sabato 17 gennaio 2015

Freddo e sobrio

Per farsi un'idea del carattere dell'uomo basta ripescare una citazione di Ciriaco De Mita secondo il quale Sergio Mattarella sarebbe tanto freddo e sobrio che “in confronto a lui, Arnaldo Forlani era un movimentista”. Con le dimissioni di Giorgio Napolitano, la caccia a chi sarà il prossimo inquilino del Colle è entrata nella sua fase più concitata. E mentre nei Palazzi, nelle e tra le segreterie dei partiti, si prendono e disfano accordi, sui giornali fioccano ogni giorno le liste dei papabili. Anche se la rosa reale è probabilmente molto più ristretta di quanto si potrebbe pensare mettendo insieme tutti i nomi che vengono fatti.
Il 29 gennaio alle 15 partono le votazioni. Sulla carta qualcuno ha già più chance di altri, ma la sorpresa resta dietro l'angolo. Chi però non può certamente essere considerato tra gli outsider, è proprio il giudice costituzionale autore della famosa legge che rivoluzionò in senso maggioritario il nostro sistema elettorale.
Padre del “Mattarellum”
74 anni, palermitano, ex democristiano, soprattutto negli ultimi anni gli italiani hanno sentito parlare più che di lui, del suo Mattarellum. La legge elettorale che vide la luce dopo il referendum del 1993 e che segnò la svolta in senso maggioritario porta infatti il suo nome. Molto criticata all'epoca, fu poi largamente rimpianta quando al suo posto fu varato il famigerato Porcellum.
Le origini
Figlio di Bernardo, membro della Costituente, più volte ministro e pezzo da novanta della Democrazia cristiana, la carriera politica di Sergio inizia davvero solo con la tragica morte del fratello Piersanti, il presidente della Regione Sicilia assassinato dalla mafia il 6 gennaio del 1980 per aver avviato un rinnovamento delle istituzioni locali per niente gradito ai boss. Cresciuto nella corrente Dc che faceva riferimento ad Aldo Moro, entra infatti in Parlamento nel 1983, in “quota” Zaccagnini.
La carriera politica
Nel 1987 diventa ministro dei rapporti con il Parlamento nei governi De Mita e Goria. Poi ministro dell'Istruzione con Giulio Andreotti, carica dalla quale si dimette nel 1990 in segno di protesta contro l'approvazione della legge Mammì compiendo così il primo atto pubblico di ostilità verso Silvio Berlusconi essendo Fininvest tra i principali beneficiari di quella legge che normava il mercato radiotelevisivo in sostanza legittimando la situazione esistente in quel momento. Sopravvissuto alla fine della prima Repubblica, nella seconda riceve da Massimo D'Alema gli incarichi prima di vicepresidente del consiglio poi di titolare della Difesa e sarà ministro anche del governo Amato. Nel 2001 viene rieletto alla Camera con la Margherita. Riconfermato nel 2006 per la lista dell'Ulivo. Nel 2008, alla caduta del governo Prodi, cessa il suo mandato in Parlamento e dal 2011 è giudice della Corte costituzionale.
L'opposizione a Silvio Berlusconi
Ex esponente della sinistra democristiana, Mattarella è sempre stato un moderato di centrosinistra e un pioniere di quello che divenne l'Ulivo di Romano Prodi. Fondatore con altri del Partito Popolare, quando Rocco Buttiglione si allea con il leader di Forza Italia in vista delle elezioni del '96, lui si getta nelle braccia di Romano Prodi con cui darà vita all'Ulivo. Oltre che nella vicenda della legge Mammì e che nella scelta di Prodi, l'antipatia di Mattarella per Berlusconi si manifestò anche quando Forza Italia venne ammessa nel Partito Popolare Europeo, per lui la realizzazione di "un incubo irrazionale”.
Punti di forza e di debolezza
A suo favore ci sono sicuramente almeno tre fattori: primo, è un cattolico e dagli ambienti moderati è arrivata questa richiesta esplicita; secondo, è stato un ex ministro nei governi D'Alema ma ha anche fondato l'Ulivo con Prodi e questo potrebbe mettere d’accordo quasi tutto il Pd; terzo, ha un curriculum di tutto rispetto, grande esperienza politica ed è un giudice costituzionale. A frenare la sua corsa restano invece i cattivi rapporti con Berlusconi che anche nei giorni scorsi ha ribadito la necessità di un nome largamente condiviso e che sia garante di tutte le forze politiche. C'è poi anche il fatto di avere un profilo sicuramente molto lontano dall'idea renziana di “rinnovamento”. Senza sottovalutare la statistica che non gioca proprio a suo favore. Su 12 elezioni svoltesi dall'inizio dell'era repubblicana, in 9 casi la vittoria è stata appannaggio di un ex presidente della Camera (8 volte) o del Senato (in un solo caso). Mattarella non ha mai ricoperto nessuna delle due cariche. E tra quelli che, pur essendo giunti ai vertici delle istituzioni non hanno guidato né l'uno né l'altro ramo del Parlamento, potrebbe esserci già qualcuno con più chance di lui.

fonte: Panorama

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