di Enrico Fierro per “Il Fatto Quotidiano”
Dai nemici mi guardi Iddio ché dagli amici mi guardo io”. Oggi tutti
“mattarelliani”, tutti per “Sergiuzzo”, soprattutto i balenotteri
invecchiati e superstiti della grande Balena bianca. Torna la Dc, no,
non è mai andata via, nei secoli fedele come l’Arma, anche se dispersa
un po’ nel Pd renziano, un pezzetto nei vari tronconi del berlusconismo,
un pizzico nelle sigle neocentriste.
Ha
i lucciconi agli occhi Rocco Buttiglione, “Sergio è amico mio”, si
commuove Clemente Mastella, fa battute carine Pino Pisicchio, ma quante
botte si sono dati ai tempi d’oro della Dc. Ai congressi, certo, ma
ancora di più nei convegni che le varie correnti del partitone
organizzavano in ovattati conventi, lontano da occhi e orecchie
indiscreti. Abiti grigi, modi curiali, articolati pensieri per disegnare
feroci mappe del potere.
Leonardo
Sciascia fu affascinato da quel mondo e scrisse Todo Modo. Poi, certo,
si scadeva nella sguaiata volgarità e i nemici venivano triturati.
Franco Evangelisti, ras romano del potere andreottiano, poco prima di
morire raccontò i pranzi a casa di Salvo Lima, potente viceré siciliano.
A pranzo finito, quando ormai sulla tavola primeggiavano cannoli e
cassate, il proconsole del Divo Giulio praticava un rito, sempre lo
stesso. Alzava il cucchiaio in alto. “Quello era il segnale – è il
racconto di Evangelisti -. Salvo divideva il mondo in uomini e
ricchioni,che poi voleva dire tutto: cattivo o sleale o nemico, magari
solo antipatico, ma sempre ricchione. Salvo, dunque, agitava il
cucchiaio come uno scettro, tu facevi un nome, e lui: ricchione. Sergio
Mattarella: ricchione, e qualche volta anche cornuto…”.
LUI, IL CAVALLO di razza ora in corsa per il Quirinale, sapeva di
questa strana usanza, aveva messo nel conto l’odio di Lima e Ciancimino,
ma come da tradizione, cultura, carattere e formazione, non replicava.
“In confronto a lui Arnaldo (Forlani, ai tempi detto coniglio mannaro,
ndr) è un movimentista”, dice ancora oggi Ciriaco De Mita quando gli
chiedono un giudizio su Mattarella. Sopire, smussare, chetare.
Solo
una volta il promesso inquilino del Quirinale perse le staffe e prese
di petto Rocco Buttiglione. Era il 1995 e Buttiglione si impadronì di
Piazza del Gesù con l’obiettivo di traghettare quello che rimaneva della
Dc nei sicuri porti berlusconiani. Dismesso l’abito grigio Mattarella,
insieme ad una infuocata Rosi Bindi, gli urlò “fascista, fascista,
fascista”, tre volte, per sovrappeso lo definì “el general golpista
Roquito Buttiglione”. Rocco non si scompose, fece quello che doveva
fare, e per vendetta staccò luce, gas e telefoni agli altri occupanti
abusivi di quello che fu il quartier generale dei democristiani.
Gli
anni passano e gettano acqua sugli ardori del passato. “Quella – dice
oggi Buttiglione non più golpista – fu una esperienza dolorosa. Sergio
ha un carattere e quindi talvolta un cattivo carattere. Sarà un buon
presidente…”. “Sergio è amico mio, continuo a chiamarlo così, ma dai
prossimi giorni per me sarà il Presidente. Avrà uno stile einaudiano”.
Anche Clemente Mastella ha i lucciconi, anche lui ha dimenticato quel
terribile 1993, quando si candidò a segretario della Dc. Sergio suo e
Bodrato gli spezzarono le gambe: “Un partito moderato e conservatore non
può essere il nostro partito”.
Pure
l’onorevole Lorenzo Dellai promette sostegno e voti, anche lui ha
accantonato il passato e quella imposizione rutelliana del 2001 che
volle catapultato nel suo Trentino il siculo Mattarella. “Non possiamo
venire a sapere che uno si candida qui leggendo il Giornale di Sicilia”,
disse al tempo.
Da
Sergio mai una replica, una polemica, finanche qualche sorrisetto alle
accuse di essere un menagramo lanciate in pieno Parlamento da un
deputato siciliano. Massimo D’Alema affondò Prodi e arrivò finalmente al
governo, come vice scelse proprio Mattarella. Ilario Foresta,
imprenditore siculo e deputato di Forza Italia, attinse a piene mani da
Pirandello. “Onorevole D’Alema, Lei ha compiuto un grave errore nel
nominare alla vicepresidenza l’onorevole Mattarella, persona che stimo,
ma che coloro che lo conoscono bene affermano abbia una grave
prerogativa”. Toccatina unanime.
Ma
se, come dice Buttiglione, Mattarella ha un cattivo carattere, lo
nasconde bene. “Sarà un buon presidente – dice il filosofo – ma Renzi
non lo conosce bene”. Un cattivo presagio per il renzismo pigliatutto.
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