Il Senato che muore già è infestato dai fantasmi. Due spettri in carne e ossa, tetro ossimoro del renzusconismo
segreto, che c’è ma non si vede, che si aggirano a Palazzo Madama
quando il voto segreto affossa solo per un istante il fatidico patto
Bierre del Nazareno.
Da un lato ritornano dall’oltretomba bersaniano (in senso politico, ovviamente) i Centouno che tradirono Romano Prodi per la successione di Giorgio Napolitano.
Dall’altro c’è lo stesso Renzi che più va giù e più sventola e agita il
patto, come ha fatto ieri nella direzione del Pdr, il Partito
democratico renziano, sfidando il ridicolo e l’evidenza: “Quando leggo:
che cosa c’è scritto nel patto del Nazareno? È un atto parlamentare, può
piacere o no ma è un atto parlamentare. Quando vedo anche alcuni nostri
dirigenti che dicono: chissà cosa c’è sotto? Questo è il governo che ha
declassificato il segreto di Stato, figuriamoci… Quello che mi
preoccupa è la forma mentis, questa idea che i politici mascherino
sempre le cose. Evitiamo di giocare alla meno”. Chiosa un notissimo
esponente berlusconiano: “Più Renzi perde pezzi e più il patto con
Berlusconi si rinforza”. Che tradotto vuol dire: resteranno loro due
contro tutti.
Nella tela segreta del Nazareno, il premier sta ricamando la nuova versione della legge elettorale come via d’uscita, spera lui, dall’infernale pantano del Senato. L’accordo prevede il Toscanum, non più l’Italicum, l’introduzione delle preferenze e la nuova intesa dovrebbe essere siglata la prossima settimana, forse martedì, tra i due contraenti, lo Spregiudicato e il Pregiudicato. A quattr’occhi, però, “Matteo” e “Silvio” rinnoveranno pure un’altra clausola del loro patto segreto, che comprende, sulla carta, riforme, legge elettorale e giustizia. È il comma anti-Prodi, come viene chiamato nella ristretta cerchia che custodisce il sacro testo (oltre B. e Renzi: Verdini, Gianni Letta e il sottosegretario Luca Lotti).
Il patto del Nazareno contiene infatti anche un protocollo tra il premier e il Condannato sulla “condivisione” del nome del prossimo presidente della Repubblica. Fantasma dei Centouno a parte, il tema della successione a Napolitano sta tornando sempre più attuale e tutto fa pensare che il 2015, al massimo a luglio, sarà l’anno che chiuderà il regno novennale del primo ex comunista salito al Quirinale. Così chi conosce tutti i dettagli e le clausole del patto segreto rivela che l’ex Cavaliere ha chiesto e ottenuto una precisa garanzia da Renzi: “In nessun caso, durante le trattative, dovrà essere fatto il nome di Romano Prodi”. Il Fatto ha interpellato alcuni parlamentari forzisti per chiedere una conferma ufficiale della pregiudiziale anti-Prodi ma tutti, pur confermando, non hanno voluto rilasciare dichiarazioni in questa fase. Dicono a taccuino chiuso: “È certo che i due si sono accordati per un nome condiviso e questo nome non potrà mai essere Prodi”. L’antiprodismo di B. è storico: il Professore è il suo vero incubo, come dimostra la storia dell’aprile del 2013: “Meglio D’Alema di lui”, disse. Senza dimenticare che un’opzione renziana per Prodi significherebbe un’apertura ai grillini.
Senato non elettivo, abolizione del bicameralismo, riforma della giustizia, accordo sul Quirinale in funzione anti-prodiana, salvaguardia del colossale conflitto d’interessi del Condannato. Il patto del Nazareno è questo e il dibattito di questi convulsi giorni a Palazzo Madama ha una fine nota e segnata, a favore dell’accordo tra B. e Renzi. Come ha detto il leghista Centinaio, accusando Grasso: “Abbiamo eletto lei presidente del Senato e non Zanda o Verdini e dovrebbe condurre i lavori indipendentemente da quello che le dicono i partiti del patto del Nazareno”.
Da Il Fatto Quotidiano dell’1 agosto 2014
“Non sono sorpreso dalla clausola anti-Prodi del Patto del Nazareno”. Non si aspettava altro Romano Prodi. Sconta il peccato originale di esser stato l’unico candidato alla presidenza del Consiglio ad aver battuto Silvio Berlusconi.
Prima i due governi auto-affossati dal centrosinistra (1998 e 2008),
poi i 101 voti mancanti del Pd, l’orribile scherzetto parlamentare che
chiuse al Professore le porte del Quirinale (2013) aprendo quelle delle larghe intese. Ma non basta, perché come rivelato dal Fatto Quotidiano, e confermato dalla pasdaran berlusconiana Mariarosaria Rossi sull’huffingtonpost.it,
proprio nel “papello” del Nazareno, uno dei punti fermi riguarda ancora
l’incubo dell’ex Cavaliere. Così recita il Patto: “In nessun caso,
durante le trattative per l’elezione del prossimo presidente della
Repubblica, potrà essere fatto il nome di Romano Prodi”. Il Professore
ripete da ormai più di un anno, proprio dallo scherzetto dei 101,
che per lui i giochi sono finiti: “Game over, non andrò mai al Colle”.
Pretattica? Un modo per non bruciare la possibilità di ritornare in
corsa al momento opportuno? Può darsi, molti osservatori lo hanno
pensato. Ma ieri mattina per Prodi quella che poteva essere
un’intuizione è diventata certezza di fronte alla prima pagina del Fatto:
“Ultimo segreto del Nazareno: Prodi mai sul Colle”. Quando il
Professore risponde al telefono, nel primo pomeriggio di ieri, ha già
sfogliato il Fatto da diverse ore. E si aspetta questa chiamata. “Pronto, eccovi”.
Buongiorno Presidente, ha letto della clausola anti-Prodi del Patto del Nazareno, sul Fatto?Come no? Certo che ho letto.
Ed è sorpreso?No. Non sono sorpreso per niente. Non parlo. Non dico nulla. Anzi, una cosa la dico…
Prego.È l’unica buona notizia politica delle ultime settimane. Vi ringrazio. Adesso basta, però.
Ma c’è qualcosa di positivo in questo Patto del Nazareno, a parte la clausola anti-Prodi?Faccia conto che io sia in viaggio nel deserto o sulla luna, senza portatile.
No, mi scusi posso farle ancora una domanda Presidente? Una sola.No.
Lei avrebbe mai stretto un accordo con Berlusconi per riformare la Costituzione?Può chiedermi come mi chiamo al massimo, le rispondo: Romano Prodi.
È il 18 gennaio 2014, il premier e segretario del Pd Matteo Renzi incontra il padrone di Forza Italia Silvio Berlusconi.
Immaginate la scena, Berlusconi che fissa questo preciso punto: “Il
prossimo presidente della Repubblica lo scegliamo insieme . E l’unico
nome che non si potrà fare sarà quello di… Romano Prodi”. Renzi, che ha
provato fin da quell’aprile 2013 ad allontanare, a parole, dai suoi
fedelissimi l’onta dell’agguato al Professore, alza lo sguardo verso
l’ex Cavaliere, si protende per stringergli la mano e dice: “Sì,
eleggeremo insieme il capo dello Stato e non sarà Prodi”. Ci pensa la
senatrice Mariarosaria Rossi – tesoriere di Forza Italia, fedelissima di
Berlusconi e amica intima della fidanzata Francesca Pascale – a
confermare tutto: “Sarà naturale per voi eleggere insieme al Pd il
successore di Napolitano?”, le chiede Alessandro De Angelis dell’huffingtonpost.it. “Non sbaglia”, risponde lei sicura. Game over.
Da Il Fatto Quotidiano del 2 agosto 2014
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