sabato 24 marzo 2012

Potestà genitoriale sui figli naturali

Articolo 317 codice civile

Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà su di lui.
Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, I’esercizio della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell’Articolo 316.
Se i genitori non convivono l’esercizio della potestà spetta al genitore col quale il figlio convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo che ha fatto il riconoscimento. Il giudice, nell’esclusivo interesse del figlio, può disporre diversamente; può anche escludere dall’esercizio della potestà entrambi i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore.
Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore.

La Suprema Corte Cassazione (Sez. 1, 10 maggio 2011, n. 10265) si è pronunciata sugli effetti delle disposizioni in materia di affidamento condiviso relativamente alla disciplina dell’esercizio della potestà genitoriale sui figli naturali. In particolare, la Cassazione si è espressa ritenendo che l’art. 317 bis, comma 2, c.c. sia stato tacitamente abrogato dalla L. 54/2006.

Rileva che “i cardini del nuovo assetto normativo (L. 54/2006) vanno individuati nella maggiore centralità che assume l'interesse della prole rispetto alle conseguenze della disgregazione del rapporto di coppia.” La valorizzazione della posizione dei minori si esprime non solo nella richiamata affermazione della bigenitorialità, ma anche nell'attribuzione del godimento della casa familiare, nella previsione del preventivo ascolto del minore, e, per quanto qui maggiormente interessa, nella disciplina della potestà dei genitori.

Si è sottolineata l'esigenza di una disciplina sostanzialmente omogenea fra figli legittimi e naturali, che induce ad attribuire un ampio significato, in virtù di un'interpretazione costituzionalmente orientata, all'art. 4, comma 2, della l. n. 54 del 2006.

Con l'espressione "procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati", il legislatore ha inteso disciplinare tutti i rapporti fra genitori e figli naturali, senza alcuna limitazione - in relazione a una materia nella quale, giova ancora una volta ribadirlo, l'intervento del giudice non presenta i caratteri di imprescindibilità rinvenibili nella regolamentazione della crisi delle coppie coniugate (Cass., 20 aprile 1991, n. 4273) -, alle ipotesi caratterizzate da controversie in atto. Di certo non può e non deve escludersi un intervento giudiziale, sia in caso di disaccordo, sia per dettare, nell'interesse esclusivo del minore, una disciplina difforme rispetto alle previsioni di cui all'art. 155, c. 3, c.p.c..”.

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