Non ci sono “balene” all’orizzonte, ma il mare si muove.
Da diversi mesi si susseguono incontri, dibattiti e iniziative all’interno del mondo cattolico italiano, che denunciano un rinnovato fermento ed una nuova attenzione al contesto politico. A tutto ciò si accompagna ovviamente lo stanco ritornello “si sta costruendo la nuova Dc”, che da molti anni si ascolta – come auspicio o come minaccia – ogni qual volta tre cattolici si incontrano fuori da una chiesa.
Ma la realtà è più complessa e ben più interessante: associazioni, movimenti, organizzazioni sociali, economiche e sindacali di ispirazione cristiana sono davvero in movimento e fortemente interessate a dare un contributo ad uscire dalla drammatica situazione politico sociale attuale, ma le forme di questo rinnovato impegno non sono ancora compiutamente precisate.
Se, da un lato, l’invito di papa Benedetto XVI a costruire una «nuova generazione di uomini e donne capaci di assumersi responsabilità dirette nei vari ambiti del sociale, in modo particolare in quello politico » risuona come un appello cogente, dall’altro si scorge in questa fase uno spazio nuovo dato dalla fine ormai prossima del berlusconismo, che manifesta la crisi di un modello politico prima ancora che di una leadership.
La drammaticità del contesto sociale ed economico rende ancora più evidente la necessità che il lungo travaglio italiano abbia presto termine e che si renda disponibile una nuova proposta culturale – prima ancora che politica – capace di ridare speranza e saldo governo al paese.
Iniziative prettamente culturali ed educative – come quella promossa da Mons. Toso – danno il segno di una volontà di incidere nel futuro della politica italiana riproponendo innanzitutto la forza del pensiero e dell’elaborazione dei cattolici, secondo il tradizionale schema che vede le organizzazioni laicali luogo formativo “prepolitico”.
Passaggio importante, senza dubbio, ma che non credo sia da solo sufficiente. Altre iniziative – è il caso del i Forum dei cattolici del mondo del lavoro, che vede unite sette organizzazioni sociali cattoliche, dalla Cisl alle Acli, dalla Compagnia delle Opere a Confcooperative – propongono un manifesto “per la buona politica e per il bene comune”, evidenziando la necessità di stare dentro le grandi questioni del paese con un approccio innovativo e con spirito di unità.
Segnale di grande rilievo, senza dubbio, soprattutto se si tiene conto che i soggetti che vi contribuiscono appartengono a mondi assai diversi, dalla società all’economia e al mondo del lavoro. Infine vi sono le attività “ordinarie” della Chiesa, che hanno però manifestato nuova vitalità.
Retinopera, casa comune di tutte le associazioni e i movimenti ecclesiali, promuove convegni e confronti e sta preparando iniziative formative per l’autunno, sulla scorta delle conclusioni delle Settimane Sociali di Reggio Calabria che, passate in sordina per l’evidente disallineamento degli umori dei delegati con la politica governativa, hanno evidenziato una grande dinamicità della base cattolica. Questa si è confermata, nei mesi scorsi, nel grande movimento referendario che, per la prima volta dopo molti anni, ha visto coinvolte associazioni, parrocchie ed intere diocesi. Da qui, ritengo, si debba partire per cercare di comprendere quali sbocchi potrà avere questo fermento del laicato cattolico.
Lasciati da parte inutili e velleitari tentativi di ricostruire la Dc, ci si deve invece impegnare per rinnovare le modalità di fare politica, di partecipazione dei cittadini. Questo comporta nuove regole, a partire dalla riforma dei partiti e da una nuova legge elettorale – non è un caso che proprio su questo tema si siano pronunciate le Settimane Sociali e recentemente vi siano stati momenti di studio comune tra Acli, Azione cattolica e Agesci – ma anche un nuovo riformismo cattolico. Esauritasi la stagione politica del cattolicesimo democratico e sociale, i cattolici debbono rinnovare programmi e linguaggi, senza tradire i valori.
Associazioni e movimenti, radicati profondamente nella società, possono dare un contributo decisivo a questo tentativo. Ma i contenuti devono essere netti: partecipazione, legalità, solidarietà, sussidiarietà – quattro parole cancellate nei fatti dal berlusconismo – debbono tornare al centro, senza moderatismi incomprensibili.
Solo così i cattolici potranno essere nuovamente protagonisti, non stampelle o paraventi di nessuno.
Se, da un lato, l’invito di papa Benedetto XVI a costruire una «nuova generazione di uomini e donne capaci di assumersi responsabilità dirette nei vari ambiti del sociale, in modo particolare in quello politico » risuona come un appello cogente, dall’altro si scorge in questa fase uno spazio nuovo dato dalla fine ormai prossima del berlusconismo, che manifesta la crisi di un modello politico prima ancora che di una leadership.
La drammaticità del contesto sociale ed economico rende ancora più evidente la necessità che il lungo travaglio italiano abbia presto termine e che si renda disponibile una nuova proposta culturale – prima ancora che politica – capace di ridare speranza e saldo governo al paese.
Iniziative prettamente culturali ed educative – come quella promossa da Mons. Toso – danno il segno di una volontà di incidere nel futuro della politica italiana riproponendo innanzitutto la forza del pensiero e dell’elaborazione dei cattolici, secondo il tradizionale schema che vede le organizzazioni laicali luogo formativo “prepolitico”.
Passaggio importante, senza dubbio, ma che non credo sia da solo sufficiente. Altre iniziative – è il caso del i Forum dei cattolici del mondo del lavoro, che vede unite sette organizzazioni sociali cattoliche, dalla Cisl alle Acli, dalla Compagnia delle Opere a Confcooperative – propongono un manifesto “per la buona politica e per il bene comune”, evidenziando la necessità di stare dentro le grandi questioni del paese con un approccio innovativo e con spirito di unità.
Segnale di grande rilievo, senza dubbio, soprattutto se si tiene conto che i soggetti che vi contribuiscono appartengono a mondi assai diversi, dalla società all’economia e al mondo del lavoro. Infine vi sono le attività “ordinarie” della Chiesa, che hanno però manifestato nuova vitalità.
Retinopera, casa comune di tutte le associazioni e i movimenti ecclesiali, promuove convegni e confronti e sta preparando iniziative formative per l’autunno, sulla scorta delle conclusioni delle Settimane Sociali di Reggio Calabria che, passate in sordina per l’evidente disallineamento degli umori dei delegati con la politica governativa, hanno evidenziato una grande dinamicità della base cattolica. Questa si è confermata, nei mesi scorsi, nel grande movimento referendario che, per la prima volta dopo molti anni, ha visto coinvolte associazioni, parrocchie ed intere diocesi. Da qui, ritengo, si debba partire per cercare di comprendere quali sbocchi potrà avere questo fermento del laicato cattolico.
Lasciati da parte inutili e velleitari tentativi di ricostruire la Dc, ci si deve invece impegnare per rinnovare le modalità di fare politica, di partecipazione dei cittadini. Questo comporta nuove regole, a partire dalla riforma dei partiti e da una nuova legge elettorale – non è un caso che proprio su questo tema si siano pronunciate le Settimane Sociali e recentemente vi siano stati momenti di studio comune tra Acli, Azione cattolica e Agesci – ma anche un nuovo riformismo cattolico. Esauritasi la stagione politica del cattolicesimo democratico e sociale, i cattolici debbono rinnovare programmi e linguaggi, senza tradire i valori.
Associazioni e movimenti, radicati profondamente nella società, possono dare un contributo decisivo a questo tentativo. Ma i contenuti devono essere netti: partecipazione, legalità, solidarietà, sussidiarietà – quattro parole cancellate nei fatti dal berlusconismo – debbono tornare al centro, senza moderatismi incomprensibili.
Solo così i cattolici potranno essere nuovamente protagonisti, non stampelle o paraventi di nessuno.
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