Nel mezzo della tempesta economica e della crisi dell’euro
dell’estate del 2011, mentre il capo dello Stato stava mettendo in
stand-by Mario Monti per un eventuale incarico alla presidenza del
Consiglio, l’allora amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado
Passera, stava stilando un documento segreto di 196 pagine per Giorgio
Napolitano.
Sono giorni terribili. Lo spread
tra titoli di Stato italiani e quelli tedeschi passa dal primo giugno al
2 luglio da 173 punti a 301. Il 5 agosto arriverà la celebre lettera
della Banca centrale europea che chiede esplicitamente interventi per
stabilizzare finanziariamente il Paese. Il 20 settembre ecco il
declassamento di Standard & Poor’s.
In quegli stessi mesi Passera
propone a Napolitano un piano per il rilancio dell’economia, che
comprende «un vero shock strutturale positivo», intitolandolo: «Un
Grande Piano di Rilancio».
Monti, nella sua video intervista per il libro Ammazziamo il Gattopardo , ha confermato che conosceva bene il documento del banchiere e che «una volta con il presidente Napolitano mi è capitato, tra lui e me, di fare riferimento a questo lavoro di Passera».
Monti, nella sua video intervista per il libro Ammazziamo il Gattopardo , ha confermato che conosceva bene il documento del banchiere e che «una volta con il presidente Napolitano mi è capitato, tra lui e me, di fare riferimento a questo lavoro di Passera».
Nella prima bozza di agosto,
come nella quarta versione di novembre in nostro possesso, saltano fuori
svariati obiettivi, compreso quello di raggiungere una crescita di
almeno il 2% all’anno nel medio periodo; portare i conti pubblici in
pareggio già entro il 2012 e riportare il debito pubblico intorno al
100% del Prodotto interno lordo (Pil) entro tre anni.
C’era, sempre nella quarta bozza, la reintroduzione dell’Ici sulla prima casa, l’aumento dell’Iva a 23% entro settembre 2012, e un piano per abbattere il debito anche grazie alla presunta raccolta di 85 miliardi di euro con una tassa patrimoniale del 2% su tutta la ricchezza immobiliare esclusa la prima casa, i depositi bancari e i titoli di Stato.
C’era, sempre nella quarta bozza, la reintroduzione dell’Ici sulla prima casa, l’aumento dell’Iva a 23% entro settembre 2012, e un piano per abbattere il debito anche grazie alla presunta raccolta di 85 miliardi di euro con una tassa patrimoniale del 2% su tutta la ricchezza immobiliare esclusa la prima casa, i depositi bancari e i titoli di Stato.
La recessione ha fatto sì che nel
2012 il Pil si sia contratto del 2,4%. Il rapporto deficit-Pil invece
di essere in pareggio è arrivato, sempre nel 2012, al 3%. Il debito-Pil è
salito invece a fine 2012 a 127% (oggi è al 133%). L’Imu sulla prima
casa è stata introdotta nel dicembre 2011. L’Iva è stata aumentata da 20
a 21% nel dicembre 2011, mentre oggi è al 22%. Il piano della
patrimoniale non è stato mai adottato.
Viene fuori dal documento un senso di grande fretta, comprensibile dal punto di vista di chi lo scriveva, salvo il fatto che c’era ancora in sella un governo, anche se con una maggioranza litigiosa e rancorosa.
«Nelle ultime settimane si è perso un grande patrimonio di credibilità che occorre ricostruire al più presto», si legge nel documento. «Per rimettere in carreggiata l’Italia serve un Grande Piano di Rilancio per la crescita e la riduzione del debito con un’ampiezza circa dieci volte maggiore di quella recentemente introdotta e con molta maggiore enfasi sulla crescita sostenibile. Non proporla agli italiani, adesso e con sincerità, costruendo il vasto consenso necessario attraverso la condivisione di benefici e sacrifici, potrebbe, in tempi brevissimi, mettere a serio rischio la nostra economia, e forse, la nostra stessa democrazia».
Viene fuori dal documento un senso di grande fretta, comprensibile dal punto di vista di chi lo scriveva, salvo il fatto che c’era ancora in sella un governo, anche se con una maggioranza litigiosa e rancorosa.
«Nelle ultime settimane si è perso un grande patrimonio di credibilità che occorre ricostruire al più presto», si legge nel documento. «Per rimettere in carreggiata l’Italia serve un Grande Piano di Rilancio per la crescita e la riduzione del debito con un’ampiezza circa dieci volte maggiore di quella recentemente introdotta e con molta maggiore enfasi sulla crescita sostenibile. Non proporla agli italiani, adesso e con sincerità, costruendo il vasto consenso necessario attraverso la condivisione di benefici e sacrifici, potrebbe, in tempi brevissimi, mettere a serio rischio la nostra economia, e forse, la nostra stessa democrazia».
Bisognerà aspettare qualche mese
perché Passera venga poi incaricato nel governo Monti di guidare il
ministero dello Sviluppo economico. Ma in quell’estate si stava già
lavorando per quanto sarebbe accaduto il 12 novembre del 2011.
fonte: Corriere della Sera, 11 febbraio 2014
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