Nelle prossime settimane papa Francesco andrà a Cuba, poi a Filadelfia e infine a Washington dove incontrerà Obama
e parlerà al Congresso degli Stati Uniti e a New York dove parlerà
all'Assemblea dell'Onu e alle grandi potenze del Consiglio di sicurezza.
Sappiamo già quale sarà - al Congresso Usa e all'Assemblea Onu - il tema fondamentale di Francesco: quello dei migranti.
Lui li chiama così ed è perfettamente corretto dal suo punto di vista;
per alcuni Paesi sono persone che vogliono emigrare e lo fanno a prezzo
della vita; per altri Paesi sono immigranti che vengono in certi casi
accolti, in altri respinti per mancanza dei requisiti richiesti. Ma per
Francesco la parola giusta è quella che Lui usa sempre più spesso:
migranti. Sono popoli che per una quantità di ragioni si trasferiscono
da un continente all'altro, quasi sempre in condizioni di schiavitù
imposte da trafficanti di persone. Popoli che, solo pensando all'Africa
sub-sahariana dal Ciad alla Somalia, dalla Nigeria al Sudan, ammontano a
cinque milioni per il 2015-16, ma a 50 milioni entro i prossimi
trent'anni. Ma non è solo in Africa che avviene questo fenomeno: sta
sconvolgendo tutto il Medio Oriente, i Balcani, la Turchia, la Siria,
gran parte dell'Indonesia e delle Filippine. Insomma mezzo mondo è in
movimento, individui, comunità e interi popoli. Le migrazioni non sono
un fenomeno nuovo ma nella società globale il fenomeno coinvolge masse
imponenti come non era mai accaduto prima.
Venerdì scorso ho avuto un lungo colloquio telefonico con papa
Francesco, che ha toccato vari temi, ma soprattutto quello delle
migrazioni. Non starò a raccontare ciò che ci siamo detti su altri
argomenti ma su questo sì, penso e desidero farlo perché è dominante
nella coscienza del Papa e perché comunque sarà tra pochi giorni
direttamente affrontato in due sedi della massima importanza.
Francesco
sa benissimo che le immigrazioni dirette verso continenti di antica
opulenza e di antico colonialismo, anche se riconoscono alcuni diritti
di asilo con più ampia tolleranza di quanto finora non sia avvenuto,
saranno comunque limitate. Ma il suo appello al Congresso americano e a
tutte le potenze che rappresentano il cardine dell'Onu e quindi del
mondo intero, verterà necessariamente su un altro aspetto fondamentale
delle migrazioni: una conquista di libertà dei migranti che avviene, per
cominciare, nei luoghi stessi dove ancora risiedono e dai quali
vorrebbero fuggire. È lì, proprio in quei luoghi, che il diritto di
libertà va riconosciuto, oppure nelle loro adiacenze, creando se
necessario libere comunità da installare in aggregati che esse stesse
avranno costruito e amministreranno con l'aiuto di centinaia o migliaia
di volontari che le assisteranno con una serie di servizi e con
un'educazione allo stesso tempo civica e professionale. Questo è il
progetto che papa Francesco sta coltivando e che ovviamente ha bisogno
del sostegno delle grandi potenze indipendentemente dalla loro civiltà,
storia, religione.
La Chiesa missionaria di Francesco sarà naturalmente presente in tutti i
luoghi dove le sarà possibile, ma i volontari da mobilitare non saranno
ovviamente tutti cristiani. Saranno però soprattutto i giovani ai quali
fare appello. I giovani d'oggi hanno una gran voglia di fare che a
volte si identifica addirittura alla violenza e al terrorismo. Ma non è
il male la radice più naturale. Francesco crede e spera che la radice
più diffusa sia quella del fare e dell'aiutare il bene degli altri. Per
questo prega e questo pensa e di questo parlerà nel prossimo viaggio.
Riuscirà ad ottenere la sponsorizzazione dei Grandi del mondo? Riuscirà a
mobilitare al massimo le Chiese missionarie cattoliche e cristiane in
un'impresa di questa levatura?
Collaboreranno nei loro modi anche le
altre grandi religioni del mondo, non inquinate da germi fondamentalisti
che portano al terrorismo e alla strage? Una cosa è certa, almeno per
me ma credo per immense moltitudini di persone: non c'è che papa
Francesco che sia in grado di tentare una simile iniziativa. Ascoltando
il suo linguaggio direi che chieda il soccorso di migliaia e migliaia di
angeli custodi, in tutte le parti del mondo, ispirati dal Dio che è uno
soltanto, quali che siano le forme, le liturgie e le scritture con le
quali è venerato.
Eugenio Scalfari, La Repubblica, 30 agosto 2015
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