lunedì 13 giugno 2016

Una secolare popolarità

 
Non credo di sbagliarmi nel dire che l'informazione ecclesiale digitale ha accolto con particolare enfasi il decreto, emanato «per espresso desiderio di papa Francesco», che ha elevato la celebrazione liturgica di santa Maria Maddalena da «memoria obbligatoria» a «festa» (come già lo sono le celebrazioni liturgiche degli apostoli: a rimarcare, come ha spiegato monsignor Roche presentando il provvedimento, la sua figura di «apostola apostolorum»). Non c'è solo il picco di popolarità riscosso dalla notizia sul sito di "Avvenire"; c'è un vero e proprio coro, che somiglia – fino a prova contraria – a un Exultet.

Bastano del resto pochi clic per rendersi conto che nel tempo della Rete la secolare popolarità di questa donna dei Vangeli non solo non è venuta meno, ma si è rafforzata. Milioni le ricorrenze anglofone e ispanofone, centinaia di migliaia nelle altre lingue più diffuse. Sbaglierebbe chi ne attribuisse il merito alle numerose Maddalene pop proposte in anni recenti soprattutto dal cinema, invariabilmente riflettendo il fatto che la tradizione non ha visto in essa le distinte figure femminili che i Vangeli ritraggono. Credo piuttosto che sia il contrario: la cultura popolare contemporanea ha riconosciuto la forza di questa tradizione e l'ha ripresa, fino a strumentalizzarla per semplici fini commerciali (penso evidentemente al romanzo di Dan Brown).

Ma tornando all'accoglienza della decisione di Francesco, sottolineo il commento al femminile di Lucetta Scaraffia, sul sito de "L'Osservatore Romano" ( tinyurl.com/hykl7an ), che riesce davvero a dire, e bene, tanto di quanto c'è a mio parere da dire. E lo accosto a una per me indimenticabile lezione che fra Paolo Garuti, domenicano, biblista finissimo e intellettuale a tutto tondo, impartì, proprio ai tempi del film "Il Codice da Vinci", a proposito della quantità di figure che «si concentrano in Maria Maddalena», e della quale l'elefantiaca memoria digitale porta, per fortuna, la traccia ( tinyurl.com/h7evflq ).

fonte: Avvenire, Guido Mocellin, 12 giugno 2016



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