lunedì 28 maggio 2012

evitare commistioni

La normativa attuale impone la separazione dei ruoli tra esecutivo e consiglio; il Consiglio svolge la funzione di indirizzo politico-amministrativo e di controllo sull'attività dell'ente.
Il consigliere quindi non può essere chiamato a gestire direttamente un settore dell'amministrazione per conto del Sindaco perché si troverebbe contemporaneamente nella posizione di controllato (in quanto consigliere delegato) e di controllore (in quanto consigliere).
Nell'ambito dell'autonomia statutaria del Comune, stabilita dall'art. 6 del T.U. 18 agosto 2000, n. 267, è ammissibile la disciplina di deleghe interorganiche, a condizione che il contenuto delle stesse sia coerente e connesso con le funzioni attribuite dall'ordinamento al delegato.
Il consigliere comunale secondo la normativa vigente può essere delegato dal consiglio ad effettuare per conto dello stesso verifiche, accertamenti e studi su determinate materie e provvedimenti e su situazioni particolari, con esclusione della possibilità di assumere atti a rilevanza esterna, di adottare atti di gestione spettanti ai dirigenti e di esercitare funzioni di competenza del sindaco (e degli assessori), salvo quanto previsto dagli artt. 31 e 54, comma 7, del Testo unico.
Anche la Giurisprudenza ha avuto occasione di occuparsi della materia, tanto che Il TAR Toscana con sentenza n. 1248/04 del 27 aprile 2004 ha ritenuto che lo Statuto, fatto salvo il rispetto dei principi e precetti legislativi in materia di organizzazione degli enti locali, possa prevedere la delegabilità da parte del sindaco ad un consigliere di alcune competenze, che non comportino l'adozione di atti a rilevanza esterna e compiti di amministrazione attiva, limitate ad approfondimenti collaborativi per l'esercizio diretto delle predette funzioni da parte del sindaco che ne è titolare. Il TAR ha, nel caso , ritenuta legittima la delega perché conferita nel rispetto dello statuto e dell'ordinamento dell'ente "avendo il sindaco conservato tutti i poteri di amministrazione attiva... ed escluso che il
consigliere delegato partecipi alle sedute di giunta, abbia poteri decisionali di alcun tipo o, soprattutto, escluso che egli abbia poteri ulteriori rispetto a quelli degli altri consiglieri su dirigenti, funzionari e responsabili degli uffici e servizi comunali".
Pertanto solamente in questi termini, tenuto conto di quanto previsto dallo statuto, può essere valutata la delegabilità di compiti ai consiglieri comunali.
In tal senso anche TAR Puglia Sez. I n. 4499/2006 .
Il Ministero dell'Interno richiesto di parere su di un caso analogo ha avuto modo di inserire sul proprio sito riservato ai pareri, quanto segue :
"Una prefettura ha posto un quesito concernente il possibile conferimento ai consiglieri comunali di deleghe ed incarichi del sindaco, anche con rilevanza esterna, con particolare riferimento all'evenienza che gli statuti comunali disciplinino diversamente la materia.
Al riguardo si rappresenta che nell'ambito dell'autonomia statutaria dell'ente locale, sancita dall'art. 6 del T.U.O.E.L., è ammissibile la disciplina di deleghe interorganiche, purchè il contenuto delle stesse sia coerente con la funzione istituzionale dell'organo cui si riferisce.
Occorre però considerare che, quale criterio generale, il consigliere può essere incaricato di studi su determinate
materie, di compiti di collaborazione circoscritti all'esame e alla cura di situazioni particolari, che non implichino la possibilità di assumere atti a rilevanza esterna, né di adottare atti di gestione spettanti agli organi burocratici.
Il consigliere, infatti, svolge la sua attività istituzionale, in qualità di componente di un organo collegiale, il consiglio, che è destinatario dei compiti individuati e prescritti dalle leggi e dallo statuto. E, poiché come anche
evidenziato dalla prefettura, il consiglio svolge attività di indirizzo e controllo politico-amministrativo, partecipando "...alla verifica periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da parte del Sindaco ... e dei singoli assessori" (art. 42, comma 3, T.U.O.E.L.) ne scaturisce l'esigenza di evitare una incongrua commistione  nell'ambito dell'attività di controllo.
Tale criterio generale può ritenersi derogabile solo in taluni casi previsti dalla legge, quali l'art. 54, comma 7, T.U.O.E.L. - per le funzioni svolte dal sindaco nella sua attività di Ufficiale di Governo - e l'art. 31 del citato testo unico, che consente al sindaco di trasferire proprie attribuzioni ad altro organo in caso di partecipazione alle assemblee consortili, composte "dai rappresentanti degli enti associati nella persona del sindaco o di un suo delegato".
Pertanto, la normativa statutaria dell'ente locale, nel disciplinare la materia de qua, potrà prevedere disposizioni compatibili con i suesposti principi recati dalla legge dello Stato, considerato che lo statuto comunale può integrare le norme di legge che stabiliscono il riparto di attribuzioni tra gli organi di governo dell'ente, ma non può
derogarle.
Tale principio rimane valido anche alla luce della riforma del titolo quinto della Costituzione che ha confermato la competenza legislativa statale in materia di "legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane" (art. 117, secondo comma, lettera p della Costituzione).
Premesso che il divieto di delega riguarda soltanto le attribuzioni ex lege del sindaco, può, ad esempio, onsiderarsi compatibile con il T.U.O.E.L. la norma statutaria che consente al sindaco di attribuire "funzioni istruttorie" ai consiglieri, in quanto tali funzioni, per la loro natura, hanno rilievo meramente interno.
Per quanto concerne, invece, le funzioni "esecutive", va ribadito il principio, sopra esposto, per il quale le relative deleghe possono ritenersi compatibili con l'ordinamento vigente solo qualora non implichino la possibilità di assumere atti a rilevanza esterna, nè di adottare atti di gestione spettanti agli organi burocratici (cfr. in tal senso,
T.A.R. Lazio, Sez. 2^ 8. 10.1993, n. 1164).
Vale al riguardo segnalare una più recente sentenza che non incide ma supporta il delineato orientamento ministeriale; il T.A.R. Toscana con decisione n. 1284/2004, ha confermato che "è ius receptum che lo statuto comunale, fatto salvo il rispetto dei principi e dei precetti legislativi in materia di organizzazione degli enti locali,ben possa prevedere la delegabilità ai consiglieri, da parte del sindaco, di alcune competenze."
In tale occasione viene affermata la legittimità di una disposizione statutaria che esclude la possibilità di delega di compiti di amministrazione attiva, che comporterebbe l'inammissibile confusione in capo al medesimo soggetto del ruolo di controllore e di controllato.
Una disposizione del genere non altera la posizione politica del consigliere delegato, nell'ambito dell'assemblea consiliare, avendo il sindaco delegato competenze - precise e limitate - non "di governo", ma meramente propositive e di consulenza, nel rispetto sia dei principi generali in materia di organizzazione degli enti locali, sia
dei precetti statutari, essendo stato espressamente precisato che si tratta di competenze funzionali all'espletamento dell'attività di indirizzo e coordinamento.
In particolare il giudice amministrativo ha ritenuto legittima la delega proprio perché posta nel rispetto delle "regole " dell'ente, "avendo il sindaco conservato intatti tutti i poteri di amministrazione attiva ... ed escluso che il
consigliere delegato partecipi alle sedute della giunta, che abbia poteri decisionali di alcun tipo, e soprattutto che
abbia poteri ulteriori rispetto a quelli degli altri consiglieri su dirigenti, funzionari e responsabili degli uffici comunali"."

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