Stefano Biasoli, segretario generale Confedir:
Giù la maschera! Chi è un po’ scafato (e noi lo siamo, grazie ad una
lunga esperienza professionale e sindacale) ha capito molto di Renzi e
del renzismo.
Renzi è un berluschino, un abile venditore di pentole e di aspirapolveri, il mago Silvan della politica.
È un uomo frettoloso, che pensa e parla a 7mila giri al minuto, che cerca di incantare la gente.
Si è dato tempi molto stretti per le riforme. Nessuno di questi è
stato rispettato… ma la colpa di questo non è ovviamente sua, ma degli
altri.
Il putto fiorentino non accetta contraddittorio, su niente e con
nessuno. Il suo “noi ” significa solo io, io, io. Un ego gigantesco, che
non ha avuto pari, dai tempi di Craxi.
Craxi si era circondato da nani e ballerine; Berlusconi si è
circondato di una corte di adulatori, fuggiti al primo cenno di
tramonto. Bossi è finito per colpa del cerchio magico (magico o
tragico?).
Renzi ha fatto una scelta diversa. Un solo amico, un lavoratore, un
sindaco ex capo dell’Anci… e tante, tante giovani donne bellocce, con
poca esperienza politica e tanta dipendenza dal capo.
Gioventù fru-fru, in ginocchio davanti a colui che le ha “sistemate”.
Per sempre o per un po’? Secondo la moda prevalente nel nostro Paese,
tutte e tutti sono balzati sul carro del vincitore, inclusa colei che –
dalla piccola Vicenza – era arrivata a Roma per merito di Bersani, lei
che aveva combattuto Renzi ed ora si è riciclata con il putto, per una
poltroncina europea.
Allora? Allora ricordiamo a Renzi che il tempo fugge, anche per i
giovani di successo. Siamo in quaresima, perciò gli consigliamo di
batterei il petto e di farsi lavare i piedi dal suo parroco, il Giovedì
Santo.
Come può pensare di continuare a massacrare chi lavora nelle pubblica amministrazione, dirigenti e mezze-maniche?
Come può pensare che tutti i mali di questo Paese siano solo legati
alla amministrazione pubblica e non piuttosto a quella masnada di
politici che, da decenni, ha preteso di violare le regole pubbliche
(contrattuali e legislative) occupando – manu politica – tutti gli spazi
possibili e non possibili della pubblica amministrazione per sistemare
amici, conoscenti, commilitoni, parenti, portaborse, portavoti?
La spesa pubblica è esplosa per questo, per l’invasione politica
degli spazi tecnici, per l’occupazione di pseudo-tecnici servi o amici
del potentato di turno.
La sanità e le Regioni insegnano. Eppure, ora Renzi addita al
pubblico ludibrio non i supermanager superpagati (scelti da politicanti
come Renzi), non i superburocrati dai molti incarichi e superpagati, ma i
dirigenti pubblici in generale.
Ossia quelli che, bene o male, costituiscono l’ossatura dello Stato e
del parastato, quelli che hanno fatto carriera per meriti propri e non
per “meriti politici”. Tutti costoro non rubano i loro stipendi,
stipendi che sono frutto di accordi pattizi, a livello nazionale. Pacta
servanda sunt! Ma non per chi, da Roma, impone oggi uno stop ai
contratti pubblici per altri 6 anni (teorici, ma poi saranno sette), che
si aggiungono al blocco contrattuale 2010-2014.
In definitiva, per la prima volta in Italia e nel mondo occidentale,
un governo impone uno stop decennale ai contratti pubblici, rinnegando
le regole liberamente sottoscritte (accordi nazionali triennali )
nell’ormai lontano 2010.
Dopo il disastro delle Legge Brunetta, che ha massacrato i
“fannulloni” della p.a. imponendo testi contrattuali penosamente lesivi
perché basati sulla presunzione di diffusa incapacità dei dirigenti
pubblici, ora arriva il Renzi che addita alla folla i colpevoli dei
disastri italiani. Non i politici, non i superburocrati brontosauri e
pluri-incaricati e con pluriprebende, ma tutti i dirigenti pubblici.
Tutti, nessuno escluso. Nessuno escluso. Ebbene, dice Renzi, costoro
non meritano i denari che prendono. Costoro vanno castigati, possono
essere castigati impunemente, senza colpo ferire. “La gente è con me”,
dice chiaramente e pensa Renzi. Ed allora, diamo addosso ai dirigenti
pubblici, a quelli bravi ed a quelli meno bravi. Ed allora,
bastoniamoli. Non solo bloccando i Ccnl pubblici fino al 2020, ma anche
tagliando le prebende dei dirigenti, dai 70mila euro/annui lordi in su.
Bastonate su bastonate, sugli stessi asini pubblici: quelli con basto e quelli senza basto.
Nuovo Robin Hood, Renzi vuole rubare ai dipendenti pubblici per dare un po’ di euro ai “poveri”. Poveri veri e poveri falsi, dato il fisco italico. Un fisco che se la prende sempre con chi non può evadere: con i dipendenti pubblici, considerati come mucche da mungere ed asini da bastonare. Troppo facile, troppo scontato.
Nuovo Robin Hood, Renzi vuole rubare ai dipendenti pubblici per dare un po’ di euro ai “poveri”. Poveri veri e poveri falsi, dato il fisco italico. Un fisco che se la prende sempre con chi non può evadere: con i dipendenti pubblici, considerati come mucche da mungere ed asini da bastonare. Troppo facile, troppo scontato.
Purtroppo, per Renzi, a maggio si vota. Non sappiamo cosa succederà.
Ma i dipendenti pubblici sono tanti, da 2.850.00 a 3.200.000, perché in
Italia i numeri sono sempre “ballerini”.
Non sappiamo cosa faranno gli iscritti alla triplice, alla Cisal,
alla Confsal, alla Ugl. Possiamo ipotizzarlo ma non lo sappiamo con
certezza.
Ciò che sappiamo è che i tanti dirigenti della Confedir (aderenti
agli undici sindacati confederali autonomi della dirigenza pubblica),
questa volta non resteranno passivi. La segreteria Confedir del 17
aprile deciderà le azioni concrete, ma fin da ora possiamo dire a Renzi
che 300mila dirigenti pubblici, alle europee, non voteranno secondo il
loro credo ideologico, ma secondo gli interessi della bottega familiare.
Voto in libertà e voto secondo interesse.
Forse Renzi non sa che i dirigenti pubblici condizionano ben più di
300mila voti, perché non solo “hanno famiglia” ma, normalmente, sono
parte di altre aggregazioni e di vari gruppi associativi.
Vedremo. Di certo, zitti, noi non ci saremo.
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