venerdì 1 luglio 2022

Un'intelligenza che poteva tagliare il vetro

«La maggior parte [dei martiri dei primi secoli] non morì tanto per non aver venerato Mercurio, Venere, o qualche altro personaggio leggendario che probabilmente non è mai esistito, oppure Moloc o Priapo che vogliamo sperare non siano mai esistiti. La maggior parte di loro morì per aver rifiutato di venerare una persona realmente esistente; persona che loro erano sì disposti ad obbedire, ma non a venerare. Il martirio più comune si riferisce alla questione dell’incenso offerto al cospetto della statua del divino Augusto, l’immagine sacra dell’imperatore. Non che fosse un demonio da distruggere: era semplicemente un despota che non poteva essere considerato una divinità. Ecco il caso che si avvicina così tanto al problema concreto di Tommaso Moro, e che si avvicina ancor di più alla venerazione che oggi viene data allo Stato».


G.K. Chesterton riflette così sul motivo reale che portò Tommaso Moro al martirio. Il Cancelliere del regno inglese non si oppose nemmeno apertamente al re Enrico VIII, ma quest’ultimo non tollerò nemmeno il suo silenzio, poiché pretendeva un ossequio esplicito.


Chesterton presenta la fede di Moro nel suo equilibrio e denuncia come “settoriale” la fede di chi lo condusse a morte e spiega:


«L’intelligenza di Moro era un diamante che poteva tagliare il vetro, e tagliando cose che sembravano tutte egualmente trasparenti, scopriva esservi alcune meno solide e meno poliedriche. In quanto le eresie di un certo rilievo sembrano veramente molto chiare: come il calvinismo allora e il comunismo oggi. Sembrano persino, a volte, corrispondere a verità, e, talvolta, sono vere, nel senso limitato in cui una verità non è la Verità. Sono, allo stesso tempo, più sottili e più fragili del diamante. In quanto l’eresia non è semplicemente una menzogna, come ricordava lo stesso Tommaso Moro: «Non vi fu mai eretico che disse solo menzogne». L’eresia è quella verità che trascura tutte le altre verità. Un’intelligenza come quella di Moro era piena di luce come una casa fatta di vetrate, ma con vetrate che guardano in tutte le direzioni e da tutti i lati. Possiamo dire che come il gioiello ha molti lati, così quell’uomo aveva molti aspetti, nessuno dei quali era una maschera».


La monarchia medioevale, tanto disprezzata perché faceva riferimento alla Legge divina, in realtà non avrebbe mai preteso un ossequio assoluto, proprio perché si riteneva legata ad una legge che la superava. È, invece, a partire dall’età moderna che il potere richiede un ossequio assoluto:


«Tommaso Moro è morto come un traditore per aver sfidato la monarchia assolutistica, cioè quella monarchia che si considera l’assoluto. Era disposto, e anche convinto, a rispettarla come una realtà relativa, non assoluta. L’eresia che colpiva i suoi tempi si chiamava monarchia per diritto divino. In quella forma è oggi considerata come una superstizione superata, ma sta riapparendo come una nuova forma di superstizione: la dittatura per diritto divino. Ma la maggior parte della gente la considera ancora come una cosa vecchia, e quasi tutti la ritengono molto più antica di quanto in realtà sia. Una delle difficoltà maggiori, oggigiorno, è spiegare alle persone che questa idea non è nata nel medioevo o nell’antichità. La gente sa che i controlli costituzionali nei confronti dei re sono stati incrementati da due secoli, circa, a questa parte; non si rende conto che potevano sussistere anche altri tipi di controlli; e, con il cambiamento di scenario, quei controlli non sono facilmente descrivibili o immaginabili. Ma è certo che per la maggior parte degli uomini medioevali il re governava sub deo et lege; cioè «soggetto a Dio e alla legge», e inoltre inserito in un ambiente che gli imponeva di regnare «soggetto a quelle regole morali proprie di tutte le istituzioni». I re venivano scomunicati, deposti, assassinati, trattati in tutte le maniere concepibili e inconcepibili; ma nessuno riteneva che tutto lo Stato dovesse soccombere con il re, oppure che solo il re avesse l’autorità massima. Lo Stato non aveva un potere così assoluto sugli individui, anche se poteva mandarli al rogo, così come oggi li può mandare talvolta alla scuola elementare. C’era un luogo in cui ci si poteva rifugiare, il quale veniva comunemente considerato sacro. In poche parole, pur con delle modalità che potrebbero apparirci stravaganti e oscure, vi era una possibilità di evasione verso l’alto. C’erano limiti per Cesare, e c’era la libertà con Dio».

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