenziali. Il punto di vista degli ultimi è la migliore scuola, ci fa capire quali sono i bisogni più veri e mette a nudo le soluzioni solo apparenti". C'è dunque bisogno di "una politica e di una economia nuovamente centrate sull'etica: quella della responsabilità, delle realzioni, della comunità e dell'ambiente".

Migranti, superare le paure

Il Papa non si nasconde che "molti vostri concittadini avvertono un disagio di fronte all'arrivo massiccio di migranti e rifugiati. Ecco trova spiegazione dell'innato timore verso lo straniero, un timore aggravato dalle ferite dovute alla crisi economica, dall'impreparazione delle comunità locali, dall'inadeguatezza di molte misure adottate in un clima di emergenza". Ma tale disagio, aggiunge ancora Francesco, "può essere superato attraverso l'offerta di spazi di incontro personale e di conoscenza mutua". Un invito rivolto a tutti i comuni italiani, anche se il Papa si è rallegrato del fatto che "molte delle amministrazioni qui rappresentate possono annoversarsi tra i principali fautori di buone pratiche di accoglienza e di integrazione". E lascia agli amministratori un compito: aiutare a guardare con speranza al futuro, perché questo fa emergere "le energie migliori di ognuno, dei giovani prima di tutto".

Decaro: parole che ci incoraggiano

Di fronte alla sfida del cambiamento e delle migrazioni "spesso ci capita di avere paura. Spesso vorremmo tornare indietro - commenta il presidente dell'Anci Antonio Decaro -. Soprattutto quando ci sentiamo soli", ma "con la Sua parola, non lo saremo mai". "Questa incontro, ci consente di guardare avanti con più fiducia e più coraggio".

fonte: Avvenire, 30 settembre 2017

domenica 20 agosto 2017

Sovranità popolare

Non ho ricordato Giovanni Sartori in occasione della sua scomparsa il 4 aprile di quest’anno ma avevo coltivato con lui una lunga amicizia fatta di umane intese e di idee condivise con assoluta laicità, o, meglio di scetticismo sul destino dell’uomo. Ritrovo ora una sua intervista di Luigi Mascheroni che, dopo gli ultimi episodi di Barcellona, è di sorprendente attualità: «Quando si arriva all’uomo ‘bomba’, significa che lo scontro è arrivato alla fine». Continua Sartori: «Illudersi che si possa integrare pacificamente un’ampia comunità musulmana fedele a un monoteismo teocratico che non accetta di distinguere il potere politico da quello religioso con la società occidentale democratica, è l’equivoco da cui si è scatenata la guerra».



 «Perché l’Islam che negli ultimi venti-trent’anni si è risvegliato in forma acuta è un Islam incapace di evolversi. È un monoteismo teocratico fermo al nostro Medioevo». Non si può immaginare un dialogo come evocano il Papa, la Boldrini, e tanti intellettuali. Sartori è lucidissimo e potenzia il pensiero della Fallaci: «Le società libere, come l’Occidente, sono fondate sulla democrazia, cioè sulla sovranità popolare. L’Islam invece si fonda sulla sovranità di Allah. E se i musulmani pretendono di applicare tale principio nei Paesi occidentali il conflitto è inevitabile».

L’integrazione è una illusione: «Se l’immigrato arriva da noi e continua ad accettare tale principio e a rifiutare i nostri valori etico-politici significa che non potrà mai integrarsi. Infatti in Inghilterra e Francia ci ritroviamo una terza generazione di giovani islamici più fanatici e incattiviti che mai».


Ed è inutile e ridicolo evocare il muliculturalismo: «Il multiculturalismo non esiste. I musulmani nel privato possono e devono continuare a professare la propria religione, ma politicamente devono accettare la nostra regola della sovranità popolare, altrimenti devono andarsene».

Cosa serve? «Regole. L’immigrazione verso l’Europa ha numeri insostenibili. Chi entra, chiunque sia, deve avere un visto, documenti regolari, un’identità certa. I clandestini, come persone che vivono in un Paese illegalmente, devono essere espulsi. E chi rimane non può avere diritto di voto. Ho vissuto trent’anni negli Usa. Avevo tutti i diritti, non quello di voto’’.


E su migranti e barconi Sartori anticipa Minniti: «Nello stadio di guerra non si rispettano le acque territoriali. Si mandano gli aerei verso le coste libiche e si affondano i barconi prima che partano. Ovviamente senza la gente sopra. È l’unico deterrente all’assalto all’Europa. Due-tre affondamenti e rinunceranno. Così se vogliono entrare in Europa saranno costretti a cercare altre vie ordinarie, più controllabili».

fonte: Il Resto del Carlino, Vittorio Sgarbi

giovedì 13 luglio 2017

La differenza tra Italia e Svizzera

Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù.

Orson Welles, "Il terzo uomo" (1949)

domenica 21 maggio 2017

I francescani di oggi


"Reddito di cittadinanza, per l'Italia unica speranza. Onestà e dignità subito": con questo slogan cantato dalla testa del corteo è partita poco dopo le 11.30 la marcia Perugia-Assisi per il reddito di cittadinanza organizzata dal Movimento 5 Stelle. Nel corteo, circa 1.500 persone (50 mila secondo gli organizzatori) arrivate da tutta Italia, ci sono anche Beppe Grillo e Davide Casaleggio, i massimi esponenti del M5S. "Questa è una marcia simbolica per dimostrare che il problema non è solo questione di soldi ma è di dignità. Chi riceve il reddito di cittadinanza non risolve un problema economico ma psicologico. Oggi il problema è l'invisibilità delle persone: le istituzioni sono scomparse", ha detto Grillo mettendosi in cammino.  "Io ieri sono andato a parlare con i francescani. Siamo noi i francescani di oggi", ha aggiunto.


Affermazione, quest'ultima di Grillo, che ha fatto scattare subito la scarcastica replica a distanza di Matteo Renzi.  "Non ho niente contro francescani, anzi per carità di Dio volevo dare la solidarietà per l'accostamento che è stato fatto. Ma è curioso che si richiamino a esperienze come quelle, dei personaggi che non so quanto abbiano in comune con San Francesco e Santa Chiara", ha detto questa mattina il segretario del Pd nel corso del suo intervento alla scuola di politica del partito di Milano 'Pier Paolo Pasolini'. Sempre parlando a Milano, Renzi ha criticato anche la campagna grillina a favore del reddito di cittadinanza. "Devasta l'articolo 1 della Costituzione. Noi siamo per il lavoro che è dignità e non per l'assistenzialismo", ha detto l'ex premier.

fonte: La Repubblica



giovedì 27 aprile 2017

Riforma Madia: il parere del Consiglio di Stato

Arriva il parere “favorevole” del Consiglio di Stato alla riforma del pubblico impiego targata Madia, ma il sì è accompagnato da “osservazioni e raccomandazioni”. Fermo restando “l’apprezzamento generale” sarebbe stato “auspicabile un intervento ancor più organico e completo”, proprio perché ci sono “spiccati caratteri di innovatività”. Completezza necessaria a “non dar luogo a possibili difetti di coordinamento normativo” col rischio di “ostacolare il raggiungimento delle finalità perseguite”.
Il Consiglio di Stato nel suo parere sottolinea che si supera anche “una annosa querelle” sul diverso trattamento tra Pa e privati per quanto riguarda le tutele dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, in caso di licenziamento illegittimo. Con la riforma del pubblico impiego il Governo “nel consolidare a livello normativo il principio della cosiddetta tutela reale” ha recepito gli ultimi orientamenti giurisprudenziali, escludendo “l’applicazione delle regole del lavoro privato a quello pubblico per quanto attiene alla disciplina del licenziamento”. Per gli statali resta dunque il ‘vecchio’ articolo 18.
Nella nota di Palazzo Spada si apprezza “la particolare attenzione … nel perseguire i fondamentali obiettivi della riforma”, “finalizzati alla creazione di un apparato professionale qualificato ed adeguato, regolato dal merito e orientato al servizio, capace di interagire fattivamente con le esigenze dell’utenza, secondo una logica operativa di progressiva sostituzione dell”l’amministrazione per atti’ con ‘l’amministrazione di risultato’, dell’esercizio di un potere con l’erogazione di un servizio”. La riforma – secondo il parere – considera “l’utenza … come l’effettivo destinatario di ogni cambiamento e come titolare principale di un potere di controllo diffuso sul funzionamento della pubblica amministrazione”.
Ci sono però rilievi generali, come la mancata attuazione di alcune parti della delega ad esempio in materia di prove concorsuali che privilegino i casi pratici. Si chiede poi “l’esigenza di una ulteriore valorizzazione del titolo di dottore di ricerca” e si sottolinea “l’importanza di un adeguato monitoraggio sul funzionamento della riforma”, insieme al limitato investimento finanziario che l’accompagna.
Un “punto fondamentale” del disegno riformatore è indicato nel “superamento della tradizionale determinazione del fabbisogno delle amministrazioni ancorata alla dotazione organica e l’introduzione di un piano del fabbisogno effettivo del personale”. Quanto al lavoro flessibile, però, il Consiglio di Stato suggerisce l’introduzione di eventuali misure “sanzionatorie effettive, proporzionate e dissuasive” a fronte di un illegittimo ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato che, surrettiziamente, mascherino un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Accetta la deroga al concorso pubblico per la stabilizzazione dei precari, vista la situazione eccezionale, ma “raccomanda di puntualizzare e precisare le fattispecie di illeciti che conducono al licenziamento disciplinare e che sembrano maggiormente generiche”. Esprime “rilevanti perplessità” su “l’eliminazione totale di termini perentori” per portare a compimento l’azione disciplinare nella Pa, che come sanzione massima prevede il licenziamento: così facendo si espone “il dipendente al rischio di un esercizio dell’azione disciplinare arbitrario o addirittura ritorsivo”. Ecco che si suggerisce di fissare almeno inizio e fine dell’azione, come nel caso dei cosiddetti furbetti del cartellino. Pollice in su, infine, per le novità sulle visite fiscali.
fonte: Il domani d'Italia

sabato 15 aprile 2017

Pace e bene


Sono in molti a chiederci una spiegazione del saluto di Francesco "Pace e bene!" Quello che voglio proporre è un breve possibile itinerario dell'evoluzione di questo saluto. Prima dell'esperienza francescana si racconta, nella "Leggenda dei Tre compagni" delle Fonti, che un uomo, un ignoto cittadino di Assisi, usasse girare per la città e i borghi usando il saluto "pace e bene". 

 Successivamente, a Poggio Bustone si rammentano due episodi tramandati oralmente, il primo è il racconto di Francesco che andava, percorrendo le strade del luogo, silenziosamente. Per il Santo bastava la sola testimonianza. Poi, sempre a Poggio Bustone si racconta che Francesco, incontrando le persone pronunciasse tale saluto: "Buongiorno Brava Gente!". Di questi due aspetti ne dà testimonianza Luca Walding solo nel '600. 

 Il primo saluto di cui si scrive nelle Fonti Francescane è quello del "Il Signore ti dia pace" proprio negli scritti e, in particolare, in uno dei più importanti: il Testamento è lo stesso Francesco ad annunciare che "il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto". Questa è la prima e più importante testimonianza legata alla pace. L'altro passaggio che potrebbe aiutare alla codificazione del "pace e bene" è legato alla Chartula di Francesco conservata in Assisi dove, da una parte è proposta la benedizione di Francesco a frate Leone in cui echeggia la parola "pace": "Il Signore rivolga il suo sguardo su di te e ti dia la Pace!". 

Qui troviamo la confessione di Francesco rivolta a Dio "Tu sei il bene, il sommo bene!" in cui echeggia la parola "bene". Possiamo quindi dire che la Pace è quella che diamo ai fratelli attraverso il bene che Dio è per noi. Solo quando Dio è bene per noi possiamo essere strumenti di pace. Concludo con le Parole di Benedetto XIV a ottobre 2005: "Tutti abbiamo un’anima un po’ francescana". 

fonte: www.sanfrancescopatronoditalia.it

sabato 21 gennaio 2017

Prima l'America

Il discorso di insedimento  Donald J. Trump (20 gennaio 2017) 


Presidente della Corte Suprema, Presidente Carter, Presidente Clinton, Presidente Bush, Presidente Obama, americani e gente di tutto il mondo: grazie!

Noi cittadini americani siamo uniti nel formidabile sforzo nazionale di ricostruire il nostro Paese e di ripristinare le promesse per il nostro intero popolo. Insieme determineremo le sorti dell' America e del mondo per molti anni a venire. Affronteremo delle sfide, faremo i conti con momenti di difficoltà, ma ci riusciremo.

Ogni quattro anni, ci ritroviamo su questa scalinata per realizzare il passaggio pacifico e regolare dei poteri e siamo grati al Presidente Obama e alla First Lady, Michelle Obama, per l' aiuto garbato che hanno dato nel corso di tale passaggio. Sono stati fantastici.


Grazie. La cerimonia di oggi, però, ha un significato davvero speciale perché oggi non stiamo semplicemente effettuando un trasferimento di poteri da un' amministrazione a un' altra o da un partito a un altro, bensì stiamo trasferendo il potere da Washington, D.C., e lo stiamo restituendo a voi, popolo.

Per troppo tempo, un piccolo gruppo nella capitale della nostra nazione ha fatto propri i benefici del governo, mentre il popolo ne pativa i costi. Washington prosperava, ma il popolo non beneficiava della sua ricchezza. I politici prosperavano, ma i posti di lavoro venivano meno e le fabbriche chiudevano. Il sistema proteggeva se stesso, non i cittadini del nostro Paese.

Le loro vittorie non sono state le vostre vittorie. I loro trionfi non sono stati i vostri trionfi. E, mentre quella gente festeggiava nella capitale del nostro Paese, c' era poco da festeggiare per le famiglie in difficoltà nell' intera nazione. Tutto ciò cambia a partire da qui, fin d' ora, perché questo momento è il vostro momento: appartiene a voi. Appartiene a tutti quelli che oggi si sono radunati qui e a chiunque ci stia osservando da ogni punto dell' America.

Questo è il vostro giorno, questa è la vostra festa e questo Paese, gli Stati Uniti d' America, è il vostro Paese. Quello che davvero conta non è quale partito controlli il nostro governo, bensì che il nostro governo sia controllato dal popolo. Il 20 gennaio 2017 verrà ricordato come il giorno in cui il popolo è tornato a essere sovrano in questo Paese. Gli uomini e le donne dimenticati di questo Paese cesseranno di essere dimenticati. Ora tutti vi ascoltano.


Siete venuti a decine di milioni per entrare a far parte di un movimento di portata storica come il mondo non ne aveva mai visti prima. Al cuore di questo movimento sta una convinzione cruciale: che una nazione esiste per servire i suoi cittadini. Gli americani vogliono ottime scuole per i loro figli, quartieri sicuri per le loro famiglie e buoni posti di lavoro per se stessi. Si tratta di richieste giuste e ragionevoli da parte di un popolo retto e di un pubblico retto.

Ma per troppi dei nostri cittadini esiste una realtà diversa: madri e figli intrappolati dalla povertà dei nostri bassifondi urbani; fabbriche in stato di abbandono disseminate come tombe nel paesaggio della nostra nazione; un sistema scolastico in cui vengono riversati tanti soldi, ma che lascia i nostri giovani e splendidi studenti a corto di conoscenze; e il crimine e le gang e le droghe che hanno strappato troppe vite e che hanno privato il nostro Paese di un enorme potenziale inespresso.


Questo scempio americano deve interrompersi e si interromperà in questo preciso istante. Siamo una nazione e il loro dolore è il nostro dolore. I loro sogni sono i nostri sogni e i loro successi saranno i nostri successi. Abbiamo un solo cuore, una sola patria e un solo destino glorioso.

Il giuramento che oggi faccio è un giuramento di fedeltà a tutti gli americani. Per molti decenni, abbiamo arricchito industrie straniere a danno delle industrie americane; abbiamo sovvenzionato gli eserciti di altri Paesi, consentendo allo stesso tempo di impoverire il nostro sistema militare; abbiamo difeso i confini di altre nazioni, rifiutandoci di difendere i nostri; e abbiamo speso migliaia di miliardi all' estero mentre le infrastrutture americane finivano in rovina e in sfacelo.

Abbiamo arricchito altri Paesi mentre la ricchezza, la forza e la sicurezza del nostro Paese sparivano oltre l' orizzonte. Una a una, le fabbriche chiudevano i battenti e abbandonavano il nostro Paese, senza la minima riflessione riguardo ai milioni di americani che si lasciavano alle spalle. La ricchezza della nostra classe media veniva strappata alle loro case e ridistribuita in tutto il mondo. Ma quello è il passato. E ora noi guarderemo solo al futuro.

Noi che ci siamo riuniti qui oggi stiamo per imporre un nuovo ordine che verrà udito in ogni città, in ogni capitale straniera e in ogni aula del potere. D' ora in avanti, una nuova visione delle cose governerà la nostra terra. Da questo momento in poi, lo slogan sarà: prima l' America.


Ogni decisione sul commercio, sulle tasse, sull' immigrazione, sulla politica estera, verrà presa a vantaggio dei lavoratori americani e delle famiglie americane. Dobbiamo proteggere i nostri confini dalle devastazioni create da altri Paesi che producono i nostri prodotti, ci sottraggono le nostre aziende e distruggono i nostri posti di lavoro. Il protezionismo porterà grande prosperità e forza. Mi batterò per voi con tutta l' energia che ho in corpo e non vi deluderò mai. Mai.

L' America ricomincerà a vincere, a vincere come non mai. Riporteremo in patria i nostri posti di lavoro. Ripristineremo i nostri confini. Riporteremo in patria le nostre ricchezze. E faremo tornare i nostri sogni. Costruiremo strade nuove e statali nuove e ponti e aeroporti e tunnel e ferrovie in tutto il nostro splendido Paese.

Toglieremo la nostra gente dai servizi di assistenza sociale e le ridaremo un lavoro, ricostruendo il nostro con mani americane e forza lavoro americana. Seguiremo due semplici regole: comprare prodotti americani e assumere personale americano. Cercheremo amicizie e buoni rapporti con le nazioni del mondo, ma lo faremo nella convinzione che sia nel diritto di tutte le nazioni mettere al primo posto i propri interessi. Non cercheremo di imporre il nostro sistema di vita a nessuno, ma, piuttosto, lo faremo risplendere al punto da farne un esempio che chiunque possa seguire.

Rafforzeremo vecchie alleanze e ne formeremo di nuove e uniremo il mondo civilizzato contro il terrorismo del radicalismo islamico, che faremo scomparire dalla faccia della terra. E il fondamento della nostra politica sarà una devozione assoluta agli Stati Uniti d' America e, attraverso la lealtà al nostro Paese, riscopriremo la lealtà reciproca fra le persone.

Quando si apre il cuore al patriottismo, non c' è spazio per i pregiudizi.
La Bibbia ci dice: «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!». Dobbiamo esprimere apertamente le nostre idee, discutere in maniera onesta i nostri dissensi, ma sempre puntare alla solidarietà.

Quando l' America è unita, è assolutamente impossibile fermarla. Non dovrebbero esserci timori: siamo protetti e sempre lo saremo. A proteggerci saranno gli uomini e le donne formidabili delle nostre forze militari e della polizia e, soprattutto, Dio. Infine, dobbiamo pensare in grande e sognare ancor più in grande. In America, sappiamo bene che una nazione vive solo fintanto che lotta.


Non accetteremo più uomini politici che siano solo parole e niente azioni, che si lagnino costantemente senza mai far nulla al riguardo. Il tempo per i discorsi vuoti è finito. Ora arriva il momento dell' azione. Non lasciate che nessuno vi dica che è impossibile. Nessuna sfida è pari al cuore e alla combattività e allo spirito dell' America. Ci troviamo agli albori di un nuovo millennio, pronti a svelare i misteri dello spazio, a liberare la terra dalle miserie delle malattie e a governare a nostro vantaggio le energie, le industrie e le tecnologie del domani.

Un nuovo orgoglio nazionale scuoterà i nostri animi, ci farà puntare a obbiettivi più elevati e guarirà le nostre divisioni. È il momento di ricordare il vecchio adagio che i nostri soldati non scorderanno mai: ovvero che, indipendentemente dal fatto che siamo neri o bruni o bianchi, versiamo il medesimo sangue rosso dei patrioti, gioiamo delle stesse libertà gloriose e porgiamo i nostri omaggi alla stessa fantastica bandiera americana.

E, che un bambino nasca nell' ambiente urbano di Detroit o nelle pianure del Nebraska sferzate dal vento, avrà davanti a sé lo stesso cielo notturno, si riempirà il cuore degli stessi sogni e sarà permeato dall' alito vitale infuso dallo stesso Creatore onnipotente. Pertanto, americani di tutte le città vicine e lontane, piccole e grandi, da catena montuosa a catena montuosa, da oceano a oceano, udite queste parole: non sarete più ignorati. La vostra voce, le vostre speranze e i vostri sogni definiranno il destino dell' America.


E il vostro coraggio e la vostra onestà e il vostro amore guideranno sempre il nostro cammino. Insieme, renderemo di nuovo forte l' America. Renderemo di nuovo ricca l' America. Renderemo di nuovo orgogliosa l' America. Renderemo di nuovo sicura l' America. E, sì, insieme, renderemo di nuovo grande l' America. Grazie. Che Dio vi benedica. E che Dio benedica l' America.

Donald J. Trump

fonte: fonte ''Il Giornale'', traduzione a cura di Seba Pezzani

giovedì 5 gennaio 2017

Quando l'acqua sale, la barca si alza

Se ti imbatti in gravi difficoltà o in situazioni incresciose, non è sufficiente dire a te stesso che non ne sei turbato.
Devi spingerti ancora più avanti con audacia e rallegrartene, quasi dovessi superare una barriera.
Come dice il motto: "Quando l'acqua sale, la barca si alza".
                          
                                     Yamamoto Tsunetomo (1659-1721)

La peggior forma di governo

  " La democrazia è la peggior forma di governo, fatta eccezione per tutte le altre fino ad ora sperimentate " Winston Churchill a...