domenica 23 dicembre 2012

Cattolicesimo liberale

Il “cattolico liberale” è una razza rara. Ancora di più oggi che uno dei suoi più grandi interpreti, Francesco Cossiga, se ne è andato.
I cattolici liberali nacquero in Italia sotto la fine del regno pontificio. Pensavano, pochi e soli, fosse positivo per la chiesa perdere il potere temporale perché essa sarebbe stata più libera di andare al nocciolo della sua vocazione spirituale. Pensavano di dovere obbedienza al Papa, ai precetti della chiesa insieme (in questo senso non erano per nulla “liberal”), ma ritenevano anche fosse lecito, anzi doveroso, far lavorare la propria coscienza e mai piegare la testa aprioristicamente davanti a vescovi e cardinali. Il loro principali autori di riferimento erano senz’altro Antonio Rosmini, Alessandro Manzoni e John Henry Newman.
“Cossiga mi ha detto”, l’ultimo libro di Renato Farina (Marsilio, 18 euro) raccoglie una serie di confidenze fatte da Cossiga a Farina pochi mesi prima di morire, il 19 agosto 2010 e, assieme a tante chicche gustosissime, offre un quadro stupendo di cosa significhi essere cattolico e insieme liberale.
Dice Cossiga: “Io sono un democristiano del tipo cattolico liberale, che ha provato, e tuttora prova, a fare sua la lezione di Antonio Rosmini e di Alessandro Manzoni. Un cattolico infante che obbedisce alla chiesa laddove essa si esprima sulle questioni di etica pubblica. Incapace – come invece riesce con naturalezza del popolano romano, al segretario di stato permanente della Santa Sede, e cioè Andreotti – di essere strumento soffice della politica vaticana. Non perché io non voglia. Non ne sono capace per temperamento, per formazione, perché Newman mi dice di seguire la coscienza, e la coscienza vuol dire obbedire alla chiesa e al papa: non alla linea politica affatto mondana e dunque opinabile della curia o della conferenza episcopale italiana, la quale non ha statuto teologico sulla base del quale invocare obbedienza. Per questo mi permetto di discutere e, ahimè, talvolta di insolentire segretari di stato e presidenti di conferenza episcopale. Altra cosa è il Papa e il mio vescovo, che poi essendo romano è ancora il Papa”.

Pubblicato su palazzoapostolico.it lunedì 5 settembre 2011

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