giovedì 17 ottobre 2013

Sassolino

E alla fine si toglie più di un sassolino dalla scarpa. Lui è Romano Prodi, premier ai tempi della prima trattativa di Alitalia con Air France-Klm, poi bocciata in nome dell’italianità. «Sono arrivati i capitani coraggiosi e il disastro che hanno fatto mi sembra abbastanza chiaro ed evidente. È costato al Paese più di 5 miliardi di euro e il problema non è ancora risolto».
Romano Prodi, interpellato sul dossier Alitalia a margine del Forum Euroasiatico a Verona, fa un affondo di quelli che non ci si aspetta da un personaggio dal temperamento mite e pacato come il suo. I capitani coraggiosi sono gli imprenditori che nel 2009 furono chiamati a raccolta da Silvio Berlusconi e decisero di partecipare al risanamento della compagnia aerea diventando azionisti di quella che poi divenne Cai, Compagnia aerea italiana. «Nel 2007 avevo cercato, vista la situazione dell’azienda, tutti gli accordi che avrebbero potuto renderla forte e che le avrebbero permesso di resistere sul mercato — ha spiegato Prodi —. Prima c’era stata una lunga trattativa con Lufthansa, abituata ad avere diversi hub: la cancelliera era favorevole, ma il consiglio di sorveglianza disse che non voleva avere a che fare coi sindacati Alitalia», ha raccontato.
«Ci fu — ha rivelato ancora il professore - una trattativa molto interessante con Air China. Parlai con l’allora premier, spiegandogli che a noi interessava avere una porta verso l’Asia e ricevere i milioni di turisti cinesi mentre a loro poteva interessare avere una porta in Europa e un centro di riferimento per l’Africa fuori dall’Africa. Erano molto interessati ma non erano pronti, avevano bisogno di tre-quattro anni». Poi arrivò la trattativa francese: «Era andata avanti con condizioni buone per l’Italia: non era la soluzione ideale ma era la migliore fra quelle rimaste. Poi sono andato via dal governo e non so cosa sia successo — ha detto l’ex premier —. Sono arrivati i capitani coraggiosi e il disastro che hanno fatto mi sembra abbastanza chiaro ed evidente. È costato al Paese più di 5 miliardi di euro e il problema non è ancora risolto».
Il professore ha evitato di commentare l’attuale operazione che prevede l’intervento di Poste Italiane, ma è stato molto chiaro nel giudizio della gestione della cordata di imprenditori italiani, tuttora presenti nell’azionariato dell’ex compagnia di bandiera che in questi giorni ha dato il via libera all’aumento di capitale da 300 milioni di euro. Un’operazione che ha ottenuto l’unanimità dei soci, che ora avranno un mese di tempo per aprire davvero il portafoglio. Intanto, sull’intervento delle Poste, la Commissione Ue si aspetta una notifica dall’Italia: «Quando ci sono dubbi sulla natura dell’operazione — ha fatto sapere il portavoce del commissario Ue alla concorrenza Joaquin Almunia — cioè se si tratti di aiuti di Stato o meno, gli Stati sarebbero saggi a notificarle a Bruxelles».
Smentita invece, da parte della ex compagnia di bandiera, l’ipotesi che sia già stato presentato un nuovo piano con tagli del personale, messa a terra degli aerei e tagli di rotte. «Sono indiscrezioni destituite di ogni fondamento» ha fatto sapere il vettore in una nota ufficiale nei minuti in cui si torna a parlare delle linee di credito e della necessità di risorse per volare ancora. «Mi auguro che tutti i soci sottoscrivano l’aumento di capitale di Alitalia» ha fatto sapere il direttore generale di Intesa Sanpaolo, Gaetano Miccichè. La banca ha ufficializzato nei giorni scorsi la sua partecipazione all’aumento con un impegno di 76 milioni di euro. 


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