Giacomo Galeazzi per “la Stampa”
Il
precedente è storico: il decreto con cui nel 1986 Karol Wojtyla
cancellò un centinaio di diocesi. Una massiccia «spending review» per
istituzioni, risorse materiali e personale. Adesso il dossier per
ridurre il numero delle Chiese locali italiane è sotto osservazione al
dicastero vaticano dei Vescovi guidato dal cardinale Marc Ouellet. Sono
una trentina le diocesi con meno di 100mila abitanti che presto
potrebbero essere accorpate.
A fissare
i criteri, tra i quali le quote di parrocchie, sacerdoti e studenti
iscritti ai seminari diocesani, è stato il gruppo di lavoro istituito
alla Conferenza episcopale e presieduto dall’arcivescovo metropolita di
Potenza, Agostino Superbo.
Due
mesi dopo la sua elezione, papa Francesco ha fatto conoscere
all’assemblea generale della Cei il proprio orientamento favorevole ad
una semplificazione della Chiesa nazionale e ad un alleggerimento delle
articolazioni locali che in territori di limitata estensione provocato
la moltiplicazione di strutture formative, caritative, culturali e
assistenziali.
Le diocesi italiane
sono 226, mentre gli accordi concordatari del 1984 indicavano il
traguardo di scendere a 113. Una «anomalia» dovuta alla storica
centralità dell’Italia nella geografia ecclesiale.
Una
ipertrofia che oggi non ha più ragion d’essere alla luce di quella
«universalità» che ha reso fondamentali gli episcopati di nazioni un
tempo periferiche. così ora rischiano l’accorpamento diocesi come
Gubbio,Ozieri, Ischia, Jesi, Sessa Aurunca, Urbino, Lanusei. Sulla base
del fascicolo istruito dalla congregazione dei vescovi sarà Francesco a
stabilire tempi e modi degli accorpamenti. Un taglio da realizzare «in
spirito di fratellanza», non un’abolizione che assuma la forma di un
colpo di scure.
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