mercoledì 1 febbraio 2012

Una storia dura

La storia di Luigi Lusi è dura da mandar giù. Per la Margherita, che meritava e merita di consegnarsi alla storia come un’esperienza politica pulita, innovativa e levatrice di novità più grandi.
Per il Pd, che ciclicamente si ritrova suo malgrado sbattuto in prima pagina per le vicende oscure di qualche suo dirigente, quasi sempre originate prima che il partito nascesse, col rischio di oscurare la disciplina rigida che il partito ha dato a se stesso.
Per la politica, che evidentemente ha troppe colpe da scontare, compresa una pratica di finanziamento pubblico necessaria ma resa opaca dalla vacanza di normativa nella quale si muovono i partiti: assurdo che coi rimborsi elettorali si possa fare qualsiasi cosa, dalla Tanzania al Canada.
E infine è dura da mandar giù per chi ha avuto a che fare con Luigi Lusi, come è ovvio per Europa visto che questo giornale dalla Margherita è stato promosso e viene tuttora sostenuto: conosciamo abbastanza bene l’ex tesoriere – sempre leale nei rapporti col giornale legati alla sua funzione – per condividere lo sbalordimento dei suoi colleghi, e aggiungervi autentico dolore umano. Del resto però le ammissioni fatte davanti ai pm impongono di fare i conti.
Con che cosa esattamente?
Per quel che si sa finora, col gesto di un fiduciario che si appropria di risorse che avrebbe dovuto custodire o impiegare nelle attività politiche delle frange della diaspora diellina (questa era la principale “istituzionale” attività di Lusi). Margherita come parte tradita e lesa, allora, come ha detto Rutelli.
Ci sarà però da valutare in modo serio il tema dei controlli (che erano comunque previsti), e inevitabilmente si riapre la ferita della gestione del post-scioglimento, che ad alcuni del gruppo dirigente diellino non è mai piaciuta.
Infine: Lusi non ha raccontato tutto? Impossibile saperlo. Se non l’avesse fatto sarebbe sicuramente meglio che lo facesse. E ogni difesa è più convincente se la si tenta liberandosi da ruoli istituzionali e senza coinvolgere un corpo collettivo, il Partito democratico, che non merita di pagare per colpe non sue.
 
Europa, 1 febbraio 2012
 

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