domenica 27 marzo 2016

L'unica domanda essenziale

«Craterio, non far finta di controllare la situazione, di aver voluto provocare la mia collera! 
E se mi parli di Jeshua, rispondi all’unica domanda essenziale che si può formulare a questo proposito: è risuscitato o no? (…) È risuscitato, sì o no? È soltanto un saggio o è davvero il Figlio di Dio? È il Messia?».

«Nessuno è mai risuscitato».

«Come fai a sapere in anticipo quello che è vero e quello che non lo è? Quello che è possibile e quello che è impossibile? Credi veramente di sapere tutto sul mondo creato?».

Éric-Emmanuel SchmittIl vangelo secondo Pilato, 2000




sabato 26 marzo 2016

Traffico di certificazioni SOA

Politici, dirigenti, attrici e imprenditori. Sono circa 80 le persone rinviate a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sulle false attestazioni rilasciate dalla società Axsoa, l’azienda investita dall’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Giancarlo Cirielli e dal procuratore aggiunto Nello Rossi. I magistrati contestano, a seconda delle posizioni, i reati di associazione per delinquere, corruzione, falso e abuso d’ufficio. Secondo gli inquirenti, la Axsoa, società specializzata nella certificazione dei requisiti per la partecipazione agli appalti pubblici, era in grado di accontentare anche le imprese non in regola. Naturalmente occorreva elargire del denaro. Non si trattava certo di pochi spiccioli. Le tariffe per una falsa attestazione infatti, stando a quanto ricostruito dai magistrati romani, potevano arrivare ad attestarsi su cifre che si aggiravano intorno a 700 mila euro. Nonostante si trattasse di una cifra importante, questa sarebbe apparsa ragionevole. In ballo c’erano infatti alcuni tra i più corposi appalti pubblici banditi da aziende del calibro di Ama, Atac e Cotral, delle Poste, dei ministeri, del provveditorato per i Lavori pubblici o dei grandi ospedali. In questa storia dove i controllori si piegano agli interessi dei controllati, secondo quanto emerge dagli atti a disposizione della procura di Roma, la posta in ballo era rappresentata dalle Soa. Compito delle Società organismo di Attestazioni era quello di rilasciare documenti che fino a due anni fa, erano essenziali per le imprese che intendevano partecipare a gare d’appalto pubbliche. Nell’ordinanza il gip Simonetta D’Alessandro parla di un sistema criminoso basato su «un collaudato ed organizzato sistema, mascherato dietro l’attività di carattere pubblicistico esercitato dall’Axsoa spa, volto a vendere ai clienti della società di attestazione non già un servizio corretto ed imparziale di verifica dei requisiti e di successiva attestazione, bensì un pacchetto completo costituito dalla vendita dei requisiti di attestazione solo cartolare». Il prossimo 14 settembre, tra i numerosi imputati chiamati a difendersi dalle accuse mosse dalla procura di piazzale Clodio, c’è anche l’ex presidente dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, Giuseppe Brienza. L’attività di indagine delle Unità speciali Nucleo Tutela Mercati della Guardia di Finanza aveva condotto i magistrati capitolini a ritenere che Brienza, grazie alle pratiche «addomesticate» sarebbe riuscito ad ottenere consistenti benefit. Negli atti dell’inchiesta, spunta infatti un box auto pagato da un imprenditore e un attico a viale Nizza. Un immobile che Mario Calcagni aveva messo a disposizione, a titolo completamente gratuito, per la figlia di Brienza. Poi c’è la vicenda relativa ad un posto di lavoro per la sua compagna, e quella che riguarda una consulenza da 5000 euro al mese di cui lo stesso Brienza avrebbe beneficiato nella stessa Soa, ente che avrebbe dovuto controllare. Mario Calcagni, 64 anni, doveva essere un comune impiegato dell’Axsoa, ma in realtà, sarebbe stato una sorta di padre padrone dell’azienda. Era lui, secondo i pubblici ministeri, a ridistribuire le mazzette. Anche la moglie, Raffaella Bigonzi, in arte Raffaella Bergè, era finita nella bufera giudiziaria. La protagonista della soap opera «Centovetrine», secondo il gip avrebbe compiuto «operazioni atte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa» di un assegno circolare di 200mila euro. Anche Alfredo Gherardi, sempre della società Axsoa spa avrebbe gestito il presunto business illecito. Tra i nomi iscritti sul registro degli indagati spunta quello di Massimo Colletti, del direttore generale della Vigilanza, Maurizio Ivagnes, del funzionario dell'Ufficio Qualificazione Maria Grassini e del deputato di Scelta Civica, Angelo D'Agostino. Per il primo, ieri, il giudice per l’udienza preliminare ha dichiarato il non luogo a procedere. Nel caso di altri 3 indagati: Ivangnes, Francesco Di Svevo e Tiziana Carpinello, come nei confronti di Brienza il giudice ha dichiarato il non luogo a procedere limitatamente al reato di rivelazione del segreto d’ufficio. La posizione dell’ex presidente della Corte dei conti, Luigi Gianpaolino, era già stata archiviata. In abbreviato invece Gino Sorvillo è stato condannato a tre anni di reclusione. Mentre Bernardino Ciccarella è stato assolto. Per le circa 80 persone rinviate a giudizio, il prossimo appuntamento è fissato al 14 settembre, giorno in cui avranno la possibilità di difendersi raccontando la loro verità.
fonte: Andrea Ossino, Il Tempo

martedì 22 marzo 2016

Verso il nuovo codice

Nuove regole per arginare corruzione e collusione, coinvolgimento dei cittadini sulle grandi opere, soglie comunitarie per gli appalti, addio alla preferenza per l’offerta al massimo ribasso e, soprattutto, più poteri all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac). Per il governo il nuovo codice appalti, che recepirà tre direttive europee (23, 24 e 25/2015) entro il 18 aprile, è una vera e propria rivoluzione. Lo schema di decreto legislativo in 217 articoli dovrà regolamentare una disciplina complessa, che spazia dalle grandi opere pubbliche a servizi comemense ospedaliere e scolastiche, manutenzione del verde,servizi postalitrasportienergia e acqua. Ma il timore degli operatori è che l’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone si ritrovi paralizzata da un’ulteriore ed enorme mole di lavoro rallentando, nei fatti, la macchina degli appalti. Peraltro l’authority avrà armi spuntate, perché potrà dare multe non superiori a 50mila euro. Non solo: tra gli operatori del settore c’è anche preoccupazione per il fatto che le nuove regole non favoriscono la trasparenza a tutto tondo. Infatti riguardano principalmente le gare dai grandi importi, quelle cioè che, secondo i diktat di Bruxelles, partono da 5,2 milioni per lavori e concessioni, 135mila euro per forniture, servizi e progettazioni di autorità governative centrali (209mila per quelle sub-centrali) e 750mila euro per servizi sociali.
Sotto i “tetti” Ue resta l’affidamento diretto – Per gli affidamenti al di sotto di queste soglie resta invece il rischio concreto di favorire un sottobosco di relazioni e potentati locali, sia pure all’interno di un sistema più snello dei centri di gestione appalti, le cosiddette stazioni appaltanti, che scenderanno da circa 60mila ad appena 250. Il motivo? Al di sotto il tetto comunitario sarà possibile utilizzare procedure negoziate che, secondo il codice, consentono l’affidamento diretto dei lavori previa consultazione di almeno cinque operatori economici. Inoltre, secondo CgilCisl e Uil, che stanno preparando un incontro sul tema il 22 marzo a Roma, è preoccupante l’assenza nel testo di undivieto alle deroghe che si sono moltiplicate nei casi degli scandali ExpoMose l’Aquila.
Rischio caos nella fase di transizione – Fra le organizzazioni di categoria e gli imprenditori edili desta perplessità anche la fase di transizione in cui scompariranno gli attuali regolamenti attuativi per fare spazio alle linee guida di carattere generale, che dovranno essere approvate con decreto del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, su proposta dell’Anac e previo parere delle competenti commissioni parlamentari. Con il rischio concreto di un caos nel primo periodo di applicazione e con una elevata probabilità di confusione nell’interpretazione autentica delle norme del nuovo codice. Sul fronte occupazionale, infine, sono emersi dubbi per una normativa che cambierà completamente le regole del gioco in tema di appalti: secondo la Filca-Cisl la riduzione dal 40 al 20% della percentuale di lavori che i concessionari autostradali potranno fare attraverso le loro controllate di manutenzione mette a rischio posti di lavoro. L’altro rischio è che l’impatto organizzativo sulla macchina dello Stato, nella gestione del fabbisogno e nella programmazione, sia pesante. Secondo l’attuale testo, infatti, le amministrazioni che affidano appalti saranno tenute a presentare un programma biennale di acquisti beni e servizi (oltre i 40mila euro), oltre che un piano triennale dei lavori pubblici “in coerenza con il bilancio” per importi superiori ai 100mila euro. E dovranno pubblicarli sul sito nella sezione “amministrazione trasparente”.
Dal “massimo ribasso” all’offerta “più vantaggiosa” - Nel testo non mancano comunque gli spunti positivi, come l’introduzione dell’obbligo di coinvolgimento dei cittadinisulle grandi opere infrastrutturali. O anche l’eliminazione delle gare al massimo ribasso per fare spazio al criterio della “offerta più vantaggiosa” in termini di qualità e prezzo, obbligatoria per appalti di “servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica e per quei servizi in cui è fondamentale l’apporto di manodopera (si pensi ad esempio ai servizi di pulizia)” come chiarisce la relazione tecnica. Tuttavia, sulla materia, il documento lascia un certo margine di discrezionalità. Se da un lato, infatti, vengono fissati paletti per le nomine dei componenti delle commissioni di aggiudicazione, rigorosamente tratti da un albo Anac, dall’altro lo schema di decreto non fissa alcun parametro standard per individuare l’offerta migliore. Per non parlare del fatto che, per appalti di somme inferiori alle soglie comunitarie, la pubblica amministrazione potrà nominare soggetti interni per la commissione di aggiudicazione.
Se l’azienda non paga stipendi e contributi subentra l’appaltatore - Quanto alla fase esecutiva dei lavori, il codice introduce anche regole più stringenti per le aziende vincitrici di appalti a tutela delle casse dello Stato e dei lavoratori. All’articolo 30, la normativa si occupa sia dei casi di inadempienzaretributiva e contributiva dell’azienda affidataria e stabilisce che l’ente appaltante si faccia carico di pagare gli stipendi “detraendo il relativo importo dalle somme dovute all’affidatario” e di trattenere “dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi”. A vigilare sul corretto adempimento dei lavori ci sarà un responsabile unico di progetto, nominato dal soggetto appaltatore, con compiti specifici che verranno stabiliti dall’Anac. Se da un lato le aziende saranno più controllate, dall’altro sarà per loro più facile partecipare agli appalti perché nel giro di un anno è prevista “ladigitalizzazione delle procedure di tutti i contratti pubblici”.
Troppo lavoro per l’Anac. Ma la multa massima sarà di soli 50mila euro – Ma l’aspetto più rilevante del codice appalti è la stretta su vigilanza e controllo che il governo affida all’autorità guidata da Cantone. L’Anac dovrà infatti fornire alle aziende degli strumenti tipo come “linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo,contratti-tipo” per garantire efficienza e qualità del lavoro delle stazioni appaltanti. Non solo: l’autorità dovrà anche verificare che sia garantita l’economicità dei contratti pubblici, segnalare al governo e al Parlamento fenomeni gravi di inadempimento, formulare proposte di modifica all’esecutivo, predisporre una relazione annuale, controllare la “qualificazione degli esecutori dei contratti pubblici”, tenere l’albo dei commissari, gestire il sistema di controllo delle stazioni appaltanti, interloquire con le procure e disporre ispezioni avvalendosi della Guardia di Finanza.
Oltre ai poteri di vigilanza, l’Anac avrà poi anche poteri sanzionatori che tuttavia, a giudicare dagli importi pecuniari, appaiono armi spuntate se confrontate al giro di interessi in ballo. Le multe che l’autorità potrà comminare andranno infatti da un minimo di 250 euro a un massimo di 50mila euro. Per non parlare del fatto che i tempi di reazione dell’autorità rischiano di essere troppo lunghi. Un esempio può forse aiutare il complesso lavoro che gli esperti dell’Anac si troveranno ad affrontare. La delibera Anac 207 del 2 marzo 2016, che ha fatto luce su circa 1.800 affidamenti del comune di Roma, ha richiesto più di un anno di lavoro (l’istruttoria è stata avviata il 20 gennaio 2015). Troppo tempo per bloccare i guasti di un appalto in corso d’opera.

fonte: Il fatto

lunedì 21 marzo 2016

Un francobollo per Tina


Dal francobollo Tina Anselmi sorride. Le è toccato uno strano destino "alla Tina", come la chiamano familiarmente a Castelfranco Veneto, il paese dove è nata 89 anni fa, il 25 marzo per l'esattezza.

È stata prima in tutto: staffetta partigiana a 17 anni nella brigata Cesare Battisti, prima ministra donna nella storia italiana nel 1976, primo politico coraggioso a cercare di chiarire il groviglio di interessi e opacità della loggia P2. A lei è dedicato il francobollo che sarà emesso il 2 giugno giorno della festa della Repubblica. Per la prima volta le Poste scelgono una protagonista della storia pubblica mentre è in vita. Ci sono stati sì due Papi e sei presidenti della Repubblica ma ritratti in gruppo.

La Tina invece lo spazio se lo prende tutto per sé e - come sempre ha ripetuto fino alla sua ultima intervista proprio con Repubblica nel 2007, prima che la malattia la provasse - se lo prende per sé e per le donne.

"Dico alle mie nipoti, attente fate la guardia perché le conquiste non sono mai definitive". Comincia così domani sera, martedì, il documentario su Rai Storia alle 21,15 che Anna Vinci, l'autrice, ha voluto intitolare Tina Anselmi, la grazia della normalità. "La normalità - dice Vinci - significa rispetto della norma".

Perché "la Tina" nella sua lunga e travagliata vita politica ha mantenuto fermo un faro: "La democrazia ha bisogno di normalità". E ha spesso parlato della solitudine che ha accompagnato la sua battaglia contro i poteri oscuri che hanno piagato la storia d'Italia, quella P2 su cui non è stata fatta piena luce.  Dei pericoli come quei tre chili di tritolo accanto a casa, che non esplosero per un caso, e delle molte intimidazioni. Forte, ostinata e timida, alla vigilia dei suoi 89 anni Tina Anselmi viene raccontata dalla sorella Maria, da Dacia Maraini, da Enzo Giaccotto segretario politico durante l'impegno di ministro della Anselmi prima al dicastero del Lavoro poi alla Sanità, da Giovanni Di Ciommo che è stato suo collaboratore nella commissione d'inchiesta sulla P2. E poi ci sono le amiche, come Maria Luisa Gazzolo. E c'è la voce di Tina quando ricorda e svela. Parla della politica sommersa e dei fatti di sangue tra il 1976 e il 1981. Rivendica con una passione non banale il ruolo delle donne in politica: "Quando le donne si sono impegnate nelle battaglie - dice - le vittorie sono state vittorie per tutta la società. La politica che vede le donne in prima linea è politica d'inclusione, di rispetto delle diversità, di pace".


fonte: La Repubblica

venerdì 18 marzo 2016

sagre

Decreto Legge 9 febbraio 2012, n. 5 “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 33 del 09/02/2012 – Supplemento Ordinario n. 27, in vigore dal 10/02/2012, porta con sè molte novità tra cui molto interessante è quella proposta dall’art. 41  – Semplificazione in materia di somministrazione temporanea di alimenti e bevande – “L’attività temporanea di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di sagre, fiere, manifestazioni religiose, tradizionali e culturali o eventi locali straordinari, è avviata previa segnalazione certificata di inizio attività priva di dichiarazioni asseverate ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e non è soggetta al possesso dei requisiti previsti dall’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.”

Si tratta di una semplificazione che incide fortemente sulla sicurezza alimentare ossia la possibilità di garantire in condizioni igieniche ottimali acqua ed alimenti.

Per l’esercizio dell’attività di somministrazione temporanea di alimenti e bevande in occasione di fiere, sagre, manifestazioni religiose e culturali o eventi locali straordinari non è più necessaria l’autorizzazione  del Comune ma è sufficiente presentare la segnalazione certificata di inizio attività priva di asseverate dichiarazioni ai sensi dell’articolo 19 della Legge n. 241/1990.

Si precisa poi, al fine di consentire il più ampio esercizio di tale attività, che la stessa potrà essere esercitata anche in mancanza dei requisiti richiesti dall’art. 71 del Decreto Legislativo n.. 59/2010 che testualmente recita: Art. 71 – Requisiti di accesso e di esercizio delle attività commerciali.

1. Non possono esercitare l’attività commerciale dì vendita e di somministrazione:
a) coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione;
b) coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale;
c) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna a pena detentiva per uno dei delitti di cui al libro II, Titolo VIII, capo II del codice penale, ovvero per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, delitti contro la persona commessi con violenza, estorsione;
d) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro l’igiene e la sanità pubblica, compresi i delitti di cui al libro II, Titolo VI, capo II del codice penale;
e) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, due o più condanne, nel quinquennio precedente all’inizio dell’esercizio dell’attività, per delitti di frode nella preparazione e nel commercio degli alimenti previsti da leggi speciali;
f) coloro che sono sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, ovvero a misure di sicurezza non detentive;
2. Non possono esercitare l’attività di somministrazione di alimenti e bevande coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1, o hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, per delitti commessi in stato di ubriachezza o in stato di intossicazione da stupefacenti; per reati concernenti la prevenzione dell’alcolismo, le sostanze stupefacenti o psicotrope, il gioco d’azzardo, le scommesse clandestine, per infrazioni alle norme sui giochi.
3. Il divieto di esercizio dell’attività, ai sensi del comma 1, lettere b)e)d)e) e f) permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata. Qualora la pena si sia estinta in altro modo, il termine di cinque anni decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza, salvo riabilitazione.
4. Il divieto dì esercizio dell’attività non si applica qualora, con sentenza passata in giudicato sia stata concessa la sospensione condizionale della pena sempre che non intervengano circostanze idonee a incidere sulla revoca della sospensione.
5. In caso di società, associazioni od organismi collettivi i requisiti di cui al comma 1 devono essere posseduti dal legale rappresentante, da altra persona preposta all’attività commerciale e da tutti i soggetti individuati dall’articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252.
6. L’esercizio, in qualsiasi forma, di un’attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare e di un’attività di somministrazione di alimenti e bevande, anche se effettuate nei confronti di una cerchia determinata di persone, è consentito a chi è in possesso di uno dei seguenti requisiti professionali:
a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito o riconosciuto dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano;
b) avere prestato la propria opera, per almeno due anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente, presso imprese esercenti l’attività nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande, in qualità di dipendente qualificato, addetto alla vendita o all’amministrazione o alla preparazione degli alimenti, o in qualità di socio lavoratore o, se trattasi di coniuge, parente o affine, entro il terzo grado, dell’imprenditore in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all’Istituto nazionale per la previdenza sociale;
c) essere in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, almeno triennale, purché nel corso di studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti.
3. Sono abrogati i commi 2, 4 e 5 dell’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e l’articolo 2 della legge 25 agosto 1991, n. 287.

Sembra assurdo ma è proprio vero si è proceduto da un lato alla semplificazione delle sagre con la segnalazione certificata di inizio attività e dall’altro all’ampliamento della platea dei soggetti legittimati a farlo, includendovi anche i delinquenti abituali, per professione o per tendenza, e i rei di frode alimentari.
La domanda nasce spontanea: come sarà presa tale norma, se non viene modificata in sede di conversione del Decreto Legge, dalle Associazioni di Categoria, dalle Associazioni dei Consumatori ma soprattutto dai tanti ristoratori che sono invece soggetti al possesso dei requisiti di cui gli organizzatori delle sagre sono esentati? Ai posteri l’ardua sentenza.

Si evidenzia poi che già per le sagre, fiere o altre manifestazioni a carattere religioso, benefico, solidaristico, sociale o politico non è richiesto il possesso del corso di alimentarista (ex libretto di idoneità sanitaria) da parte degli addetti alla somministrazione di alimenti e bevande (art. 92 comma 14 legge 388 del 23/12/2000). Legge 23 dicembre 2000, n. 388 – “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)” : Art. 92 : 14. A decorrere dal 1° gennaio 2001 le disposizioni di cui all’articolo 14 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, e agli articoli 37, 39, 40 e 41 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, non si applicano al personale saltuariamente impiegato dagli organizzatori di sagre, fiere e manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico.

Per la parte sanitaria necessita presentare il Modulo per la notifica all’Autorità competente delle attività in campo alimentare soggette a registrazione ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento CE n. 852/2004, al Comune per il successivo inoltro all’Azienda Sanitaria Locale.

Permane l’obbligo di corresponsione dei diritti S.I.A.E. e di assolvimento (se dovuti) dei contributi E.N.P.A.L.S. in presenza di gruppi deputati all’intrattenimento musicale o in caso di utilizzo di apparecchiature per la riproduzione di musica. Le attività che si sviluppano a margine dei suddetti eventi e manifestazioni, quali quelle commerciali in forma ambulante, non godono di alcuna agevolazione.

Numerose sono le agevolazioni previste dalla normativa vigente per le associazioni o comitati, sia in tema di istituzione, tenuta-conservazione della documentazione sociale e fiscale, sia per quanto concerne l’assoggettamento alle imposte ai fini dell’I.V.A. e delle Imposte sui redditi del ricavato delle predette attività che in ogni caso debbono avere carattere di occasionalità e marginalità.

Tali agevolazioni in materia di Imposte sui redditi sono da ricondurre all’articolo 143 (comma 3 – lettera “a.”) del T.U.I.R. (“Esclusione dal reddito imponibile”) all’articolo 2 (comma 1 lettera “hh.”) del D.P.R. n. 696 in data 21/12/1996 (semplificazione degli obblighi di certificazione dei corrispettivi) nonché alle disposizioni dettate dall’articolo 8 (comma 2) della legge sul volontariato nr. 266/1991. In ultimo la legge n. 296 in data 27/12/2006 (cd. Legge Finanziaria 2007) al comma 185 ha statuito che le associazioni che operano o partecipano a manifestazioni di interesse storico, artistico e culturale legate agli usi ed alle tradizioni delle comunità locali sono equiparate ai soggetti esenti dall’imposta sul reddito delle società e non assumono la qualifica di sostituti d’imposta e sono esenti dagli obblighi stabiliti dal D.P.R. n. 600/1973. Inoltre, le prestazioni e le dazioni offerte da persone fisiche in favore delle medesime associazioni hanno carattere di liberalità ai fini delle imposte sui redditi. Tutte le attività che non rispettano i suddetti requisiti sono assoggettate all’I.V.A. e quindi alla certificazione dei corrispettivi riscossi, alle imposte sui redditi conseguiti ed alle norme in materia previdenziale ed assistenziale per l’assunzione del personale impiegato nell’attività, ecc..

Di particolare rilievo, in  tema di vendita e somministrazione di bevande alcoliche, le disposizioni di dettaglio di recente emanate dal Ministero dello Sviluppo Economico in attuazione del rinvio normativo di cui alla Legge n. 88 in data 07/07/2009 (articolo 23). Nel caso specifico, la Risoluzione n. 69837 in data 30/07/2009 della Direzione Generale per il Mercato, la Concorrenza, il Consumatore e Normativa tecnica, ha inteso fornire un’interpretazione che, per quanto riguarda la possibilità di somministrare temporaneamente bevande alcoliche nelle fiere, nelle sagre ed in ogni altra occasione in cui si promuovono produzione e/o commercio di prodotti tipici locali (laddove tale possibilità non sia esclusa da legge statale e sia invece espressamente prevista da legge regionale), nulla sia stato innovato dalla norma di cui alla Legge n. 88 in data 07/07/2009 (articolo 23). Pertanto, in presenza di regolare autorizzazione rilasciata anche ai sensi dall’articolo 86 del T.U.L.P.S., il divieto posto al secondo comma del nuovo articolo 14/bis della legge 125, infatti, non può riferirsi anche ad esercizi (sebbene posti su aree pubbliche) provvisti della licenza (anche se temporanea). Quale ulteriore incombenza amministrativa il decreto Legge n. 185 in data 20/11/2008 (articolo 30), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2/2009, ha introdotto il cosiddetto modello E.A.S. per la comunicazione dei  dati rilevanti ai fini fiscali da parte degli enti associativi. Sono pertanto tenuti alla presentazione del modello di comunicazione tutti gli enti associativi di natura privata, con o senza personalità giuridica, che si avvalgono di una o più delle previsioni di de-commercializzazione previste dagli articoli 148 del T.U.I.R. dall’articolo 4 (quarto comma – secondo periodo e sesto comma), del D.P.R. n. 633/1972. Non sono tenuti alla presentazione del modello le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali di cui all’articolo 6 della Legge 11/08/1991, n. 266, che non svolgono attività commerciali diverse da quelle marginali individuate con decreto del Ministro delle finanze 25 maggio 1995. Sono parimenti esonerate dalla presentazione del modello le associazioni pro-loco che optano per l’applicazione delle norme di cui alla Legge 16 dicembre 1991, n. 398, e gli enti associativi dilettantistici iscritti nel registro del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.)  che non svolgono attività commerciali.

Gli organizzatori dovranno garantire il rispetto di quanto previsto dall’Ordinanza del Ministero della Salute del 3 Aprile 2002, avente come oggetto: “Requisiti  igienico-sanitari per il commercio dei prodotti alimentari sulle aree pubbliche”; in particolare dovranno essere protetti gli alimenti dalla contaminazione tramite appositi schermi, gli addetti alla vendita dovranno indossare un camice di colore chiaro con adeguato copricapo, il banco di vendita dovrà essere posto a una determinata distanza dal suolo, etc..

I prodotti alimentari posti in vendita o somministrati, dovranno essere muniti di apposito cartellino degli ingredienti con evidenziati gli eventuali allergeni utilizzati, conformemente a quanto disposto dal Decreto Legislativo 27 gennaio 1992, n. 109 “Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari” e Decreto Legislativo 8 febbraio 2006, n. 114 “Attuazione delle direttive 2003/89/CE, 2004/77/CE e 2005/63/CE in materia di indicazione degli ingredienti contenuti nei prodotti alimentari”.

Per la somministrazione dei pasti si dovrà indicare nel menù gli eventuali ingredienti allergenici utilizzati, nel rispetto dell’Ordinanza 29 gennaio 2010 del Ministero della Salute, avente come oggetto“Misure urgenti in merito alla tutela della salute del consumatore con riguardo al settore della ristorazione”, con la quale vengono imposti nuovi obblighi ai ristoratori e a tutti coloro che somministrano alimenti.

I dolci e prodotti offerti dalle massaie del posto dovranno essere catalogati e numerati secondo il nome della persona che li ha prodotti e muniti dell’indicazione degli ingredienti utilizzati al fine di garantire la perfetta tracciabilità e rintracciabilità del prodotto.

Per il commercio e la somministrazione dei prodotti alimentari sulle aree pubbliche il responsabile dell’ “industria alimentare” come definita dall’art. 2, lettera b) del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155, deve procedere ad effettuare attività di autocontrollo (HACCP) nel rispetto dei principi e delle procedure stabilite da tale decreto legislativo.

fonte:polizialocale.com (maggio 2012)

sabato 12 marzo 2016

“Un negoziatore per la Libia? Prodi era nome giusto, ma a Renzi non piaceva

Lian piaceva

“Se l’Italia avesse proposto Prodi come negoziatore, tutte le fazioni libiche lo avrebbero accolto”. Questa l’opinione dell’ex premier Massimo D’Alema (Pd), intervenendo al convegno di Sinistra Italiana sulla situazione in Libia, al cinema Capranichetta di Roma. Il presidente della Fondazione ‘Italianieuropei‘ ha colto poi l’occasione per un affondo sarcastico sul rapporto tra il governo Renzi e il gruppo di Ala: “Potevano proporre Verdini, ma non so se i libici lo avrebbero accolto, il nome non piaceva…”. D’Alema ha poi aggiunto: “Se mettiamo insieme tutte le dichiarazioni di Renzi e del ministro Pinotti, viene fuori antologia confusa”. Poi ha criticato la posizione del governo italiano sul caso della morte di Giulio Regeni e sul rapporto tra l’esecutivo e l’Egitto: “In Italia qualcuno ha salutato il colpo di Stato come una cosa bellissima, li abbiamo accolti a braccia aperte, adesso qualcuno dovrebbe spiegarlo alla famiglia Regeni che quelli sono i nostri migliori amici nel Medioriente. L’Italia doveva fare di più per cercare la verità? “Una cosa è certa: la verità non è arrivata, bisogna fare di più per ottenerla” risponde D’Alema lasciando il convegno.

fonte: il Fatto

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