martedì 2 agosto 2011

La prospettiva del meticciato

Il «meticciato» di civiltà e culture è una prospettiva ormai «molto concreta» di fronte alle ondate migratorie provenienti dall’Africa subsahariana, destinate ad aumentare e provocate da «condizioni di vita insopportabili». Davanti a quanto sta accadendo i cristiani, senza «rinnegare nulla del Vangelo», devono stare «in mezzo agli altri uomini con simpatia», riscoprendo un umanesimo cristiano aperto «alle altre religioni».
È la prospettiva offerta dal cardinale Angelo Scola nell’intervento inaugurale dei lavori dell’annuale incontro della rivista internazionale Oasis nell’isola veneziana di San Servolo, a cui partecipano vescovi mediorientali e studiosi, per interrogarsi e discutere sulla «nuova laicità» e sull’«imprevisto» delle rivolte in Nord Africa. Una prospettiva di incontro, di dialogo, di ascolto per cercare di comprendere in profondità i fenomeni emergenti in quelle società e i riflessi inevitabili sulla vita dell’Occidente.
Un approccio abituale per Scola, il quale dal 2004 ha dato vita alla rivista e a questo gruppo di lavoro, ma che assume un significato particolare in questi giorni di attesa per l’annuncio del nome del nuovo arcivescovo di Milano, previsto la prossima settimana.
Con ogni probabilità sarà infatti proprio il patriarca di Venezia a succedere al cardinale Dionigi Tettamanzi sulla cattedra di Sant’Ambrogio, e questa eventualità è stata dipinta da qualcuno a tinte fosche, come una sorta di «normalizzazione», un cambiamento epocale rispetto agli episcopati di Carlo Maria Martini e dello stesso Tettamanzi.
Ha volato più alto domenica, dalle colonne di Repubblica, l’arcivescovo uscente, che accennando alla necessità di proseguire nel dialogo interreligioso e nell’integrazione, si è rimesso alla «sensibilità del nuovo pastore». Ieri mattina a San Servolo, Scola ha preso la parola da patriarca di Venezia, senza riferirsi in alcun modo al chiacchiericcio mediatico che lo riguarda. Ma il suo intervento è illuminante anche nella prospettiva dell’eventuale successione a Milano.
Riferendosi alle rivolte in Nord Africa, il cardinale ha osservato come siano scoppiate in contesti di povertà, «in ambito giovanile», con la richiesta ricorrente di lavoro. È sembrato condividere l’analisi di quegli studiosi che affermano che la grande «onda d’urto» dei flussi migratori debba ancora arrivare: «Dietro le popolazioni magrebine – ha detto – premono quelle dell’Africa subsahariana, con i giovani che vedono i loro coetanei emigrati in Europa guadagnare 500 euro al mese, una cifra che loro, nei rispettivi Paesi, non riescono a mettere insieme in un anno».
Ecco perché Scola, in nome del realismo, afferma che non si può continuare così, «senza intervenire radicalmente sull’attuale sistema economico». «Non è soltanto una questione etica – aggiunge – come spesso si sente ripetere in alcuni ambienti. È un’impossibilità pratica». Proprio per questo Benedetto XVI ha dedicato un’enciclica, la Caritas in veritate, all’elaborazione di una «nuova ragione economica».
Il cardinale ha quindi ricordato di essere stato ridicolizzato quando sette anni fa, sulla scia degli interrogativi aperti dopo gli attacchi dell’11 settembre, lanciò la provocazione sul «meticciato» di culture e di civiltà come prospettiva per il prossimo futuro. Ora «la demografia suggerisce che il fenomeno potrebbe assumere anche tratti molto concreti e, come la storia ci ricorda, non poco dolorosi».
Ecco dunque la necessità di «conoscere i processi per cercare di orientarli», richiamando l’Occidente alle sue responsabilità, dato che – osserva – la Tunisia, dalla quale «dobbiamo imparare», sta accogliendo «molti più profughi di quanto non faccia la nostra stanca, passiva e vecchia Europa».
Scola invita a guardare alle rivolte nordafricane al di là dei vecchi cliché, anche quelli sulla laicità, che non va interpretata come «categoria assoluta dello spirito di cui si attende il manifestarsi (finalmente) anche nelle civiltà non europee». E dunque senza considerare il rapporto con l’islam nello stesso modo in cui gli Stati europei gestiscono i rapporti con la Chiesa. Serve una «nuova laicità» come ricerca «di un criterio per regolare lo spazio della convivenza possibile».
Il cardinale non considera le rivolte del Nord Africa alla stregua della caduta del comunismo nel 1989. Piuttosto, aggiunge, «si possono forse paragonare al Sessantotto» e come in quel caso esiste il rischio che vengano egemonizzate e strumentalizzate.
Ma è la parte finale della relazione di Scola a contenere un’indicazione di metodo, attuale seppure antichissima. Il cardinale la trae dall’antica Lettera a Diogneto, fatta riecheggiare un mese fa da Benedetto XVI durante la sua visita a Venezia: «Non rinnegate nulla del Vangelo in cui credete, ma state in mezzo agli uomini con simpatia, comunicando nel vostro stesso stile di vita quell’umanesimo che affonda le sue radici nel cristianesimo, tesi a costruire insieme a tutti gli uomini di buona volontà una città più umana, più giusta e solidale».
Una sottolineatura molto significativa, che prevede «come sua dimensione intrinseca l’apertura alle altre religioni e agli uomini di buona volontà». Avendo sempre come orizzonte «la testimonianza», quella che hanno offerto pagando con il loro sangue due figure straordinarie che Scola ricorda concludendo il suo intervento: il vescovo Luigi Padovese, assassinato in Turchia un anno fa, e il ministro pakistano Shahbaz Bhatti, «martire di Cristo e grande paladino della lotta contro l’iniqua legge della blasfemia».

La Stampa, A. Tornielli, 21 giugno 2011

Nessun commento:

Posta un commento

Persona, Comunità, Bene Comune

Il tema a me assegnato evoca l’essenza del magistero di Alcide Degasperi e mette in luce l’estrema attualità della cultura cultura politica ...