Gian Maria De Francesco per “il Giornale”
All'audizione
presso la commissione di Vigilanza sull'anagrafe tributaria ieri s'è
presentato con un trolley in mano, quasi a voler simboleggiare il suo
destino di prossimo partente. Perché forse Carlo Cottarelli sarebbe
rimasto volentieri a occuparsi di spending review (e non solo per lo
stipendio di 250mila euro annui), ma il premier Matteo Renzi lo ha messo
alla porta rispedendolo a Washington, lì da dov'era venuto, al Fondo
monetario internazionale.
«Non
vado via, resto fino al 31 ottobre e comunque sono soddisfatto del
lavoro», ha detto. Frasi di circostanza. Interpellato da deputati e
senatori, infatti, ha sibilato alcune sentenze che suonano come una
bocciatura delle scelte del governo. «Ottomila Comuni sono troppi,
bisognerebbe pensare a una riduzione che renda più facile il
coordinamento», ha sottolineato rimarcando la necessità di prevedere «un
meccanismo premiale per i Comuni che si mettono assieme».
Il
tema della riduzione delle amministrazioni locali è stato trattato
nelle fasi iniziali della spending review con Palazzo Chigi, «ma poi non
si è più tornati sull'argomento», ha aggiunto. Una stoccata al premier
che molto spesso rivendica il suo passato da sindaco come palestra per
la lotta agli sprechi. E ricordare che i Comuni sono troppi non è
sicuramente casuale nel momento in cui la legge di Stabilità accantona
la riduzione delle municipalizzate.
Con
eleganza Cottarelli ha inoltre ribadito che i tagli di spesa che
saranno inseriti nella legge di Stabilità non sono figli di valutazioni
tecniche, ma estemporanei. Se il disegno fosse stato organico, si
sarebbero toccate quelle voci di spesa come i piccoli Comuni che, allo
stato attuale, non hanno più ragion d'essere. Ma, come disse Renzi, la
spending è «politica» e così non se n'è fatto nulla.
Analogamente,
anche il capitolo dei fabbisogni standard (cioè la rimodulazione degli
acquisti di beni e servizi su criteri di economicità e di dimensione di
ciascuna amministrazione) lascia un po' a desiderare. «Penso che già nel
2015 sarà possibile usare i fabbisogni standard per la ripartizione di
almeno una parte del fondo di solidarietà dei Comuni e credo che la
legge di Stabilità dirà qualcosa in questo senso».
Cos'altro
avrebbe potuto dire di più Cottarelli per far capire che la manovra non
è impostata su una revisione organica della spesa, ma su criteri
estemporanei? Ad esempio, il taglio da 4 miliardi ipotizzato sugli
acquisti di ministeri, Regioni e Comuni non appare, al momento,
coordinato con l'utilizzo di Consip come unica centrale acquisti dello
Stato. Proprio il commissario uscente aveva voluto inviare duecento
lettere di messa in mora agli enti che compravano senza badare a spese.
Cottarelli
è stato puntuale, come al solito, nell'elencare i «bachi» del sistema
operativo della pubblica amministrazione. «Bisogna evitare di pensare
che tutte le spese siano buone», ha rilevato ricordando che anche «sulle
spese per Information & Communication Technology (Ict) c'è
incertezza: per la Ragioneria sono pari a 3 miliardi, secondo altre
stime arrivano intorno ai 5,5 miliardi».
Il
suo lavoro l'aveva portato a termine, anche se il pubblico ricorderà
Cottarelli per l'impegno nella riduzione delle auto blu o per la
proposta di spegnere l'illuminazione pubblica inutile nelle città. La
sintesi l'ha fatta il capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta: «Il
governo non ha la forza di approvare queste misure e pertanto
scatteranno gli aumenti delle imposte indirette». Il lascito di
Cottarelli, purtroppo, è questo.
Nessun commento:
Posta un commento