Oggi l’editoriale di prima pagina del Giornale (“Non
possiamo dialogare con tutti”) porta la firma di monsignor Luigi Negri,
arcivescovo di Ferrara-Comacchio che nei giorni scorsi ha esposto sull’arcivescovado il simbolo dei cristiani perseguitati iracheni.
«È un fatto enorme – scrive Negri – questo gigantesco esodo di massa di cristiani espulsi dai luoghi dove da millenni era radicata la presenza cristiana, esclusivamente perché cristiani. Quindi per quello che la tradizione cristiana chiama l’odio della fede. E questo deve essere detto esplicitamente: non sono soltanto buttati fuori dalle loro case, privati di tutti i loro beni, privati di tutti i loro diritti e quindi della possibilità di sussistenza; ma la ragione di tutto questo è la fede». E questo, scrive l’arcivescovo, «i cristiani, la Chiesa, non possono non sentirlo come un evento terribile e insieme grandioso, perché è l’evento del martirio».
«È un fatto enorme – scrive Negri – questo gigantesco esodo di massa di cristiani espulsi dai luoghi dove da millenni era radicata la presenza cristiana, esclusivamente perché cristiani. Quindi per quello che la tradizione cristiana chiama l’odio della fede. E questo deve essere detto esplicitamente: non sono soltanto buttati fuori dalle loro case, privati di tutti i loro beni, privati di tutti i loro diritti e quindi della possibilità di sussistenza; ma la ragione di tutto questo è la fede». E questo, scrive l’arcivescovo, «i cristiani, la Chiesa, non possono non sentirlo come un evento terribile e insieme grandioso, perché è l’evento del martirio».
DENUNCIA ESPLICITA. Negri riprende le parole di papa Francesco e l’intervento sull’Osservatore Romano
del cardinale Kurt Koch per osservare che «non si capisce perché alcune
cose vengano chiamate Shoah e per questo non venga usato lo stesso
termine, che dice di una spaventosa e dissennata ideologica violenza
contro l’altro semplicemente perché ha una posizione religiosa diversa
dalla propria». Il problema, dice Negri, «è che c’è una grande
difficoltà a una denuncia esplicita. (…) Dovremmo essere più coraggiosi
nella denuncia. Il coraggio è un aspetto della testimonianza cristiana, è
un aspetto fondamentale dell’impatto con la realtà del mondo e degli
uomini che ci vivono. Queste responsabilità dunque devono essere dette e
proclamate, altrimenti anche le denunce e la volontà di condividere la
situazione tremenda di tanti nostri fratelli rischiano di essere
parziali».
DIALOGO SENZA VERITA’. Gli occidentali, osserva
l’arcivescovo, rischiano di «nascondere o quanto meno di ridurre
l’impatto con questo mondo islamico che, ci piaccia o no, ha la
responsabilità storica di questi eventi oggi come lungo i secoli che
hanno preceduto questo ultimo. Forse c’è una prevalenza della volontà di
dialogo a ogni costo che deprime la verità. E un dialogo senza la
verità o che non parta dalla verità non è un dialogo: è un compromesso, è
una connivenza, è un’ignavia». Per questo, conclude Negri, l’Occidente
non deve ricadere nell’errore che commise «nei confronti della terribile
vicenda hitleriana. (…) Non avere il coraggio di questa denuncia è
esattamente nella misura della debolezza della fede. Il resto finisce
per essere solo vaniloquio. La Chiesa non ha bisogno di vaniloqui e, per
quel che mi risulti, neanche Dio».
fonte: Tempi-it
Nessun commento:
Posta un commento