lunedì 19 marzo 2018

Dopo il 4 marzo

All’indomani delle elezioni politiche è possibile fare una valutazione di tipo generale: di fatto quasi in coincidenza con il 99° anno dalla nascita del Partito Popolare Italiano ad opera di don Luigi Sturzo, di cui è stata chiusa da pochi mesi la fase diocesana della causa di Beatificazione, nell’anno del 100° anniversario della morte del Beato Giuseppe Toniolo, grande sociologo, economista, politico capace di porre le basi dell’idea democratico cristiana, i cattolici, di fatto, si eclissano dalla vita politica nazionale in maniera pressoché definitiva.
La posizione degli ultimi venticinque anni, che ha affidato allo strumento del “lucido realismo”  la giustificazione ed il sostegno di una diaspora, che ha assunto le sembianze di uno sbrindellamento progressivo, non ha solo determinato il fallimento di una classe dirigente che ha confuso la sopravvivenza personale con il protagonismo di una visione sociale cristianamente ispirata, ma ha annullato la possibilità del passaggio del testimone dell’originale tradizione della presenza dei cattolici italiani (fondamentale per la nascita di un’ Europa che oggi stenta a ritrovare se stessa) alle giovani generazioni.
Si è trattato di una crisi politica? In minima parte sì ma ci si è trovati di fronte ad una crisi di pensiero che può essere descritta attraverso la domanda che Papa Francesco si è posto durante il colloquio con i Gesuiti il 24 ottobre dell’anno scorso durante la loro Congregazione Generale. Nella semplicità della risposta si coglie la distanza con un impegno politico ridotto a sopravvivenza nei palazzi e nei convegni autoreferenziali della classe dirigente di cui sopra, nostalgici di una organizzazione il cui mutamento nella storia data, fonte di paura per numeri in riduzione e calo delle rendite di posizione,  non avrebbe dovuto travolgere il pensiero, fulcro della capacità di ritrovarsi: “quando un’espressione del pensiero non è valida? Quando il pensiero perde di vista l’umano”.
Su queste basi si comprende appieno la sollecitazione del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il card. Bassetti, a superare l’artefatta distinzione tra “cattolici della morale” e “cattolici del sociale” dando una indicazione pastorale chiara che richiama la responsabilità dei laici: questa spaccatura innaturale, frutto di un mal interpretata opzione a scelte plurali, appare uno dei gravi errori compiuti che oggi, ridotti all’irrilevanza, diventa uno sprone. A fare cosa? A ritrovare tutto l’uomo – nascente, vivente, morente –, a rifarsi artefici di nuovo umanesimo, a disfarsi della zavorra, dotarsi del bastone del pellegrino ed iniziare una lunga attraversata nel deserto consapevoli di essere chiamati ad impegnarsi ancora una volta, controcorrente, ad innescare processi piuttosto che ad occupare spazi.
Non ha funzionato l’illusione della contaminazione tra culture politiche che ha agevolato la spaccatura e l’abbandono di una tradizione politico-culturale straordinaria e unitaria perché alla fine o si è andati a prestito di rivoluzioni altrui, arrivando a spacciare alleanze politico-elettorali come nuove identità create a tavolino, dove il cattolico poteva far fine senza impegno, con l’illusione del ritrovarsi a posteriori su grandi questioni; o si è ceduto al culto della personalità del leader di turno incoronato in cambio di un’azione di padrinaggio; o si è giustificato la trasformazione della ricerca del potere da mezzo a fine da ricercare in ogni direzione a seconda del caso e dell’elezione con una presunta necessaria quanto vaga presenza cattolica; o ci si è innamorati dell’idea di una politica improvvisata determinata dall’assenza di una visione conseguente alla riduzione della fede a mero fatto privato e spirituale; o si è dimenticato il senso della politica come alta forma di carità pensando a cattolici presenti per la fede e non a causa della fede.
Nel mentre che si verificava questo sbandamento politico epocale un intero mondo andava in altre direzioni e diventava sempre più silente nel dibattito civile del paese innamorandosi di una dimensione pre-politica deresponsabilizzante, ripiegata su se stessa e di una certa terzietà cattolica utile a farsi piacere a chiunque cedendo completamente al così detto politically correct che comporta non richiesta di rappresentanza e visione coerente ma solo riconoscibilità pari ad una qualunque ONG ed un po’ di ridistribuzione di singoli nei diversi anfratti politici salvo frange che iniziavano a confondere teologia con ideologia.
Quale direzione alternativa allora? Essa può essere colta proprio negli interventi del Santo Padre – che richiama da sempre all’impegno politico con la P maiuscola, come ha fatto Papa Benedetto XVI prima di lui – ossia i tre orientamenti fondamentali espressi nel discorso presso l’Università di Al-Azhar  al Cairo nel 2017, “dovere dell’identitàcoraggio dell’alterità e sincerità delle intenzioni” e nell’intervento al Convegno Ecclesiale di Firenze del 2015, dove, tra le altre cosa, ha spinto a dialogare non temendo il conflitto, a contribuire alla nazione come opera collettiva costruita attraverso la messa in comune delle cose che differenziano, incluse le appartenenze politiche e religiose, ricordando ai giovani di immergersi nel dialogo sociale e politico.
A questi giovani è possibile dare una indicazione di un processo possibile da innescare, di una sfida esigente da cogliere per ricostruire ciò che oggi non c’è più dopo una troppo lunga agonia?
Sì, tirando fuori dai musei delle commemorazioni le parole dell’attualissimo “Discorso di Caltagirone” di Sturzo che superano di botto false spaccature e riprendono il filo del pensiero che può attraversare la formazione e diventare azione: “Essa, la democrazia cristiana, è un ideale e un programma che va divenendo, anche senza il nome, evoluzione di idee, convinzione di coscienze, speranza di vita; essa non può essere una designazione concreta di forze cattoliche, ma una aspirazione collettiva, sia pure ancora vaga e indistinta”.

fonte: Giancarlo Chiapello, https://thedebater.it

domenica 18 marzo 2018

L'Apostola degli apostoli



Maria Maddalena, non una prostituta redenta (una visione nata probabilmente da un equivoco nella lettura dei Vangeli di Luca e di Giovanni, ufficializzata da Gregorio Magno nel 591 e rimessa da decenni ufficialmente in discussione dalla Chiesa) ma una 'Apostola degli Apostoli' (così la definisce il teologo Ippolito Romano, 170-235 d.C.). Maria Maddalena che, come scrivono Giovanni o alcuni vangeli apocrifi, faceva parte del gruppo dei discepoli, era ai piedi della Croce con Maria di Nazareth e per prima è testimone di Cristo risorto.
Un ritratto della figura biblica che arriva sul grande schermo in chiave anche moderna e 'femminista' in Maria Maddalena di Garth Davis, con Rooney Mara nel ruolo principale e Joaquin Phoenix per Gesù, nelle sale italiane dal 15 marzo con Universal. Un film, girato interamente in Sud Italia, tra la città vecchia di Matera, la campagna pugliese (per ricostruire i dintorni di Cana e Gerusalemme), e la Sicilia (per la Galilea), che si è anche rivelato galeotto per i due attori protagonisti, diventati una coppia dopo le riprese. Davis, che ha conquistato il pubblico internazionale con Lion, sulla base della sceneggiatura della drammaturga Helen Edmundson e di Philippa Goslett, ci ripresenta il percorso di Gesù fino alla Crocifissione e alla Resurrezione, dagli occhi di Maria di Magdala (Mara in una performance costruita con intensità anche sulle attese e i silenzi), giovane donna tanto religiosa quanto intenzionata a non piegarsi alla volontà della sua famiglia di imporle un matrimonio combinato.
Gesù (nella versione inquieta, vulnerabile e più umana che mai di Phoenix) in viaggio con gli apostoli verso Gerusalemme per la Pasqua ebraica, viene chiamato dai famigliari di Maria Maddalena per sottoporla a un esorcismo, ma lui ne individua invece la purezza e lei convinta dal messaggio del 'Messia' decide di unirsi agli Apostoli, lasciandosi tutto alle spalle. Una nuova presenza malvista da Pietro, che la vede come una figura di misericordia ma anche come un elemento di debolezza per il gruppo, che pensa sia destinato a guidare una rivoluzione. Nella rilettura del film è coinvolto anche Giuda (Tahar Rahim), che tradisce Gesù sperando di accelerare così la venuta del 'Nuovo Regno'.
Davis non riesce a tenere il filo del racconto con abbastanza autorevolezza ma regala soprattutto a livello visivo un viaggio spesso affascinante, costruito sui colori della natura e di luoghi millenari. Maria Maddalena ne emerge come la figura intorno a Gesù capace di comprendere prima di tutti gli altri che ''il 'regno', o qualsiasi prospettiva in cui crediamo, deve iniziare dentro noi stessi - ha detto Rooney Mara -. Il nostro spirito deve poggiarsi su pilastri come l'amore e la gentilezza. Il messaggio di Maria è oggi più rivoluzionario che mai e la nostra speranza è che possa avere grande diffusione''. Anche Davis trova che il messaggio del film sia di grande attualità: ''spero che la gente si fermi ad ascoltare e riflettere. Dio è nel silenzio. Fermare l'ideologia, le discussioni e la rabbia: dobbiamo trovare il nostro posto in una dinamica di amore e ascolto''.
fonte: Ansa

lunedì 12 marzo 2018

Politica vuol dire realizzare

Il leader M5S Luigi Di Maio lancia un nuovo appello per la formazione del governo e cita le parole di ieri del presidente della Cei, cardinale Angelo Bassetti.
"Faremo tutto il possibile per rispettare il mandato che ci hanno affidato. Mi auguro che tutte le forze politiche abbiano coscienza delle aspettative degli italiani: abbiamo bisogno di un governo al servizio della gente", scrive Di Maio dal blog, sottolineando: "Non abbiamo a cuore le poltrone ma che venga fatto ciò che i cittadini attendono da 30 anni".
Scrive il capo politico M5s sul blog:
''Politica vuol dire realizzare'' diceva Alcide De Gasperi, ed è a questo che tutte le forze politiche sono state chiamate dai cittadini con il voto del 4 marzo. Più precisamente a realizzare quello che anche nella dottrina sociale della Chiesa viene chiamato ''bene comune'', che è ciò che noi in tutta la campagna elettorale abbiamo indicato come ''interesse dei cittadini''.
"Noi non abbiamo a cuore le poltrone, abbiamo a cuore che venga fatto ciò che i cittadini attendono da 30 anni e che ci hanno dato il mandato di realizzare con oltre il 32% di consenso", prosegue.
"Abbiamo messo al primo posto- aggiunge- la qualità della vita dei cittadini che vuol dire eliminazione della povertà (con la misura del reddito di cittadinanza che è presente in tutta europa tranne che in Italia e in Grecia), una manovra fiscale shock per creare lavoro, perché le tasse alle imprese sono le più alte del continente, e finalmente un welfare alle famiglie ricalcando il modello applicato dalla francia, che non a caso è la nazione europea dove si fanno più figli, per far ripartire la crescita demografica del nostro paese".
fonte: Huffpost 11 marzo 2018



Salvare il seme


Don Camillo spalancò le braccia [rivolto al crocifisso]: “Signore, cos’è questo vento di pazzia? Non è forse che il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione?”.

“Don Camillo, perché tanto pessimismo? Allora il mio sacrificio sarebbe stato inutile? La mia missione fra gli uomini sarebbe dunque fallita perché la malvagità degli uomini è più forte della bontà di Dio?”.

“No, Signore. Io intendevo soltanto dire che oggi la gente crede soltanto in ciò che vede e tocca. Ma esistono cose essenziali che non si vedono e non si toccano: amore, bontà, pietà, onestà, pudore, speranza. E fede. Cose senza le quali non si può vivere. Questa è l’autodistruzione di cui parlavo. L’uomo, mi pare, sta distruggendo tutto il suo patrimonio spirituale. L’unica vera ricchezza che in migliaia di secoli aveva accumulato. Un giorno non lontano si troverà come il bruto delle caverne. Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell’uomo sarà quello del bruto delle caverne […] Signore, se è questo ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?”.

Il Cristo sorrise: “Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede e mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più, ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. Uomini di ogni razza, di ogni estrazione, d’ogni cultura”.

da “Don Camillo e don Chichì”

La peggior forma di governo

  " La democrazia è la peggior forma di governo, fatta eccezione per tutte le altre fino ad ora sperimentate " Winston Churchill a...