La Chiesa riapre le porte a Romano Prodi, accogliendo il Professore
con quattro, prestigiosi appuntamenti, programmati uno dopo l'altro. Per
Prodi sta così per concludersi una emarginazione durata 17 anni e
«ordinata» a suo tempo dalla Cei di Camillo Ruini nei confronti di un
«cattolico adulto» che ha sempre rivendicato l'autonomia delle proprie
scelte politiche.
Le porte si riaprono venerdì: il Professore riceverà una laurea
honoris causa in Vaticano, all'interno della Pontificia Accademia delle
Scienze, l'empireo della cultura cattolica, dove terrà anche una lectio
magistralis; in serata Prodi è atteso alla Università Gregoriana, la
«fabbrica» dei Papi che è anche l'ateneo dei Gesuiti, l'ordine di papa
Francesco per una conferenza; l'indomani, presso Civiltà Cattolica,
sempre sotto l'egida gesuita, l'ex premier discuterà assieme ad Alberto
Melloni su un tema eloquente, «La svolta di Papa Francesco».
Un trittico che, per Prodi, si completerà il 5 dicembre, sempre
dentro la Città del Vaticano con un workshop aperto dal cardinale
Turkson, ministro vaticano del Welfare e grande elettore di Francesco.
Una sorta di «riabilitazione» che potrebbe essere stata preannunciata da
un'espressione usata a fine luglio da papa Francesco che, parlando ai
vescovi sudamericani, sconsigliò loro di far politica, incoraggiandoli
ad accompagnare i cristiani che, «da adulti», devono assumere le loro
scelte.
Naturalmente quella del Papa non era una citazione della frase di
Prodi, ma il sofisticato lessico pontificio è sembrato emancipare dalla
eterodossia quella espressione usata anni prima dal Professore. I
quattro eventi programmati nei prossimi giorni idealmente segnano una
«redenzione» per un personaggio che in questi anni ha vissuto con
amarezza la progressiva marginalizzazione.
Anche se, a dispetto dell'interdetto, Prodi ha continuato ad avere
una intensa vita nel mondo cattolico di base italiano (da anni è
invitato da parroci, vescovi e associazioni), ma anche all'estero, come
testimoniano gli inviti alla Settimana sociale dei cattolici tedeschi o
le interviste a quotidiani cattolici come la Croix.
A dispetto di questa partecipazione mai interrotta, Prodi non ha mai
digerito l'atteggiamento imposto dal vertice della Cei soprattutto
perché ha vissuto quell'allontanamento come una drastica cesura rispetto
alla propria storia personale.
Dopo aver frequentato in giovinezza Giuseppe Dossetti e Camillo Ruini
( futuro capo dei vescovi italiani, che nel 1969 celebrò le nozze del
giovane Romano con Flavia Franzoni), fin dagli anni Settanta Prodi si è
proposto come figura originale rispetto alla tradizionale élite
cattolica: non ha mai fatto parte di alcuna associazione e la sua
identità è sempre stata determinata dal suo stile di vita, dal suo modo
di parlare, di vestirsi, dalla sua grande famiglia, dal rapporto
paritario con la moglie Flavia.
Eppure, in occasione delle elezioni del 1996 Prodi subì l'improvvisa
freddezza del suo (ex) confessore Camillo Ruini, che vide nel Professore
l'artefice della fine dell'unità politica dei cattolici. Anche se la
vera svolta si ebbe col ritorno di Prodi da Bruxelles, nel 2005. In
quella occasione la Chiesa italiana gli preferì una personalità dalla
vita privata e famigliare eterodosse come Berlusconi, imponendo il veto
sul Professore ai giornali «ufficiali» di area cattolica: da quando è
entrato in politica - Prodi non è mai stato intervistato da «Avvenire».
Il Professore reagì, andando a votare nel referendum sulla
procreazione assistita e disubbidendo così alla Cei che aveva fatto
campagna per l'astensione. Il solco si è via via approfondito e venerdì
29 inizierà a ricolmarsi per effetto del primo appuntamento in Vaticano:
la lectio magistralis sullo «sviluppo sostenibile» in Africa e la
successiva laurea honoris causa.
fonte: Fabio Martini per "La Stampa"
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