mercoledì 27 novembre 2013

Le porte riaperte


La Chiesa riapre le porte a Romano Prodi, accogliendo il Professore con quattro, prestigiosi appuntamenti, programmati uno dopo l'altro. Per Prodi sta così per concludersi una emarginazione durata 17 anni e «ordinata» a suo tempo dalla Cei di Camillo Ruini nei confronti di un «cattolico adulto» che ha sempre rivendicato l'autonomia delle proprie scelte politiche.
Le porte si riaprono venerdì: il Professore riceverà una laurea honoris causa in Vaticano, all'interno della Pontificia Accademia delle Scienze, l'empireo della cultura cattolica, dove terrà anche una lectio magistralis; in serata Prodi è atteso alla Università Gregoriana, la «fabbrica» dei Papi che è anche l'ateneo dei Gesuiti, l'ordine di papa Francesco per una conferenza; l'indomani, presso Civiltà Cattolica, sempre sotto l'egida gesuita, l'ex premier discuterà assieme ad Alberto Melloni su un tema eloquente, «La svolta di Papa Francesco».
Un trittico che, per Prodi, si completerà il 5 dicembre, sempre dentro la Città del Vaticano con un workshop aperto dal cardinale Turkson, ministro vaticano del Welfare e grande elettore di Francesco. Una sorta di «riabilitazione» che potrebbe essere stata preannunciata da un'espressione usata a fine luglio da papa Francesco che, parlando ai vescovi sudamericani, sconsigliò loro di far politica, incoraggiandoli ad accompagnare i cristiani che, «da adulti», devono assumere le loro scelte.
Naturalmente quella del Papa non era una citazione della frase di Prodi, ma il sofisticato lessico pontificio è sembrato emancipare dalla eterodossia quella espressione usata anni prima dal Professore. I quattro eventi programmati nei prossimi giorni idealmente segnano una «redenzione» per un personaggio che in questi anni ha vissuto con amarezza la progressiva marginalizzazione.
Anche se, a dispetto dell'interdetto, Prodi ha continuato ad avere una intensa vita nel mondo cattolico di base italiano (da anni è invitato da parroci, vescovi e associazioni), ma anche all'estero, come testimoniano gli inviti alla Settimana sociale dei cattolici tedeschi o le interviste a quotidiani cattolici come la Croix.
A dispetto di questa partecipazione mai interrotta, Prodi non ha mai digerito l'atteggiamento imposto dal vertice della Cei soprattutto perché ha vissuto quell'allontanamento come una drastica cesura rispetto alla propria storia personale.
Dopo aver frequentato in giovinezza Giuseppe Dossetti e Camillo Ruini ( futuro capo dei vescovi italiani, che nel 1969 celebrò le nozze del giovane Romano con Flavia Franzoni), fin dagli anni Settanta Prodi si è proposto come figura originale rispetto alla tradizionale élite cattolica: non ha mai fatto parte di alcuna associazione e la sua identità è sempre stata determinata dal suo stile di vita, dal suo modo di parlare, di vestirsi, dalla sua grande famiglia, dal rapporto paritario con la moglie Flavia.
Eppure, in occasione delle elezioni del 1996 Prodi subì l'improvvisa freddezza del suo (ex) confessore Camillo Ruini, che vide nel Professore l'artefice della fine dell'unità politica dei cattolici. Anche se la vera svolta si ebbe col ritorno di Prodi da Bruxelles, nel 2005. In quella occasione la Chiesa italiana gli preferì una personalità dalla vita privata e famigliare eterodosse come Berlusconi, imponendo il veto sul Professore ai giornali «ufficiali» di area cattolica: da quando è entrato in politica - Prodi non è mai stato intervistato da «Avvenire».
Il Professore reagì, andando a votare nel referendum sulla procreazione assistita e disubbidendo così alla Cei che aveva fatto campagna per l'astensione. Il solco si è via via approfondito e venerdì 29 inizierà a ricolmarsi per effetto del primo appuntamento in Vaticano: la lectio magistralis sullo «sviluppo sostenibile» in Africa e la successiva laurea honoris causa.
fonte: Fabio Martini per "La Stampa"

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