Se si dà uno sguardo al calendario di domani, 22 luglio, si troverà
indicata la memoria di santa Maria Maddalena: anche le Chiese di
Oriente, da quelle ortodosse bizantine alle sire fino alle copte di
Egitto e di Etiopia, ricordano in questa data una figura evangelica che
vorremmo ora presentare sulla scia di un testo da poco apparso e per
sfatare un equivoco comune. Nel 1989 Giovanni Testori mi chiese di
premettere un profilo biblico a un suo volume dedicato all'iconografia
di Maria di Magdala nella storia dell'arte (soggetto in cui sacro ed
eros s'intrecciavano secondo una tipologia cara allo scrittore). Scelsi
come titolo: «Una santa calunniata e glorificata». Sì, perché ben
inchiodato nella mente dei lettori c'è lo stereotipo che classifica
questa donna evangelica come una prostituta redenta da Cristo.
La sua è effettivamente una storia di equivoci, che si sono consumati a diversi livelli. La vicenda di questa discepola di Gesù inizia a Magdala (dall'ebraico migdol "torre"), un villaggio di pescatori sul litorale occidentale del lago di Tiberiade, centro commerciale ittico denominato in greco Tarichea, «pesce salato», messo in luce dall'archeologia anche se sprofondato sotto le acque di quel lago. Noi partiremo dalla coda finale di quella vicenda personale. Siamo nell'alba primaverile del primo giorno di Pasqua secondo il Vangelo di Giovanni (20,1-18). Maria è davanti al sepolcro ove poche ore prima era stato deposto il corpo esanime di Gesù. Paradossale è l'equivoco che ha per protagonista la stessa donna che scambia quel Gesù, ritornato a nuova vita e presente davanti a lei, per il custode dell'area cemeteriale gerosolimitana.
Come è potuto accadere questo inganno? La risposta è nella natura stessa dell'evento pasquale che incide nella storia, ma è al tempo stesso un atto soprannaturale, misterioso, trascendente. Per "riconoscere" il Risorto non bastano gli occhi del volto e neppure aver camminato con lui e ascoltato i suoi discorsi sulle piazze palestinesi o cenato con lui. È necessario uno sguardo profondo, un canale di conoscenza superiore. Infatti Maria "riconosce" Gesù solo quando la chiama per nome e gli occhi della sua anima si aprono ed esclama «in ebraico Rabbuní, che significa: Maestro!» (20, 16) e, così, riceve la missione di essere testimone della risurrezione: «Va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro. Maria di Magdala, allora, andò subito ad annunziare ai discepoli: Ho visto il Signore! e anche ciò che le aveva detto» (20, 17-18).
Ora, Maria di Magdala era entrata in scena per la prima volta nel Vangelo di Luca come una delle donne che assistevano Gesù e i suoi discepoli coi loro beni. In quell'occasione si era aggiunta una precisazione piuttosto forte: «da lei erano usciti sette demoni» (8, 1-3). Proprio su quest'ultima notizia si è consumato l'equivoco radicale che non l'ha mai abbandonata nella storia successiva. Di per sé, questa espressione nel linguaggio biblico poteva indicare un gravissimo (il sette è il numero della pienezza) male fisico o morale che aveva colpito la donna e da cui Gesù l'aveva liberata. Ma la tradizione, ripetuta mille volte nella storia dell'arte e perdurante fino ai nostri giorni, ha fatto di Maria una prostituta. Questo è accaduto solo perché nella pagina evangelica precedente – il capitolo 7 di Luca – si narra la storia della conversione di un'anonima «peccatrice nota in quella città», colei che aveva cosparso di olio profumato i piedi di Gesù, ospite in casa di un notabile fariseo, li aveva bagnati con le sue lacrime e li aveva asciugati coi suoi capelli. Si era così, senza nessun reale collegamento testuale, identificata Maria di Magdala con quella prostituta senza nome.
Ora, questo stesso gesto di venerazione verrà ripetuto nei confronti di Gesù da un'altra Maria, la sorella di Marta e Lazzaro, in una diversa occasione (Giovanni 12, 1-8). E, così, si consumerà un ulteriore equivoco per Maria di Magdala: da alcune tradizioni popolari verrà identificata proprio con questa Maria di Betania, dopo essere stata confusa con la prostituta di Galilea. Ma non era ancora finita la deformazione del volto di questa donna. Alcuni testi apocrifi cristiani, composti in Egitto attorno al III secolo, identificano Maria di Magdala persino con Maria, la madre di Gesù!
E lentamente la sua trasformazione si era talmente allargata che essa, in quegli scritti non canonici, si mutava in un simbolo, ossia in un'immagine della Sapienza divina che esce dalla bocca di Cristo. È per questo – e non per maliziose allusioni a cui saremmo tentati di credere a una lettura superficiale, allusioni trasformate in cialtronesche "evidenze" storiche dal Codice da Vinci di Dan Brown – che il Vangelo apocrifo di Filippo dice che Gesù «amava Maria più di tutti i discepoli e la baciava sulla bocca». Ora, nella Bibbia si dice che «la Sapienza esce dalla bocca dell'Altissimo» (Siracide 24, 3). Strano destino quello di Maria di Magdala, abbassata a prostituta ed elevata a Sapienza divina! Per fortuna, l'unico che la chiamò per nome e la riconobbe fu proprio Gesù, il suo Maestro, il Rabbuní, in quel mattino di Pasqua.
A questo punto rimandiamo brevemente al libro appena edito a cui accennavamo. Esso introduce Maria Maddalena con un profilo del tutto spirituale, ma sempre secondo gli equivoci sopra indicati che la rendevano sorella di Marta e Lazzaro e naturalmente ex prostituta. A elaborare questo ritratto è un importante rappresentante della scuola francese di spiritualità, il cardinale Pierre de Bérulle, nato nel 1575 nel castello di Sérilly a Troyes sulla Senna, città sede della firma del famoso trattato omonimo che pose fine al secondo periodo della guerra dei Cento anni. Egli esercitò un notevole influsso sulla cultura religiosa del suo tempo, fondò una congregazione, compose una vasta bibliografia, delineò una spiritualità fortemente cristocentrica di matrice paolina, che aveva come asse tematico la kénosis – cioè lo "svuotamento" che il Figlio di Dio sperimenta nel suo divenire uomo, ossia nell'Incarnazione –, divenne persino consigliere del re di Francia Luigi XIII e di sua madre Maria de' Medici, prima di morire nel 1629.
Cardinale G. Ravasi, Il Sole 24 ore, 21 luglio 2013
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