Michele Ainis per il "Corriere della Sera"
La
madre dei cretini è sempre incinta, diceva Longanesi. In Italia, anche
la madre delle leggi. Perché ne abbiamo troppe in circolo, e per lo più
sconclusionate. Solo che da un po’ di tempo in qua il parto dura più
della stessa gravidanza.
Ciclicamente
il governo annunzia il lieto evento, appende un fiocco rosa sull’uscio
di Palazzo Chigi, convoca parenti e conoscenti. Tu corri, tendendo
l’orecchio per ascoltare i primi vagiti dell’infante. Invece risuona
un’evocazione, un presagio, un desiderio. La legge non c’è, non c’è
ancora un testo. C’è soltanto un pretesto.
Le
prove? Sono conservate nei verbali del Consiglio dei ministri. Scuola:
annunci al quadrato e al cubo durante i geli dell’inverno, finché il 3
marzo sbuca la notizia: il governo ha approvato le slide , evidentemente
una nuova fonte del diritto. In compenso 9 giorni dopo approva pure un
testo, che però è più misterioso del segreto di Fatima. O della spending
review : difatti i report di Cottarelli non sono mai stati resi
pubblici.
Riforma
della Rai: batti e ribatti, poi il 12 marzo via libera alle linee
guida, altra nuova fonte del diritto. Falso in bilancio: sul Parlamento
incombe da settimane l’emendamento del ministro Orlando. Nessuno l’ha
letto, forse perché lui non lo ha mai scritto. Jobs act: il 20 febbraio
il Consiglio dei ministri timbra due schemi di decreto, le commissioni
parlamentari competenti non li hanno ancora ricevuti .
E
via via, dal Fisco (il 24 dicembre venne approvato un comunicato, non
un testo) alla legge di Stabilità (che si materializzò una settimana
dopo la sua deliberazione, peraltro senza la bollinatura della
Ragioneria generale).
A
leggere la Costituzione (documento non ancora secretato), due sono gli
strumenti con cui il governo ci governa. Con i disegni di legge, che
però sono diventati più imperscrutabili dei disegni divini. Con i
decreti legge, sempre che ne ricorra l’urgenza. Tuttavia quest’ultima
viene a sua volta contraddetta dalle doglie interminabili con cui nasce
ogni provvedimento. Per esempio i due decreti (quello sulla giustizia e
lo sblocca Italia) decisi lo scorso 29 agosto, ma ricevuti dal Quirinale
il 12 settembre.
O
il decreto Madia sulla Pubblica amministrazione, deliberato il 13
giugno e poi tenuto per altri 11 giorni in naftalina. Nel frattempo
accade che i ministri radunati nel Consiglio votino non su un testo
bensì su un titolo, approvato «salvo intese» (fra chi?). Che altri
ministri annuncino modifiche a norme inesistenti, perché non ancora
emanate dal capo dello Stato (Orlando il 6 settembre, a proposito del
decreto sulla giustizia). Che gli studenti scendano in piazza contro la
Buona scuola, pur essendo una riforma ancora senza forma.
Insomma
troppe grida, da una parte e dall’altra. Nel 1979 il Rapporto Giannini
denunziò le «grida in forma di legge», ossia il pessimo costume di
confezionare norme inapplicabili. Oggi denunzierebbe le grida in forma
di prelegge. Però un rimedio c’è, basta volerlo. Come prossimo ministro,
Renzi ha bisogno di un ostetrico.
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