E alla fine si toglie più di un sassolino dalla scarpa. Lui è Romano Prodi, premier
ai tempi della prima trattativa di Alitalia con Air France-Klm, poi
bocciata in nome dell’italianità. «Sono arrivati i capitani coraggiosi e
il disastro che hanno fatto mi sembra abbastanza chiaro ed evidente. È
costato al Paese più di 5 miliardi di euro e il problema non è ancora
risolto».
Romano Prodi, interpellato sul dossier Alitalia
a margine del Forum Euroasiatico a Verona, fa un affondo di quelli che
non ci si aspetta da un personaggio dal temperamento mite e pacato come
il suo. I
capitani coraggiosi sono gli imprenditori che nel 2009 furono chiamati a
raccolta da Silvio Berlusconi e decisero di partecipare al risanamento
della compagnia aerea diventando azionisti di quella che poi divenne
Cai, Compagnia aerea italiana. «Nel 2007 avevo cercato, vista la
situazione dell’azienda, tutti gli accordi che avrebbero potuto renderla
forte e che le avrebbero permesso di resistere sul mercato — ha
spiegato Prodi —. Prima c’era stata una lunga trattativa con Lufthansa,
abituata ad avere diversi hub: la cancelliera era favorevole, ma il
consiglio di sorveglianza disse che non voleva avere a che fare coi
sindacati Alitalia», ha raccontato.
«Ci fu — ha rivelato ancora il professore -
una trattativa molto interessante con Air China. Parlai con l’allora
premier, spiegandogli che a noi interessava avere una porta verso l’Asia
e ricevere i milioni di turisti cinesi mentre a loro poteva interessare
avere una porta in Europa e un centro di riferimento per l’Africa fuori
dall’Africa. Erano molto interessati ma non erano pronti, avevano
bisogno di tre-quattro anni». Poi arrivò la trattativa francese: «Era
andata avanti con condizioni buone per l’Italia: non era la soluzione
ideale ma era la migliore fra quelle rimaste. Poi sono andato via dal
governo e non so cosa sia successo — ha detto l’ex premier —. Sono
arrivati i capitani coraggiosi e il disastro che hanno fatto mi sembra
abbastanza chiaro ed evidente. È costato al Paese più di 5 miliardi di
euro e il problema non è ancora risolto».
Il professore ha evitato di commentare l’attuale operazione che prevede l’intervento di Poste Italiane,
ma è stato molto chiaro nel giudizio della gestione della cordata di
imprenditori italiani, tuttora presenti nell’azionariato dell’ex
compagnia di bandiera che in questi giorni ha dato il via libera all’aumento di capitale da 300 milioni di euro.
Un’operazione che ha ottenuto l’unanimità dei soci, che ora avranno un
mese di tempo per aprire davvero il portafoglio. Intanto,
sull’intervento delle Poste, la Commissione Ue si aspetta una notifica
dall’Italia: «Quando ci sono dubbi sulla natura dell’operazione — ha
fatto sapere il portavoce del commissario Ue alla concorrenza Joaquin
Almunia — cioè se si tratti di aiuti di Stato o meno, gli Stati
sarebbero saggi a notificarle a Bruxelles».
Smentita invece, da parte della ex compagnia di bandiera,
l’ipotesi che sia già stato presentato un nuovo piano con tagli del
personale, messa a terra degli aerei e tagli di rotte. «Sono
indiscrezioni destituite di ogni fondamento» ha fatto sapere il vettore
in una nota ufficiale nei minuti in cui si torna a parlare delle linee
di credito e della necessità di risorse per volare ancora. «Mi auguro
che tutti i soci sottoscrivano l’aumento di capitale di Alitalia» ha
fatto sapere il direttore generale di Intesa Sanpaolo, Gaetano Miccichè.
La banca ha ufficializzato nei giorni scorsi la sua partecipazione
all’aumento con un impegno di 76 milioni di euro.
fonte: Corriere della Sera, 17 ottobre 2013
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