Galeotti furono i cellulari di servizio. I benefit della Casta che si sono ritorti in una prova di reato. E’ tramite i cellulari attribuiti dal Comune di Scafati (Salerno) al sindaco Pdl Pasquale Aliberti, ai suoi assessori e alla segretaria comunale Immacolata Di Saia, che la Procura di Nocera Inferiore
ha scoperto che le sedute di giunta si svolgevano in mancanza del
numero legale e qualche volta senza nemmeno la segretaria, attestando
falsamente la presenza di assessori assenti che avevano solo firmato un
foglio in bianco. Non era mai successo che un’inchiesta sull’assenteismo
si basasse sull’incrocio dei tabulati telefonici.
Come si è
arrivati a questa contestazione, che nel codice penale si chiama ‘falso
ideologico’? Spulciando i tabulati. Non quelli delle chiamate, o meglio
non solo. Bensì quelli, ben più rilevanti, delle celle dei ripetitori su
cui i telefonini erano agganciati nei giorni e negli orari di
approvazione delle delibere. In questo modo, si può risalire al luogo
dove si trova un cellulare (e il suo proprietario) circoscrivendolo a un
raggio di pochissime centinaia di metri. Nelle carte del fascicolo
curato dal pm Roberto Lenza ci sono i tracciati
ricavati dalla compagnia telefonica titolare del contratto con
l’amministrazione comunale di Scafati. Si scopre così che la Di Saia,
già segretaria comunale a Casapesenna (Caserta), mentre
nelle delibere risultava la verbalizzatrice delle sedute della giunta
di Scafati, il suo cellulare di servizio era agganciato a ripetitori del
casertano. Luoghi raggiungibili con un’ora almeno di automobile. E ci
sono tracciati e tabulati che dimostrerebbero che assessori
ufficialmente seduti in sala giunta a pochi metri di distanza l’uno
dall’altro, invece parlavano tra di loro al cellulare perché uno di essi
distava decine di chilometri.
E’ questo il retroscena clamoroso
di un’inchiesta che sta facendo tremare il Palazzo municipale di
Scafati, mentre il centrosinistra incalza e rimesta i rapporti tra la
giunta azzurra, un’impresa del settore rifiuti raggiunta da
un’interdittiva antimafia e una segretaria comunale che secondo
l’opposizione sarebbe stata designata su indicazione di colui che
continua a essere uno dei padroni del Pdl campano, il deputato di Casal
di Principe Nicola Cosentino.
Da lunedì a venerdì
sindaco, assessori e segretaria hanno sfilato davanti al pm Lenza che
voleva interrogarli come persone indagate. Si sono quasi tutti avvalsi
della facoltà di non rispondere. Ha fatto eccezione un componente della
giunta, che avrebbe già pronta la lettera di dimissioni. Costui avrebbe
rivelato di aver firmato delibere in cui gli si diceva “stai tranquillo
che la segretaria e gli altri assessori stanno arrivando, intanto
anticipiamoci col lavoro” e invece non arrivava nessuno.
Gli
indagati possono sostenere che erano comunque presenti alle sedute di
giunta perché i cellulari erano stati consegnati ad altre persone? Sì,
ma in quel caso rischiano un’accusa di peculato in
concorso con i presunti utilizzatori. Perché quei telefonini non erano
privati, ma intestati al Comune e assegnati a sindaco, assessori e
segretaria comunale in base a un provvedimento interno.
L’inchiesta
è partita su un esposto che segnalava l’anomala compilazione di alcune
delibere approvate tra il 29 e il 30 dicembre 2010. Provvedimenti
delicati di fine anno che in più punti erano stati corretti a mano. La
Procura ha messo sotto la lente d’ingrandimento 15 riunioni di giunta
tra il dicembre di quell’anno e il settembre dell’anno successivo. E
studiando tracciati e tabulati, sono venute a galla le sorprese.
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