lunedì 4 aprile 2011

La curva ad U

Amore. Successo. Salute. La vita comincia a 50 anni. Foto di Inès de la Fressange, 53enne, che sorride: bei denti, perfetti nelle poche imperfezioni che fanno capire quanto sia tutto naturale. Ho tenuto il numero del settimanale francese Le Point sulla scrivania per giorni, senza aprirlo. Ho 46 anni, non mi manca molto a quella che viene annunciata come la seconda età dell’oro. Dopo i vent’anni, quando è il tempo di “avere tutto per possibilità” (Francesco Guccini, Eskimo), ecco i cinquanta, quando – promettono – la curva della felicità ricomimcia a salire creando una provvidenziale sorprendente U.

Ho finalmente aperto il giornale: dentro torna Inès che dice che a 50 anni si immaginava “nonna, in completo Chanel, con i suoi nipotini”. E invece? “Nel lavoro, stress zero. In amore, più premure”. In generale, “direi che il concetto stesso di felicità si comprende a 50 anni”.

Ho cominciato a leggere tutto il servizio (Bonheur à 50 ans), sono 14 pagine tra pezzo portante, interviste, grafici. In sintesi (estrema): negli anni Settanta, gli studi sulla condizione di benessere, di armonia con se stessi e il mondo, dimostrano che il grado di felicità di un Paese non ha nulla a che fare con gli indici della ricchezza (il Pil, il Prodotto interno lordo). Negli anni Novanta, l’economista britannico Andrew Clark studia 10 mila individui e riesce a isolare “la radice” della felicità. Non è il lavoro o il denaro, non il fatto di essere maschi o femmine, di essere single o sposati, con o senza figli. E’ l’età che determina il nostro grado di soddisfazione. E quale età? Dai 30 anni fino a tutti i 40 si scende in palude, a 49 si tocca il fondo del pozzo triste, a 50 si comincia a risalire, a 60 ci attende un’estasi esistenziale.
Sarebbero questi i famosi “migliori anni della nostra vita” che cantava Renato Zero?

Persino Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia 2001, sembra credere alla bontà della midlife:
Credo effettivamente che quando siamo giovani, pienamente attivi, entriamo in un rapporto ansioso con ciò che vogliamo diventare. Facciamo scelte azzardate per insicurezza. Quando raggiungiamo la metà della nostra vita professionale, familiare, patrimoniale sappiamo più o meno dove andiamo. E anche se ci capita di cadere riusciamo a rialzarci e ripartire
Sembra di capire che la chiave per aprire la porta di quella U esistenziale è una antica moderna saggezza. Che ci fa essere contenti, se non proprio felici, di quello che siamo e saremo. Una forma di lucidità che ci libera dall’ansia dei 30-40 e ci conforta mentre guardiamo a quella fetta intatta di vita buona - se avremo come dicono piene risorse fisiche e psichiche – che ci attende su una tavola che noi ci siamo apparecchiati nel tempo.
Voi tardo-quarantenni, cinquantenni, inizio-sessantenni vi sentite così? Credete (e sperimentate) che la midlife, la vostra mezza età, possa davvero offrire una seconda fioritura? Certo preferiremmo tutti avere vent’anni, non si discute, ma questo non esclude che (dopo i 49) non ci si possa sentire felici come allora

La Repubblica (web) 4 aprile 2011

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