Con la sentenza n. 289/2014, il TAR Puglia, sez. II, si occupa della lite insorta tra un erede testamentario e un Comune, per avere l’Ente approvato, con una delibera consiliare del 2008, un regolamento di polizia mortuaria che ha previsto la trasformazione delle concessioni “perpetue” in concessioni a tempo determinato, con la possibilità dei concessionari di chiederne il rinnovo dietro pagamento di un canone.
Ecco un problema di attualità, e che riguarda il sottile confine situato tra il diritto dei cittadini uti singuli e la potestà di governo dell’Ente locale.
Come comporre una siffatta controversia nel rispetto delle regole fissate dall’ordinamento giuridico?
Il soggetto ricorrente contesta la norma regolamentare dacché, a suo dire, la concessione originaria rilasciata dall’Ente per la sua tomba di famiglia mantiene il carattere perpetuo e – in quanto antecedente all’entrata in vigore del DPR n. 285/1990 – risulta assoggettata al regime giuridico vigente al momento del suo rilascio, che appunto prevedeva la modificabilità del titolo concessorio solo per espressa disposizione di legge, per contratto o per il verificarsi di casi di estinzione.
Di qui l’istanza della parte attrice volta a ottenere l’accertamento giudiziale dei diritti violati, con la condanna del Comune al rimborso del canone concessorio versato all’Ente dal 2008 in avanti.
In realtà lo ius sepulchri dà luogo a un “diritto affievolito” nei confronti della Pubblica amministrazione concedente, per il fatto che la gestione dei siti cimiteriali è permeata dalla disciplina pubblicistica demaniale.
Il Tribunale, pertanto, non accoglie la pretesa del cittadino, ma riconosce le ragioni dell’Ente locale, adducendo la circostanza che la concessione dei siti cimiteriali soggiace ai poteri regolativi e di stampo pubblicistico.
Consegue da ciò che la natura demaniale dei cimiteri è incompatibile con la perpetuità delle concessioni, le quali, proprio a causa della loro durata indeterminata, finirebbero per occultare (e radicare) un diritto di proprietà privata sul demanio, che, per sua natura, è un bene pubblico destinato al vantaggio dell’intera collettività locale.
Conclude pertanto il giudice adito che “l’utilizzo di tale bene in favore di alcuni soggetti – che è ciò che si verifica attraverso una concessione – deve necessariamente essere temporalmente limitato (anche stabilendo una durata prolungata nel tempo e rinnovabile alla scadenza), venendo altrimenti contraddetta la sua ontologica finalità pubblica, al quale il bene verrebbe definitivamente sottratto (in termini, TAR Sicilia Palermo, sez. III, 2 dicembre 2013, n. 2341)”.
Alla luce di tali considerazioni, non vi è nulla di illegittimo da eccepire nel regolamento comunale in questione, là dove esso ha disposto la trasformazione delle concessioni cosiddette “perpetue” in concessioni temporanee di lunga durata, imponendo al concessionario il pagamento di un canone concessorio nel caso di rinnovo.
D’altro canto è pacifico che l’art. 842, 3° comma, del codice civile include espressamente i cimiteri nel demanio comunale, per cui gli atti dispositivi, in via amministrativa, non possono gravare senza limiti di tempo su beni del demanio pubblico.
In questo caso, come si vede, la giurisprudenza amministrativa viene in soccorso ai Comuni, che si trovano spesso alle prese con la perpetuità di concessioni rilasciate in epoca lontana.
Si tratta, in definitiva, di un condivisibile riconoscimento alle Amministrazioni locali, tenute ad assicurare la gestione degli spazi cimiteriali in modo da soddisfare le delicate esigenze che il servizio funebre richiede, e tenuto conto del fatto che in questo settore i clienti… non mancano mai!
fonte: LeggiOggi.it
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