sabato 24 marzo 2012

Art. 18: old e new style

Art. 18.
Reintegrazione nel posto di lavoro.
Ferme restando l'esperibilità delle procedure previste dall'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della predetta legge o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni si applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro.
Ai fini del computo del numero dei prestatori di lavoro di cui primo comma si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale, per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale.
Il computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.
Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata l'inefficacia o l'invalidità stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell'effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno così come previsto al quarto comma, al prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell'indennità di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.

marzo  2012

Il Governo prosegue per la sua strada e presenta la bozza del nuovo articolo 18 della legge n. 300 del 1970, meglio nota come Statuto dei Lavoratori, intitolato: Tutele del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo.
Questi, in sintesi, i punti focali.
Il licenziamento illegittimo potrà rivestire tre diverse sembianze:
1) Licenziamento discriminatorio: il licenziamento intimato per ragioni di credo politico o fede religiosa, per l'appartenenza ad un sindacato o per la partecipazione ad attività sindacali; i licenziamenti diretti a fini di discriminazione sindacale, politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età, o basata sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni personali; i licenziamenti intimati a causa del matrimonio, ovvero di una gravidanza, o della richiesta dei congedi parentali o per malattia dei figli, ovvero, infine, i licenziamenti determinati da motivi illeciti ex art. 1345 c.c., saranno considerati nulli.
Per essi il giudice del lavoro ordinerà la reintegrazione, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, oltre al risarcimento del danno determinato attraverso il riconoscimento di una indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegra, in misura non inferiore a cinque mensilità e dedotto l'aliunde perceptum.
Il lavoratore, fermo il diritto al risarcimento del danno nella misura minima di cinque mensilità, potrà sempre optare per un'indennità sostitutiva alla reintegra, pari a dodici mensilità.
Il risarcimento del danno e l'indennità sostitutiva non spetteranno, comunque, nell'ipotesi di revoca del licenziamento, se effettuata entro il termine di trenta giorni dalla sua comunicazione.

2) Licenziamento per giustificato motivo soggettivo, o per giusta causa (licenziamento disciplinare): nel caso in cui il licenziamento disciplinare verrà intimato senza l'esistenza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa, il recesso, seppur illegittimo, sarà comunque idoneo a risolvere il rapporto di lavoro.
In tale evenienza il Giudice condannerà il datore di lavoro, che alle proprie dipendenze occupi più di quindici dipendenti, al pagamento di un'indennità risarcitoria compresa tra le quindici e le ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Nell'ipotesi in cui il Giudice accerterà l'inesistenza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa per la non commissione del fatto contestato, o per la sua riconducibilità ad una sanzione disciplinare inferiore, il Giudice condannerà il datore di lavoro alla reintegrazione, riconoscendo, altresì, al dipendente, un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello della reintegra, detratto l''aliunde perceptum vel percipiendum.
Le medesime conseguenze di cui sopra si applicheranno anche all'ipotesi del recesso inefficace, in quanto intimato senza il prescritto requisito di forma scritta, ed al licenziamento intimato ad un dipendente ammalato o infortunato.

3) Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: il licenziamento non giustificato da motivo oggettivo, ossia non giustificato da ragioni inerenti l'attività produttiva, l'organizzazione del lavoro, o il regolare funzionamento di essa, per i datori di lavoro che alle loro dipendenze occupino più di quindici dipendenti, sarà sanzionato dal Giudice mediante la condanna al pagamento in favore del lavoratore di una indennità risarcitoria compresa fra quindici e ventisette mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Nel caso in cui il datore di lavoro intenderà licenziare un proprio dipendente per giustificato motivo oggettivo, dovrà, comunque, far precedere tale sua volontà dalla richiesta di un tentativo di conciliazione avanti la Direzione Territoriale del Lavoro, secondo le modalità indicate nella nuova formulazione dell'art. 7 della legge n. 604 del 15 luglio 1966, consultabile alla nota n. 6 del documento che si allega.

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