lunedì 5 dicembre 2016

Il partito del Presidente

(Tommaso Ciriaco per la Repubblica, 30 novembre 2016) – Sarà pure arbitro, ma può contare su una squadra. «La persuasione non vuole proclami – ripete Sergio Mattarella – perché così funziona meglio». Ecco la filosofia che ispira il Capo dello Stato. Ed ecco il faro che orienta il team parlamentare di “mattarelliani”, ormai un “partito di fatto” che si prepara ad affrontare il rebus del 5 dicembre in autonomia, però con regole d’ ingaggio ricavate dal verbo del Presidente.
Capitanati da Dario Franceschini, consigliati da Francesco Garofani e Antonello Soro, sostenuti da Enrico Letta e Graziano Delrio. «In una parola: diccì», per dirla con Pierluigi Castagnetti. In tutto, un centinaio tra deputati e senatori. Pronti a spendersi per la continuità di questo governo, fedeli al motto di “Renzi dopo Renzi”. A patto che il premier – indipendentemente dall’ esito del referendum – eviti fughe elettorali e rinunci alla tentazione di fare tabula rasa nel Pd. Lealtà all’ unica leadership su piazza, insomma, ma solo a condizione di sostituire una “trumpizzazione” buona solo per la campagna elettorale con l’ immagine di una coalizione responsabile.
Sono cementati da una militanza comune e dalla stella polare della stabilità. «Se vincesse il Sì – ha chiarito ieri Franceschini non ci sarebbe ragione per andare a elezioni anticipate». Insieme al ministro, il vero ufficiale di collegamento tra i “quirinalizi” del Pd e il Colle più alto è un altro deputato dem: Francesco Garofani. Ombra del Presidente, al suo fianco alla direzione del Popolo, si presenta agli amici come «mattarelliano di ferro, mattarelliano sopra ogni cosa».
Stessa scuola del sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa e del Garante per la privacy Antonello Soro: per anni, dopo ogni seduta, hanno cenato assieme al futuro Presidente. E ancora, tifano Quirinale anche il sottosegretario Antonello Giacomelli, la vicepresidente della Camera Marina Sereni e il deputato Piero Martino. Sono i centurioni della corrente di Franceschini, in tutto un’ ottantina tra deputati e senatori.
A loro sulla carta vanno sommati i parlamentari che fanno capo a Rosy Bindi ed Enrico Letta. Una ventina in tutto, con lo stesso dna del Presidente. «Hanno scelto un mio fratello maggiore», confidò commossa la presidente dell’ Antimafia nel giorno dell’ elezione. Come lei, il deputato della sinistra dem siciliana Giovanni Burtone: poche parole e assoluta fedeltà alla linea presidenziale. Amico del Quirinale è anche Enrico Letta, assieme a una pattuglia di lettiani capitanati da Francesco Sanna.
Anche dalle parti del governo si intravede la sagoma di questo “partito della continuità”. La ministra della Difesa Roberta Pinotti, per dire, si confronta spesso con il Capo dello Stato, che negli anni Novanta guidò lo stesso dicastero. L’ altro membro dell’ esecutivo in grado di contattare rapidamente il Colle è Graziano Delrio. A far da ponte tra i due è stato il solito Castagnetti. Non esattamente mattarelliano è il vicesegretario dem Lorenzo Guerini. Fu proprio lui, però, l’ ambasciatore che annunciò al telefono il sostegno renziano alla candidatura: «Puntiamo su di lei». Da allora è scattata la scintilla.
Nessuno pensa che un gruppo tanto eterogeneo possa orientare da solo il destino di un’ eventuale crisi, naturalmente. Ma i numeri di quest’ area crescono con l’ avvicinarsi del voto referendario. E il campo si allarga anche a settori “insospettabili”. Uno come Pierluigi Bersani, certo non organico a questo mondo, fatica ad ignorare i ragionamenti del Colle. Con Mattarella al governo durante la premiership di Massimo D’ Alema, poi grande sponsor dell’ attuale Presidente nel 2013 e nel 2015: fu quella l’ unica trattativa con Renzi condotta in porto con successo. Addirittura fuori dal campo del Pd si segnala l’ afflato quirinalizio di Pier Ferdinando Casini.
A lui Renzi preferì proprio l’ attuale Capo dello Stato. Senza rancore, il leader centrista mantiene in ogni caso un filo diretto con il Colle. «Io però non penso che nella moral suasion pesi più di tanto il “partito di Mattarella” – ragiona – Quando sarà giunto il momento della verità, saranno solo il Presidente e Renzi a parlarsi». E che dire di due ex montiani come Benedetto Della Vedova e Mario Giro, entrambi alla Farnesina? Uno ex radicale, l’ altro regista della comunità di Sant’ Egidio, entrambi a pieno titolo tesserati nel partito del Colle.
Una menzione di sfuggita meritano anche altri parlamentari siciliani di centrodestra che nel febbraio del 2015 votarono per Mattarella: non vanta una frequentazione, ma soltanto la comune provenienza isolana la pattuglia di Ncd capitanata da Giuseppe Castiglione e quella organizzata dal verdiniano Saverio Romano. L’ unico berlusconiano che si confronta davvero con Mattarella resta insomma Gianni Letta. Mesi a tessere una tela, fino al “disgelo” culminato nel recente faccia a faccia tra il Presidente e il Cavaliere.
Un centinaio di parlamentari, si diceva, questa è la stima per difetto del “partito della continuità”. Tutti fan della linea del Colle. E soprattutto convinti che solo senza strappi Renzi potrà continuare la navigazione. Da tutt’ altra postazione, infine, si schiera con il Quirinale anche un altro “arbitro”: Piero Grasso. Il Presidente del Senato, pm a Palermo durante l’ omicidio di Piersanti Mattarella, ha consolidato lungo decenni un legame solido con il Capo dello Stato. Impossibile non arruolare anche lui tra i “mattarelliani”.

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