domenica 15 marzo 2015

L'ostetrico

Michele Ainis per il "Corriere della Sera"


La madre dei cretini è sempre incinta, diceva Longanesi. In Italia, anche la madre delle leggi. Perché ne abbiamo troppe in circolo, e per lo più sconclusionate. Solo che da un po’ di tempo in qua il parto dura più della stessa gravidanza.

Ciclicamente il governo annunzia il lieto evento, appende un fiocco rosa sull’uscio di Palazzo Chigi, convoca parenti e conoscenti. Tu corri, tendendo l’orecchio per ascoltare i primi vagiti dell’infante. Invece risuona un’evocazione, un presagio, un desiderio. La legge non c’è, non c’è ancora un testo. C’è soltanto un pretesto.


Le prove? Sono conservate nei verbali del Consiglio dei ministri. Scuola: annunci al quadrato e al cubo durante i geli dell’inverno, finché il 3 marzo sbuca la notizia: il governo ha approvato le slide , evidentemente una nuova fonte del diritto. In compenso 9 giorni dopo approva pure un testo, che però è più misterioso del segreto di Fatima. O della spending review : difatti i report di Cottarelli non sono mai stati resi pubblici.


Riforma della Rai: batti e ribatti, poi il 12 marzo via libera alle linee guida, altra nuova fonte del diritto. Falso in bilancio: sul Parlamento incombe da settimane l’emendamento del ministro Orlando. Nessuno l’ha letto, forse perché lui non lo ha mai scritto. Jobs act: il 20 febbraio il Consiglio dei ministri timbra due schemi di decreto, le commissioni parlamentari competenti non li hanno ancora ricevuti .

E via via, dal Fisco (il 24 dicembre venne approvato un comunicato, non un testo) alla legge di Stabilità (che si materializzò una settimana dopo la sua deliberazione, peraltro senza la bollinatura della Ragioneria generale).



A leggere la Costituzione (documento non ancora secretato), due sono gli strumenti con cui il governo ci governa. Con i disegni di legge, che però sono diventati più imperscrutabili dei disegni divini. Con i decreti legge, sempre che ne ricorra l’urgenza. Tuttavia quest’ultima viene a sua volta contraddetta dalle doglie interminabili con cui nasce ogni provvedimento. Per esempio i due decreti (quello sulla giustizia e lo sblocca Italia) decisi lo scorso 29 agosto, ma ricevuti dal Quirinale il 12 settembre.


O il decreto Madia sulla Pubblica amministrazione, deliberato il 13 giugno e poi tenuto per altri 11 giorni in naftalina. Nel frattempo accade che i ministri radunati nel Consiglio votino non su un testo bensì su un titolo, approvato «salvo intese» (fra chi?). Che altri ministri annuncino modifiche a norme inesistenti, perché non ancora emanate dal capo dello Stato (Orlando il 6 settembre, a proposito del decreto sulla giustizia). Che gli studenti scendano in piazza contro la Buona scuola, pur essendo una riforma ancora senza forma.


Insomma troppe grida, da una parte e dall’altra. Nel 1979 il Rapporto Giannini denunziò le «grida in forma di legge», ossia il pessimo costume di confezionare norme inapplicabili. Oggi denunzierebbe le grida in forma di prelegge. Però un rimedio c’è, basta volerlo. Come prossimo ministro, Renzi ha bisogno di un ostetrico.



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