Barbara Palombelli per “Il Foglio”, 3 settembre 2014
Immaginate
un padre di famiglia super indebitato – con gli usurai e i creditori
sulla porta di casa – che decida di regalare 80 euro ciascuno ai suoi
figli per mandarli al parco dei divertimenti. La favoletta-incubo che
abbiamo vissuto nei mesi scorsi e che ha portato il segretario
pro-tempore del Pd a un consenso di oltre il 40 per cento dei voti sulla
metà degli elettori italiani si può riassumere così.
Un
incosciente – che pure conoscerebbe a menadito il bilancio statale,
secondo gli agiografi imparato a memoria e custodito sul comodino – che
mente ai suoi, li illude e li porta al fallimento. Per fortuna nostra,
egli non è solo al posto di guida del governo e le continue
smentite-ritrattazioni sono il frutto di decine di persone di buonsenso
che – dietro le quinte dello spettacolino mediatico che molti per mesi
hanno bevuto e apprezzato – riescono a fermare e bloccare le promesse
insensate (primo fra tutti il capo dello stato, impegnato a rimettere la
barra dritta quasi tutti i giorni).
Al
rientro da un’estate in cui ci siamo immersi nel sangue della cronaca
nera – un horror continuo molto alimentato dai giornali e dalle tv –
scopriamo che il premier aveva scherzato. Non ci saranno riforme
mensili, non si cambierà verso, non succederà nulla di diverso dai
soliti governi: leggi delega, decreti attuativi, regolamenti da scrivere
nei prossimi anni, rinvii di provvedimenti che sembravano già
incassati. Eppure, basterebbe dire la verità agli italiani.
Quella
sarebbe una rivoluzione: mostrare i conti veri e ragionare insieme su
dei sacrifici inevitabili, per poi ripartire senza questa ombra che ci
sentiamo addosso, l’ombra del disastro che aleggia e tiene il paese in
una condizione di paura senza precedenti. Siamo spaventati,
terrorizzati. Più di quando eravamo poveri sul serio, più di quando i
terroristi internazionali e nostrani sparavano e gambizzavano nelle
strade. Ora più che mai è la paura che governa le scelte delle persone.
Chi
può, da Marchionne al cameriere che tenta la fortuna all’estero, se ne
scappa dall’Italia. Chi resta, sa che il suo patrimonio – anche senza
quella patrimoniale che era necessaria e che fu rinnegata senza motivo –
è dimezzato e non può essere messo sul mercato per mancanza di clienti.
Anche gli entusiasti del presidente del Consiglio dicono di esserlo
solo perché “dopo non c’è niente”, sai che allegria.
Dopo,
magari meglio se subito, dovrebbe esserci la verità. Quella che
dovevano dire Mario Monti ed Enrico Letta. Quella che Matteo Renzi ha
nascosto dietro una mancia costosissima e poco produttiva. Ho nostalgia
di Giuliano Amato 1992: si presentò pallido come un cencio in tv, ci
disse come stavano le cose, ci dette una gran mazzata, riposizionò
l’Italia fra i grandi dell’Europa (dove non siamo più da tempo). E il
giorno dopo ripartimmo, tutti insieme, verso la ripresa. Quella vera.
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