Il
fatto più appariscente è che il governo, attraverso la Consip – la
società che cura gli acquisti centralizzati per lo Stato – sta per
affidare i servizi telefonici e Internet di tutta la pubblica
amministrazione per i prossimi sette anni al segretario del Pd della
Sardegna, Renato Soru. Eppure non è questo l'aspetto più assurdo della
gara per il cosiddetto Spc (servizio pubblico di connettività) che sarà
chiusa nelle prossime settimane.
La
vicenda illumina una singolare concezione della spending review:
anziché puntare a comprare meglio spendendo meno, la gara Consip darà a
molte pubbliche amministrazioni una connessione alla rete Internet
peggiore di quella avuta finora. E paradossalmente si è deciso di
destinare il risparmio ottenuto (1,5-2 miliardi di euro) agli
investimenti pubblici sulla banda larga: due passi indietro subito per
farne uno avanti fra sette anni.
LA BANDA POCO LARGA, NEI REQUISITI DEL BANDO
La
Consip ha lanciato l'anno scorso la gara per dare telefonia e Internet a
tutte le amministrazioni pubbliche centrali e locali. Il bando è stato
scritto in modo generoso. Per esempio si chiede banda larga su fibra
ottica solo per i 20 capoluoghi di regione, nel resto d'Italia ci sarà
la connessione a 4 megabit, che ormai farebbe schifo a un liceale,
figurarsi a un ospedale. “Ma se avessimo chiesto 30 mega per tutto il
Paese non ci sarebbe stato nessun operatore in grado di partecipare”, si
difende il numero uno di Consip Domenico Casalino.
Il
criterio di gara è la migliore offerta economica. Il 13 maggio scorso
sono state aperte le buste e la migliore offerta è risultata quella di
Tiscali, la società cagliaritana di Soru. Cifre da sogno, direbbe
Briatore: 265 milioni per dare telefonia e Internet a tutta la pubblica
amministrazione centrale e locale per sette anni. La base d'asta era 2,4
miliardi, il ribasso dunque dell'89 per cento. L’offerta di Telecom
Italia, quarta classificata, è stata di 746 milioni, il triplo di
Tiscali.
LA BORSA HA CAPITO CHE LA POLITICA CONTA
A
questo punto il contribuente avrebbe tutto il diritto di pensare che
nel mercato telefonico costi e prezzi si calcolino tirando i dadi. Il
meccanismo di gara prevede che al vincitore vada il 52 per cento della
fornitura, e ai tre che lo seguono in graduatoria tre lotti pari al 16
per cento ciascuno. Al secondo posto c'è British Telecom Italia che ha
offerto 423 milioni, al terzo Fastweb con 715 milioni. Ciò significa che
Fastweb e Telecom, se vincesse Tiscali, dovrebbero fornire il servizio a
un terzo del miglior prezzo che avevano ritenuto di sostenere. Oppure
rinunciare e mandare la gara deserta, perché il regolamento esclude il
vincitore unico.
Chi
ha l'occhio più lungo su questi intrecci tra politica e affari è la
Borsa. Dopo l'apertura delle buste, il 13 maggio, il titolo Tiscali è
crollato, perdendo in due giorni circa il 7 per cento. L’azienda di Soru
naviga da sempre in cattive acque. Il suo fatturato è 72 volte
inferiore a quello che Telecom Italia fa nel solo mercato domestico, e
nel 2013 ha investito 25 milioni di euro, un centoventesimo dei 3
miliardi messi in campo da Telecom Italia, ma anche un ventiduesimo dei
565 milioni spesi da Fastweb.
La
sua offerta stracciata somiglia troppo all’attacco agli Stati Uniti del
ducato di Grand Fenwick (“Il ruggito del topo”, 1959) per essere presa
sul serio. Scommettendo sulla esclusione di Tiscali dalla gara come
“offerta anomala” gli investitori corrono a vendere le azioni che
avevano comprato poco prima. Infatti nella settimana di febbraio che ha
portato Matteo Renzi a palazzo Chigi, la pur zoppicante Tiscali del suo
capocorrente in Sardegna ha messo a segno una crescita dell'80 per
cento, con volumi scambiati 10-12 volte la media.
Dal
picco di 0,795 euro toccato il 25 febbraio, giorno in cui Renzi ha
ottenuto la fiducia dal Parlamento, il titolo è così tornato a vegetare
intorno a quota 0,4 euro. Poi, lo scorso 24 novembre, il nuovo sussulto.
Di colpo, senza motivo apparente, Tiscali guadagna in Borsa in pochi
giorni il 30 per cento. E ancora ieri la società di Soru è volta,
chiudendo la giornata con un +3,17 per cento.
Dopo
l'apertura delle buste del 13 maggio e conseguente crollo in Borsa,
Soru ha messo a segno due colpacci. Il primo è stata l’elezione
all’europarlamento, il 25 maggio, festeggiata con l'annuncio “adesso
sono Merkel e Renzi i due leader d'Europa”. Il secondo, il 26 ottobre
scorso, è stata l'incoronazione a segretario regionale del Pd, per la
quale non è stato d'ostacolo il processo in corso per evasione fiscale
(ma per i renziani sardi, come insegna il caso del sottosegretario
Francesca Barracciu, le disavventure giudiziarie non intralciano bensì
agevolano la carriera politica).
LA RIUNIONE PER CONVINCERE CHE L’OFFERTA È SOSTENIBILE
Soru,
che negli anni in cui fu governatore della Sardegna (2004-2009) ha
formalmente lasciato la guida di Tiscali, non trova imbarazzante
concorrere a pubblici appalti da europarlamentare e segretario regionale
del partito di governo. E così adesso l’imbarazzo è tutto della Consip e
di Casalino, che dovrebbe escludere dalla gara Spc l’amico del premier
mentre è in scadenza e alla ricerca di una nuova poltrona.
Finora
ha preso tempo, spendendo sei mesi in richieste di documentazione a
Tiscali per verificare la sostenibilità economica dell'offerta. La
prossima settimana ci sarà la riunione decisiva con la società di Soru.
Tiscali dovrà convincerlo di poter offrire telefonia e Internet a tutta
la pubblica amministrazione a un terzo del prezzo proposto da Telecom
Italia. Purtroppo per Casalino, e per tutti gli italiani, la strada
della spending review è lastricata di buone relazioni.
fonte: Giorgio Meletti per il “Fatto quotidiano”
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